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La cornice simbolica

Cultura: da oggetto a concetto

Cosa si intende per cultura? E quali sono le sue funzioni? Innanzi tutto è necessario proteggere le proprie considerazioni dal rischio, nel quale è facile incorrere, di guardare alla cultura come ad un fatto oggettivo, ontologicamente esistente, statico nella sua forma, omogeneo nelle sue componenti, rigido nei suoi scambi; al contrario il termine cultura si riferisce ad un concetto estremamente eterogeneo, dinamico e osmotico. “Il fatto curioso è che le persone sembrano passare senza difficoltà da una concezione processuale a una concezione reificata della cultura. In realtà esse usano le due concezioni in contesti diversi e per scopi diversi; così facendo non realizzano una contraddizione ma semplicemente, secondo Baumann [1996; 1999], mettono in atto per scopi pragmatici, cioè per ottenere due tipi diversi di risultati, due tipi diversi di discorso. La concezione reificata può essere indifendibile sul piano scientifico, ma utile sul piano pratico se consente di conseguire vantaggi politici, economici, educativi e di gestire meglio le memorie collettive e personali. Quando devono spiegare che cosa accade nella loro vita di ogni giorno, come si muovono in un mondo provvisoriamente segmentato dalle molte griglie categoriali che possiedono, allora le persone fanno riferimento alla concezione processuale della cultura. Su questo piano si giocano i processi di identificazione in cui gli agenti sono mobili, pragmatici, intenti a perseguire i loro scopi. Quando invece le persone vogliono ottenere dei vantaggi come comunità, ricordare le proprie origini o le proprie credenze religiose, o si propongono di educare i figli e dire loro come si devono fare le cose, allora entrano in campo la concezione reificata della cultura e il discorso dell’ identità . Le identificazioni sono mobili e molteplici , mentre le identità sono stabili e coerenti; le persone fanno spola tra questi due poli, [..] non sono vittime di una contraddizione logica, ma sono impegnate in differenti giochi strategici che conducono attraverso il discorso” [Mantovani 2004, 113]. E’ possibile così, attraverso la scelta di una strategia piuttosto di un’altra, veicolare significati non solo differenti, ma spesso reciprocamente antitetici per mezzo del discorso; La cultura consiste nei significati che le persone creano , che a loro volta creano le persone come membri di determinate società [Hannerz 1992].

La cultura e le sue funzioni: repertorio di significati

La prima funzione della cultura è quella di fornire un repertorio di significati dal quale ogni persona attinge nel dare senso alle situazioni e ai propri comportamenti la cultura funge anche da sistema di mediazione fra individui e fra l’individuo e l’ambiente in cui vive; qualsiasi esperienza noi facciamo è mediata dall’ambiente sociale e fisico implicato in essa; il fascino verso i paesaggi di montagna, verso la natura incontaminata dal caos urbano ne sono un esempio. Presente già nel mondo ellenistico, tale idealizzazione è ripresa nell’ epoca romantica, quando l’individuo sente il bisogno di una maggiore libertà dai vincoli della società e della ragione e si rifugia così fra luoghi reconditi e sconosciuti, e arriva così a noi, dandoci la possibilità di un luogo verso il quale fuggire nei fine settimana, stanchi degli impegni di ogni giorno e delle “sindromi da ritmo frenetico”. “Il nostro sguardo è mediato da un lato dalle griglie cognitive ed emozionali che lo guidano, dall’altro lato dalle tracce che queste stesse griglie hanno lasciato nell’oggetto” [Mantovani 2004, 77], per quanto ci sforziamo, non riusciremo a trovare una sola situazione in cui l’esperienza umana non sia mediata dalla cultura [Mantovani 1998; 2000, 77].

Sistema di mediazione: gli artefatti culturali

La cultura funge anche da sistema di mediazione fra individui e fra l’individuo e l’ambiente in cui vive. La conoscenza è distribuita, non è dunque relegata nella mente del singolo, ma si trova piuttosto in uno spazio di condivisione fra individui e fra individui e ambiente. In questo senso, il contesto determina emozionalmente, cognitivamente, moralmente e fisicamente i propri membri, i quali, a loro volta lo modificano per mezzo degli artefatti: questi sono la componente fondamentale della cultura, le parole che diciamo, le istituzioni di cui facciamo parte, i manufatti che usiamo, servono come strumenti e come simboli. E’ possibile affermare che non esiste esperienza che non sia mediata dagli artefatti sia fisici che materiali, ed essendo essi una produzione esclusiva dell’interazione fra l’uomo e l’ambiente sociale e fisico, si conclude che qualsiasi esperienza è mediata dalla cultura.

“Gli artefatti culturali sono ideali e materiali nello stesso tempo; sono ideali nel senso che contengono in forma codificata le interazioni di cui erano parte in precedenza e che ora mediano nel presente; sono materiali per il fatto che sono incorporati in artefatti” [Cole 1995, 28]. Essi esistono nel mondo che ci circonda, organizzano la nostra attenzione e la nostra azione e possono inoltre creare mondi alternativi [White 1996, XIV].

