Sei in: Altro

Gas serra 2011, altro che crisi sono cresciuti del 3.2 per cento

Secondo le anticipazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia, lo scorso anno si è arrivati nel mondo a 31, 6 miliardi di tonnellate di CO2 derivanti dall'uso dei combustibili fossili: una crescita del 3, 2%. E mentre lo squilibrio dell'atmosfera si aggrava, la capacità di risposta politica resta molto bassa
di ANTONIO CIANCIULLO (29/05/2012)

NONOSTANTE la crisi economica, i gas serra continuano a crescere a livello globale battendo anno dopo anno il record di emissioni. Il precedente picco era stato toccato nel 2010. Nel 2011 - secondo le anticipazioni fornite dall'Agenzia internazionale per l'energia - si è arrivati a 31, 6 miliardi di tonnellate di CO2 derivanti dall'uso dei combustibili fossili: una crescita del 3, 2% nell'arco di un anno.
Il dato è allarmante per vari motivi. Il primo è che il contrasto con l'avvertimento ripetuto con crescente allarme dagli scienziati non poteva essere più netto. Abbiamo superato le 390 parti per milione di anidride carbonica in atmosfera (erano 280 alla vigilia della rivoluzione industriale) e l'aumento continuo dei gas serra intrappola il calore creando uno squilibrio progressivo.

I climatologi ripetono che bisogna chiudere il rubinetto delle emissioni serra, rallentare drasticamente il consumo dei combustibili fossili e fermare la deforestazione: se non lo faremo rischiamo di vedere aumentare la pressione dei deserti, crescere la violenza dei fenomeni meteo estremi, rendere inabitabili vaste zone del pianeta.

Il secondo motivo di allarme è che, mentre lo squilibrio dell'atmosfera si aggrava, la capacità di risposta politica è molto bassa. Il negoziato sul dopo protocollo di Kyoto ha subito un alt nel 2010 alla conferenza Onu di Copenaghen e il nuovo accordo per ora resta proiettato nel 2015, con la prospettiva di non diventare operativo fino al 2020. Bisognerà vedere se il vertice che si apre tra pochi giorni a Rio de Janeiro in occasione del ventennale dell'Earth Summit riuscirà ad accelerare il percorso.

Certo la distanza tra gli obiettivi (evitare una crescita della temperatura del pianeta di più di 2 gradi rispetto all'epoca preindustriale) e i mezzi posti in campo è clamorosa. L'ultima dimostrazione viene proprio dai dati dell'Agenzia per l'energia: per raggiungere il traguardo dichiarato le emissioni serra dovrebbero più che dimezzarsi e invece continuano a crescere. Soprattutto a causa dell'uso del carbone (45% delle emissioni), seguito dal petrolio (35%) e dal gas naturale (20%).

Per invertire il trend e disaccoppiare lo sviluppo dall'aumento delle emissioni bisogna puntare con decisione sulla costruzione di un'economia low carbon basata su un alto livello di efficienza, sulle fonti rinnovabili, sulle smart city, sul recupero e il riuso dei materiali, sull'innovazione tecnologica.

I paesi che stanno investendo di più in questo modello di green economy (partendo magari da posizioni molto distanti dall'obiettivo come nel caso della Cina) sono quelli che appaiono oggi più dinamici. L'Italia, che nel campo delle rinnovabili ha ampie potenzialità, alcuni brevetti e aveva agganciato il gruppo di testa, si è fermata in modo brusco e rischia di tornare indietro. Lasciando sul campo una quota di Pil e parecchie decine di migliaia di occupati.