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No al trasferimento del dipendente che assiste il familiare convivente

La Corte di cassazione, con sentenza n. 9201 del 7 giugno 2012, ha accolto il ricorso presentato da un dipendente della Telecom Spa che era stato trasferito da Reggio Calabria a Castrovillari nonostante lo stesso si fosse opposto alla stregua dell’articolo 33, comma 5, della Legge 104/1992 in quanto assisteva il fratello disabile convivente.

I giudici di appello avevano respinto le doglianze del lavoratore non avendo ritenuto sussistenti le gravi condizioni che potevano giustificare l’inamovibilità del dipendente.

Diversa la posizione della Suprema corte, la quale ha sottolineato come “il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso non può subire limitazioni anche allorquando la disabilità del familiare non si configuri come grave risultando la sua inamovibilità - nei termini in cui si configuri come espressione del diritto all’assistenza del familiare comunque disabile - giustificata dalla cura e dall’assistenza da parte del lavoratore al familiare con lui convivente, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro - a fronte della natura e del grado di infermità (psico-fisica) del familiare - specifiche esigenza datoriali che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive, urgenti e comunque insuscettibii di essere diversamente soddisfatte”.