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Aspetti fiscali e contributivi nelle transazioni in materia di lavoro

Rinunce e transazioni derivano per definizione dagli artt. 1965 e 2113 c.c., nonché dalla procedura di conciliazione prima obbligatoria presso le DPL ed ora facoltativa (Collegato Lavoro: legge n. 183/2010).


Nello specifico la rinuncia è quella manifestazione unilaterale di volontà, portata a conoscenza dell’altra parte, con la quale un soggetto dismette un diritto certo, determinato o determinabile; la transazione consiste, invece, nel risultato di un accordo con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad un contenzioso già insorto o prevengono una lite che sta per sorgere tra loro.

Alla luce dell’art. 2113 c.c. occorre fare riferimento al principio che afferma che le rinunzie e le transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o della contrattazione collettiva non sono valide: pertanto tutte le fattispecie che non derivano da disposizioni inderogabili previste dalla legge, cd. diritti disponibili, possono essere derogate e quindi transate.

Un primo gruppo di tali diritti si può individuare in tutto ciò che, nel trattamento retributivo, va oltre la previsione di legge o di contrattazione collettiva, ad esempio superminimi, premi di produzione, previdenza integrativa ecc..; un secondo gruppo comprende ricomprende invece tutte le conseguenze di atti volontari o consensuali che pongano termine al rapporto di lavoro o attengano alla sua trasformazione o al suo proseguimento sotto altre condizioni, ad esempio licenziamenti, avanzamenti di carriera, trasferimenti, cessioni d’azienda, ecc.

Un ulteriore aspetto di distinzione può essere individuato a seconda che i diritti derivanti da norme inderogabili di legge o dalla contrattazione collettiva siano o meno entrati nel patrimonio giuridico del lavoratore: in questa seconda circostanza l’eventuale atto transattivo può essere considerato annullabile, ma non nullo e viene consentita la disponibilità degli stessi diritti qualora l’atto dispositivo sia stipulato in una sede in cui il lavoratore sia assistito , e quindi in sede di conciliazione o in sede sindacale.

Nella pratica però può verificarsi che tutta una serie di atti siano oggetto di transazione, oppure di rinuncia, anche se riguardano diritti disponibili: tali atti transattivi, in applicazione dell’art. 2113 c.c. possono essere impugnati da parte dell’interessato entro il termine di decadenza di 6 mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinuncia o transazione se queste sono avvenute dopo la cessazione del rapporto.

Dal punto di vista fiscale le rinunce, che comunque costituiscono un atto unilaterale del soggetto che le opera, trattandosi di proventi che non si conseguono, non risultano imponibili ai fini fiscali e contributivi; per quanto riguarda invece le transazioni, sia che intervengano in sede giudiziale o sindacale oppure presso la DPL o le altre sedi di conciliazione che l’evoluzione legislativa consente, producono effetti rilevanti sia dal punto di vista fiscale che dal punto di vista contributivo.

Riguardo più da vicino la transazione, si distinguono due diversi tipi:

1) semplice o interpretativa o conservativa, quando si tratta di agire all’interno di un rapporto riconosciuto come tale e si prospettano modifiche solo quantitative;

2) novativa, quando vengono riformulati contenuto e/o natura dell’intero rapporto, cosicché dalla transazione questo rapporto esce qualitativamente diverso e si sostituisce al precedente.

Tale distinzione risulta importante perché in passato si è sostenuto che le transazioni novative fossero escluse dalla tassazione e, per riflesso, dall’assoggettamento contributivo: questa impostazione derivava dal fatto che la legge faceva riferimento ai compensi percepiti in dipendenza del rapporto di lavoro, una definizione che comportava l’esclusione delle somme erogate per prevenire o risolvere le controversie; le nuove impostazione del TUIR invece, riferendosi alle somme percepite in relazione al rapporto di lavoro, considera nell’ambito di assoggettabilità anche tali somme previste da transazioni novative.

