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Niente revoca della donazione se la figlia allontana il padre per intolleranza nella convivenza


La Corte di cassazione, con sentenza n. 7487 depositata lo scorso 31 marzo 2011, ha rigettato il ricorso presentato da un padre avverso la decisione con cui i giudici di merito avevano escluso la revoca della donazione di denaro che lo stesso aveva effettuato in favore della figlia per l'acquisto di un immobile.

L'uomo, insieme alla moglie, era andato ad abitare in detto immobile con la figlia ma, poiché col tempo la convivenza tra i due era divenuta intollerabile, era stato, poi, diffidato a lasciare l'abitazione ed a trasferirsi in altro alloggio. Per questo aveva adito gli organi di giustizia per ottenere la revoca, per ingratitudine, della donazione.

Tuttavia – spiega la Corte di legittimità - l'ingiuria grave richiesta, ex articolo 801 Codice civile, quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, consiste in un “comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva”. Gli estremi di detta figura di ingratitudine, cioè, erano da escludersi nel comportamento della figlia donataria da intendere “non come manifestazione di un atteggiamento di disistima delle qualità morali del padre donante o di mancanza di rispetto nei suoi confronti, né come un affronto animoso contrastante con il senso di riconoscenza e di solidarietà che, secondo la coscienza comune, deve improntare il comportamento della figlia donataria; bensì come presa d'atto, da parte di costei, della frattura tra i suoi genitori, dipendente dalla loro disaffezione e distacco spirituale, e, quindi, del sopravvenire di una condizione tale da rendere incompatibile, allo stato, la prosecuzione della convivenza di entrambi i donanti nell'abitazione acquistata con il danaro ricevuto in liberalità”.

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