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Industria e caro-energ

Industria e caro-energia: il potenziale non colto dal recupero di calore e dalle biomasse

Rinnovabili ed efficienza contro il caro-energia che mina la competitività delle aziende italiane. Secondo uno studio OIR, recupero di calore e cogenerazione da biomasse, applicati a 6 settori - dalla siderurgia all'agroalimentare - oltre a tagliare nettamente la bolletta delle industrie, potrebbero portare oltre 8 miliardi di euro di benefici netti al Paese entro il 2030.

Il problema dell'elevato costo dell’energia che mina la competitività delle imprese italiane? Potrebbe essere sostanzialmente alleviato con rinnovabili ed efficienza energetica . Un esempio di quanto e come ciò sia possibile lo dà un interessante studio che valuta quanto i recuperi termici e la cogenerazione a biomasse potrebbero fare per ridurre le bollette di molte aziende energivore , portando sostanziosi benefici economici a settori tra i più colpiti dalla crisi come siderurgia, produzione di cemento e vetro, oltre che all'intero sistema Paese.

La ricerca, condotta da Agici Finanza d’Impresa nell’ambito dell’Osservatorio OIR (Osservatorio Internazionale sull’Industria e la Finanza delle Rinnovabili) valuta i costi e i benefici al 2030 di due tipologie di soluzioni applicabili a diversi settori industriali: i recuperi del calore dei processi industriali attraverso moduli ORC (Organic Rankine Cycle) in grado di convertirlo in energia elettrica e la cogenerazione ad alto rendimento (CAR) con impianti a biogas e moduli ORC.
Lo studio, redatto in collaborazione con Alpiq, Enel Green Power, IREN, Italcogen e Fichtner Italia, ha considerato 6 ambiti di applicazione; per quanto riguarda i recuperi di calore: cemento, acciaio e vetro ; per quanto attiene la CAR a biomasse: agroalimentare, zootecnia e forestale .

I risultati del calcolo dei benefici sono notevoli. Il recupero di calore - limitandosi a considerare i settori di acciaio, cemento e vetro (ma questa soluzione si potrebbe applicare ad altri ancora), a fronte di investimenti complessivi di 128 milioni di euro, nel periodo 2013-2013 potrebbe produrre benefici per il Paese per 2, 5 miliardi di euro . A fronte di un potenziale installabile, di 230 MW e di una produzione possibile di 1 TWh (circa il 2% dei consumi elettrici dell’industria manifatturiera di base), potrebbe tagliare la bolletta energetica nei tre settori considerati di 33 milioni all'anno l’anno. Oltre a questo svilupperebbe un'industria nazionale in grado di generare al 2030 un giro di affari complessivo pari a 400 milioni di euro in Italia e 1, 7 miliardi di euro all’estero.

In particolare, dal calore di processo della produzione del cemento si potrebbe recuperare energia pari a 423 GWh, installando impianti per un potenziale di circa 85 MW. Per un cementificio installare un impianto ORC stimano gli autori del report, significherebbe tagliare del 12% la bolletta . Se consideriamo che, in Italia, l’elettricità pesa per circa il 13% sul totale dei costi di produzione delle cementerie, l’impatto potenziale per questo settore, tra i più in crisi in questo periodo, è rilevante.

Analogo il discorso per l 'acciaio : qui l'energia elettrica che si potrebbe recuperare arriverebbe a 572 GWh . Con un impianto ORC un'acciaieria potrebbe ridurre i consumi del 4%, un valore minore rispetto al cemento ma comunque rilevante, specie nello stato di crisi attuale dell’industria del settore.

Nell’industria del vetro piano e cavo, l’energia producibile è minore, ma comunque rilevante: 147 GWh. E’ però proprio in questo settore che si possono raggiungere i risparmi più significativi. Nel vetro, infatti, l’elettricità rappresenta mediamente ben il 21% dei costi totali aziendali e, attraverso l’installazione di moduli ORC, è possibile ridurre i consumi di un range che va dal 7 al 10% . Niente male, specie se si considera che questa industria è quella che più sta subendo la crisi.