In particolare le più recenti sentenze della Cassazione richiedono che per l’assoggettamento contributivo delle somme erogate in base a transazione novativa si debba verificare che esista un collegamento diretto tra le somme concordate in sede di novazione ed il rapporto di lavoro pregresso e che pertanto non vengano corrisposte in base ad un titolo autonomo rispetto a questo.

E’ importante poi effettuare un’ulteriore distinzione tra due fattispecie che ricorrono frequentemente, in ordine alla natura della corresponsione, se cioè questa venga erogata:

- in sostituzione o in risarcimento di una mancata percezione di redditi di lavoro a cui si aveva diritto e in questo caso si parla di lucro cessante; tale fattispecie ricorre per la rivendicazione di diritti connessi alla retribuzione, all’inquadramento, allo svolgimento del lavoro;

- oppure se si tratti di reintegrazione patrimoniale per danni subiti o indennizzi per spese sostenute ed in questo caso si tratta di danno emergente; tale fattispecie ricorre per l’insorgere di contestazioni relative a danni subiti, che possono essere di diversa natura e che investono spesso la sfera personale del lavoratore (mobbing, danno biologico, o esistenziale).

E’ proprio per questa seconda distinzione che risulta rilevante ai fini dell’assoggettabilità a tassazione delle somme percepite dal lavoratore a seguito di transazione: a riguardo l’art, 6, comma 2, del TUIR prevede che in ogni ipotesi di percezione di redditi in sostituzione o per risarcimento e quindi per lucro cessante, tali redditi saranno attratti a tassazione secondo le regole ordinarie.

Diversamente in ipotesi di danno emergente, poiché si tratta di far fronte ad una riparazione per danni patrimoniali subiti per effetto di controversie o altri fatti in conseguenza di lavoro, le somme corrisposte per indennizzare non rientrano nella base imponibile.

Un’ulteriore questione riguarda se le somme derivanti da transazioni relative ad anni precedenti possano o debbano essere assoggettate a tassazione ordinaria oppure separata; ai sensi dell’art. 17, 1°comma, lett. a) e b) del TUIR devono essere assoggettate a tassazione separata:

- oltre al TFR le somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione del rapporto e quindi anche quelle transattive che riguardino detta cessazione;

- le somme percepite ad altro titolo, anche per effetto della transazione e anche in caso di sentenza del giudice del lavoro, se riferibili ad anni precedenti, ovviamente nell’ipotesi di lucro cessante e non di danno emergente.

Le imposte relative vengono liquidate dal sostituto d’imposta con l’applicazione dell’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo medio del biennio precedente.

Sotto il profilo contributivo, per effetto della legge n. 153/1969 sono considerati redditi di lavoro dipendente ai fini contributivi quelli indicati dall’art. 49 , comma 1 del TUIR, ossia i redditi percepiti nel periodo di riferimento per prestazioni di lavoro alle dipendenze e sotto la direzione di altri.

Come per gli effetti fiscali, il concetto di retribuzione è più ampio perché comprende qualsiasi compenso erogato al dipendente, sotto qualsiasi forma, purché sia in relazione non al lavoro prestato ma alla condizione di lavoratore dipendente.

Vi sono però delle esclusioni:

- somme corrisposte a titolo di TFR per cui siamo nell’ambito della cessazione naturale del rapporto di lavoro;

- somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori, per cui pur essendo in presenza di un accordo che interviene tra datore di lavoro e lavoratore non si tratta di transazione e per legge assume un trattamento previdenziale, oltre che fiscale, analogo a quello del TFR, cioè nessuna contribuzione.

Non è riservato invece lo steso trattamento all’indennità sostitutiva del preavviso, che conserva natura retributiva ed è quindi imponibile sia ai fini contributivi che ai fini fiscali, ma a tassazione separata.

Sono infine escluse dall’assoggettamento contributivo le indennità conseguite a titolo di risarcimento dei danni, che non siano collegate alla funzione remunerativa della prestazione lavorativa e riguardino il reintegro patrimoniale di perdite subite dal lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro




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