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Abuso di diritto, il pragmatismo della cassazione

La sentenza n. 1465/09, emessa dalla Sezione tributaria della Cassazione, offre lo spunto per una riflessione sulla necessità che l’amministrazione sia pragmatica, ossia ponga il criterio della verità dei princìpi teorici nel loro valore pratico tenendo conto dei cambiamenti della realtà economica, poiché non sempre gli uffici sono attenti a distinguere tra risparmio lecito e costruzione elusiva.


Nel caso sottoposto alla Cassazione l’ufficio, relativamente ad un accordo di joint venture fra due società per la costituzione di una terza, aveva ritenuto che le spese derivanti dai contratti stipulati tra le due società, che costellavano l’accordo quadro, portate in deduzione, nascondessero una strategia elusiva poiché la nuova società non aveva al momento alcuna attività produttiva.


Partendo dalla questione di inerenza di alcuni componenti negativi di reddito indebitamente portati in deduzione da contribuenti che non avevano i requisiti di legge, la sentenza in oggetto rappresenta un esempio di come sia possibile per l’amministrazione e per il giudice seguire quella particolare cautela che consiste nel considerare che la ricerca del risparmio di imposta costituisce, come espresso nella pregressa sentenza 25374/08, sempre della Cassazione, “esempio delle libertà d’impresa e d’iniziativa economica, nel quadro delle libertà costituzionali”. Nella sentenza si afferma che non basta interpretare la legge specifica sul requisito dell’inerenza, ma si devono seguire i principi desumibili dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria in tema di abuso del diritto.


Infatti, esaminato il caso di specie, la Corte ha ritenuto che l’accordo non fosse elusivo per le finalità perseguite nell’economia di mercato e che, posta la non elusività delle operazioni, l’inerenza non debba essere riferita all’oggetto finale perseguito: la spesa sostenuta è deducibile se è correlata in senso ampio all’impresa in quanto tale, cioè sia sostenuta per svolgere un’attività potenzialmente idonea a produrre utili e “il divieto di comportamento abusivo non vale più ove quella operazione possa spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmio d’imposta”.