Anche per quel che riguarda la cogenerazione da biomasse i numeri sono molto interessanti. Lo studio si concentra su due tra le tecnologie più diffuse: i motori a combustione interna (ICE) per la produzione di energia da biogas agricolo e zootecnico e i cicli ORC per la produzione di energia da scarti agroindustriali e forestali. Scoprendo un potenziale installabile complessivo al 2030 nei settori interessati (agroalimentare, zootecnia e forestale) molto significativo: circa 3.260 MW per una produzione a regime di oltre 26 TWh/anno .

Lo sfruttamento dei potenziali descritti per la produzione congiunta di elettricità (8.000 heq) e calore (3.500 heq), a fronte di investimenti per circa 18, 5 miliardi di euro – si calcola - potrebbe generare, a vantaggio della collettività, un beneficio netto di 5, 8 miliardi di euro sull’orizzonte temporale 2013-2030. Tale valore emerge dal confronto tra un costo complessivo di circa 29, 9 miliardi di euro per incentivi e da benefici complessivi per 35, 7 miliardi di euro derivanti soprattutto da: riduzione delle importazioni di gas per oltre 62 miliardi di m3 che comporta una bolletta energetica più leggera di 15, 6 miliardi di euro ; riduzione delle emissioni di CO2 per oltre 97 miliardi di tonnellate; generazione di circa 36.000 posti di lavoro ; incremento del giro d’affari delle imprese italiane per circa 7, 6 miliardi di euro.

Chiaro poi che la realizzazione di impianti di cogenerazione per l’impiego energetico dei sottoprodotti agricoli e zootecnici e per i residui agroindustriali faccia bene ai fatturati delle imprese . In particolare, dall’analisi di tre casi di aziende zootecniche emerge che la realizzazione di un impianto di cogenerazione a biogas (e quindi la vendita di energia elettrica e calore) produce un sensibile aumento del fatturato, ma anche una significativa riduzione dei costi operativi . In media l’incidenza della vendita di energia sul fatturato complessivo è compresa tra l’11 e il 17%. Più modesti i benefici nell'agroindustria, con l'eccezione dell’industria olearia, dove valorizzare gli abbondanti scarti ha un impatto non modesto sul fatturato: un aumento in media del 5%.

Insomma biomasse, cogenerazione e recupero di calore potrebbero dare molto all'industria italiana. Perché questi interventi non si fanno? Innanzitutto spesso le aziende che ne beneficerebbero hanno marginalità e basse o negative che non permettono gli investimenti necessari e sappiamo come in questo periodo sia difficile trovare finanziament i.

Non va poi trascurato anche l’aspetto “culturale” . “Nonostante la sua rilevanza competitiva, la conoscenza dei temi dell’efficienza energetica è ancora poco diffusa presso il mondo produttivo”, commenta Marco Carta, tra gli autori del report assieme a Stefano Clerici. “Infine - aggiunge - destano preoccupazione le proposte regolamentari in tema di autoconsumo che intendono addebitare gli oneri di rete anche all’energia elettrica autoprodotta”. Se tale proposta fosse accolta – si stima infatti - implicherebbe un costo addizionale di circa 15 euro/MWh alle aziende che installano impianti a recupero, allungando di anni tempi di ritorno dell'investimento e compromettendo lo sviluppo di queste soluzioni.

La strada per superare gli ostacoli e liberare il potenziale economico di questi interventi? Alcuni suggerimenti lo studio li dà: a farsi carico degli investimenti, si suggerisce, potrebbero essere utility o Esco, in alternativa, dovrebbero essere create garanzie pubbliche . Servirebbero poi condizioni normative e regolatorie adeguate ad attrarre investitori: ad esempio un aumento dei coefficienti o della durata dei titoli di efficienza energetica (TEE); l'aumento della taglia degli impianti “fuori registro” da 100-200 kW a 300 kW; l’adozione di un sistema premiante che leghi gli sconti A3 alle EII e a interventi di efficienza energetica. Infine, serve informazione , affinché gli stakeholders interessati sappiano ciò che si potrebbe fare e che benefici darebbe.

16 settembre 2013