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Al fisco l’onere di provare l’abuso

Il tema dell’abuso di diritto è stato più volte al centro delle sentenze della Cassazione, che proprio con l’affermare che tale abuso esiste hanno destato viva preoccupazione in molti commentatori. A riprova dell’attualità del dibattito sull’argomento, è da segnalare la sentenza di ieri della Cassazione - questa volta della Sezione tributaria (la n. 1465) e non delle Sezioni Unite come le precedenti - che al riguardo ha posto paletti più precisi. I giudici di legittimità ritengono sia possibile limitare l’utilizzo delle motivazioni antielusive, affermando che non basta l’assenza di motivi economici convincenti a fissare l’elusività di un operazione. E’ necessario, invece, guardare anche agli schemi contrattuali messi in atto e all’evoluzione del quadro giuridico, che non si fermano al perimetro della singola impresa. Nella sentenza 1465 del 21 gennaio, infatti, si legge che il “sindaco antielusivo (…) non può non tener conto dell’evoluzione degli strumenti giuridici necessariamente collegata alle rapide mutazioni della realtà economica nella quale possono trovare spazio forme nuove non necessariamente collegate a normali logiche di profitto della singola impresa…” . Una operazione economica, dunque, può perseguire diversi obiettivi di natura commerciale, finanziaria e contabile – oltre che avere lo scopo di ottenere dei vantaggi di imposta – ed integra gli estremi del comportamento abusivo quando tale scopo si pone come elemento predominante ed assorbente della transazione, tenuto conto sia della volontà delle parti che del contesto fattuale e giuridico in cui la transazione viene posta in essere, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale più nel caso in cui quelle operazioni possono spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi d’imposta. Infine, conclude la sentenza, è onere dell’Amministrazione finanziaria indicare quale sarebbe stato l’utilizzo corretto delle forme giuridiche adottate e in che modo il comportamento del contribuente ha prodotto l’abuso; mentre, è compito del contribuente giustificare le ragioni per cui ha adottato il comportamento censurato.