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Emissioni, dubbi sui dati di pechino "dalla cina 20% in più o in meno?"

Una ricerca britannica getta pesanti ombre sull'attendibilità delle statistiche ufficiali, ma secondo l'Accademia delle scienze cinese è la comunità internazionale a sbagliare i conti
Quanta anidride carbonica emette la Cina? Due studi dalle conclusioni contrastanti hanno rilanciato in questi giorni il dibattito su uno dei punti più importanti e controversi della lotta ai cambiamenti climatici. Da ormai diversi anni Pechino ha superato gli Stati Uniti in testa alla classifica delle nazioni che immettono in atmosfera la maggiore quantità di gas serra (in valori assoluti, ma non procapite) e conoscere con precisione il contributo della Cina al riscaldamento globale è fondamentale sia per realizzare modelli di previsione climatica attendibili, sia per impostare corrette politiche di riduzione concordate sulla base di accordi internazionali.

Al momento però i dubbi sul valore delle statistiche ufficiali cinesi sono molto forti. A rilanciare il tema è stata una ricerca dell'Università di Leeds pubblicata sulla rivista scientifica Nature Climate Change. Gli autori dello studio hanno calcolato che, aggiungendo l'ammontare delle emissioni dichiarate dalle singole province del paese nel 2010, si raggiunge un totale superiore a quello complessivo dichiarato nello scorso anno. Il divario ammonta a 1, 4 miliardi di tonnellate di CO2, l'equivalente delle emissioni annuali del Giappone, il quarto produttore mondiale, e circa il 20% dei 7, 6 miliardi di tonnellate dichiarate ufficialmente.

La notizia ha fatto il giro dei mezzi di informazione e della rete attribuendo senza appello al governo di Pechino l'intenzione di sottodimensionare il dato a fini propagandistici per enfatizzare i suoi sforzi di messa in efficienza del sistema energetico e industriale nazionale, ridimensionando allo stesso tempo il suo contribuito al riscaldamento globale. In realà questa è solo una delle possibili spiegazioni. "Non è chiaro se questo sia dovuto alle province che dichiarano più di quanto emettono, o delle agenzie nazionali che dichiarano meno", ha spiegato Dabo Guan, l'autore dello studio. "Da un lato - ha ricordato - ci sono le autorità provinciali che devono mostrare di essere produttive, ma devono gonfiare i loro dati di consumo per farli corrispondere. Dall'altro ci sono le pressioni della comunità internazionale per un raggiungimento di efficienza energetica e riduzione dell'inquinamento. Tra le due cifre, è probabile che quella governativa (più bassa) sia più affidabile".

La replica cinese naturalmente non si è fatta attendere ed è arrivata per bocca di Wang Yi, direttore del centro di ricerca sui cambiamenti climatici dell'Accademia delle scienze di Pechino. Secondo il professore, gli studi condotti dal suo ente sono arrivati alla conclusione che le emissioni di CO2 che la comunità scientifica internazionale attribuisce alla Cina sono in realtà sovrastimate. La metodologia usata dall'Ipcc (l'organizzazione delle Nazioni Unite che monitora tutte le pubblicazioni scientifiche sui cambiamenti climatici) non terrebbe infatti nel dovuto conto le diverse qualità di carbone usato dal sistema energetico cinese, ognuna delle quali al momento della combustione emette diverse quantità di anidride carbonica. "Noi possediamo dei calcoli preliminari dai quali emerge che le emissioni reali della Cina sarebbero del 10 o 20% inferiori a quelle stimate dall'Ipcc".