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Replica secca

Il Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili replica alla lettera dell’Ufficio stampa delle Entrate pubblicata il 13 gennaio su Italia Oggi, sottolineando il costante impegno della categoria nella lotta all’evasione, ma tornando a denunciare l’aumento degli adempimenti a carico dei professionisti contabili e un sostanziale sbilanciamento nelle scelte di politica fiscale a favore unicamente della riscossione e non anche di maggiore giustizia tributaria.

“Le nostre critiche non riguardano tanto l’operato dell’Agenzia, con la quale abbiamo anzi sempre tenuto rapporti improntati alla massima collaborazione, pur nella inevitabile diversa valutazione di alcune scelte adottate dal legislatore fiscale. Le nostre critiche non riguardano nemmeno tanto le misure recentemente introdotte in se stesse, pur avendo qualcosa da dire a riguardo. Le nostre critiche si concentrano sulla sempre più evidente e sempre meno sostenibile dilatazione della forbice tra: 1. aumento esponenziale degli adempimenti di dichiarazione telematica con attività di front office pro fisco svolta dai liberi professionisti intermediari fiscali a titolo sostanzialmente gratuito; 2. progressiva introduzione di limiti dei diritti di compensazione dei debiti e crediti fiscali e mancata attuazione tempestiva delle norme compensative pro contribuente; 3. accelerazione delle procedure di riscossione dei ruoli senza paralleli interventi sulla giustizia tributaria”.

Un esempio per tutti: i professionisti denunciano come “adempimenti come quello che comporta l’obbligo di identificazione con codice fiscale per ogni cittadino che effettua acquisti di importo superiore a 3.600 euro, sono ben lungi dall’interessare una platea ristretta di contribuenti e, inoltre, non rappresentano una norma “normale”, ma fortemente invasiva della privacy, sia se paragonata ai molti maggiori scrupoli che il legislatore si pone con riferimento a mezzi di indagine che riguardano ambiti diversi da quello prettamente fiscale (intercettazioni telefoniche), sia se paragonata a quello che accade nella generalità degli altri Paesi europei”.

Aggiungono: “Se indispensabile per fronteggiare l’emergenza, siamo disposti ad accettare come necessaria anche una misura così invasiva, ma chiediamo pari determinazione sulle questioni che poniamo, relativamente alle quali, se alziamo la voce, è solo perché notiamo una persistente distrazione”.

Concludono: “L’Agenzia, nel riconoscere nella sua nota che più del 60% delle dichiarazioni dei redditi di imprese e lavoratori autonomi sono predisposte e inviate dai commercialisti italiani, anziché chiedersi soltanto se ce ne siano di consapevoli dell’evasione, si chieda anzitutto se è essa stessa a sua volta consapevole che una parte così rilevante del gettito erariale è veicolata dalla preziosa attività di liberi professionisti che forniscono ai loro clienti una consulenza evidentemente finalizzata anzitutto alla dichiarazione dei redditi all’Erario, piuttosto che alla loro sottrazione”.

La replica alle Entrate è anche dei sindacati di categoria (Ungdcec, Aidc, Anc, Unagraco, Adc e Andoc), in una nota congiunta: "I dottori commercialisti sono sicuramente lontani dal favorire l'evasione nel proprio lavoro quotidiano ma sono altrettanto lontani dal condividere l'operato dell'Agenzia".

Scrivono: "Ai commercialisti bene sta, anzi benissimo, una più efficace lotta all'evasione, ma è inevitabile constatare la deriva verso lo Stato di polizia fiscale se essa non viene accompagnata di pari passo con misure che garantiscono maggiore efficienza alla giustizia, maggiore equità per i cittadini, maggiore rispetto per i professionisti coinvolti nella moltiplicazione degli adempimenti telematici".




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