Il linguaggio

Il linguaggio, fra gli artefatti, assume una posizione di massima importanza, permettendo infatti l’interazione sociale fra individui, come conversazione, discorso e narrazione, e dando la possibilità di pensare la cultura come un processo discorsivo, che racchiude la storia della propria famiglia, del proprio paese e della popolazione di cui si è parte. Dall’epoca in cui è sorta a tutte le esperienze che l’hanno portata ad essere ciò che è nel presente, l’attività narrativa è sempre presente nei processi di costruzione delle identità sia di una persona che di un popolo. “Il senso delle cose che viene sperimentato all’interno di una data comunità è cristallizzato e trasmesso per mezzo del suo linguaggio.Il linguaggio è il più potente degli strumenti di mediazione: noi pensiamo, comunichiamo e agiamo secondo modalità definite dalle strutture linguistiche di cui disponiamo” [Mantovani 2005, 171]. Considerato in questo senso contiene in sé gli altri artefatti: scrittura, calcolo, letteratura, conoscenza scientifica, racconti del passato; da esso nasce tutta la produzione culturale umana. “Risultato di processi storici precisi, le varie lingue conservano nelle cifre delle loro regole e parole le memorie di tutti gli sforzi di comunicazione ed elaborazione, di tutti gli incontri di tutte le esperienze attraverso i quali si sono costituite. Proprio attraverso le lingue si elaborano e verificano le strategie materiali necessarie alla sopravvivenza e si producono gli altrettanto indispensabili ambienti cognitivizzati e le specifiche ipotesi e teorie sulla costituzione del mondo” [Coppo 2003, 117-118].

La categorizzazione

Un secondo strumento culturale che interviene nella mediazione dell’ attività cognitiva è la categorizzazione, strategia attraverso la quale le persone organizzano l’esperienza e gli oggetti in particolari categorie che hanno un significato sia linguistico che sociale in modo da renderne il riconoscimento, e di conseguenza l’ interazione, più immediati [Mantovani 2004]. A Bali esistono differenti parole che indicano l’atto del mangiare: miunan, maraynam, ngayengang, madaar, ngamah, ngaloklok, neda e nyaseksek , tuttavia ognuna di queste oltre a definire un’azione, specifica una particolare posizione nella gerarchia sociale della comunità, uno specifico rango sociale a colui il quale sta compiendo l’atto di mangiare; le prime due sono usate per i più alti membri del clero e per i bramini; ngayengang è usato per le restanti alte caste; madaar è usato per gli stranieri, o quando lo status di una persona non è chiaro, o per cortesia, oltre che per i malati; ngamah è usato per le caste più basse ma anche per gli animali in genere. Anche tra gli animali esiste un rango che si riflette nel loro modo di nutrirsi: ngaloklok si usa per quelli che inghiottono, come i cani e i maiali, ma neda è riservato ai cani di proprietà delle alte caste, mentre nyasekseksi usa per i polli; La categorizzazione organizza gli spazi, i tempi, le persone e le loro azioni, gli agenti percorrono questi sistemi di categorie usandoli e all’occorrenza forzandoli, in ogni caso riformulandoli per applicarli agli spazi che si trovano di fronte [Mantovani 2004].

La metafora

Anche la metafora occupa un ruolo fondamentale nell’organizzazione dell’attività cognitiva; il suo utilizzo è estremamente frequente, e permette al soggetto di fornire una cornice di significato all’oggetto in questione situandolo all’interno di un dominio semantico specifico permettendone così una lettura più chiara ed estesa. Le nostre decisioni risentono della cornice in cui collochiamo il problema che abbiamo di fronte. “Se non siamo consapevoli dell’effetto cornice (framing) non comprendiamo che la prospettiva che adottiamo per inquadrare una situazione non è l’unica possibile, né è necessariamente la migliore in circolazione. E’ semplicemente quella che viene automaticamente in mente, o quella che meglio serve i nostri interessi” [Mantovani 2004, 90]. Considerare il Sud Italia, con tutte le problematiche presenti a livello sociale ed economico, come un freno alla corsa del treno Italia diretto in Europa, è ben diverso rispetto al considerarlo come una ferita che và curata per il bene di tutto l’organismo, quindi prendere in considerazione le dinamiche presenti, le eventuali cause e gli attori principali del fenomeno cercando delle soluzioni per arginare il problema; queste due differenti visioni saranno determinanti sia nelle attività che verranno avviate sia, e soprattutto, nelle reazioni che le persone direttamente o indirettamente implicate manifesteranno. La modalità utilizzata per rappresentarsi una questione non avviene a posteriori, è la percezione stessa del singolo che, nell’immediato, vi attribuisce quella specifica forma, quella specifica valenza, quelle possibili soluzioni. La cultura fornisce alle persone gli strumenti che poi utilizzeranno per rappresentarsi i problemi, dà ordine e sostanza al modo di percepire dell’individuo, ne orienta la classificazione e la valutazione. “Come la partecipazione a una data cultura professionale può rendere ovvia l’adozione di una data metafora, così la partecipazione a una data cultura religiosa o politica o etnica può far preferire in modo quasi automatico un certo modo di inquadrare i problemi rispetto a un altro. Non possiamo stupirci del fatto che i membri di culture differenti vedano spesso le cose in modi differenti, ma non ci stupiremo neppure del fatto che i singoli agenti possano usare in modi innovativi e persino sovversivi le risorse che le rispettive culture mettono a loro disposizione” [Mantovani 2004, 92].

Costruire le mappe della realtà

Si arriva così a definire un’altra funzione della cultura: costruire le mappe della realtà. Senza adeguate mappe, come persi in un punto sconosciuto del deserto, non sapremmo verso quale direzione muoverci, incapaci di trovare un segnale riscapaci di trovare un segnale rismprendere la nostra posizione. L’importanza della cultura sta appunto nella possibilità che dà ai suoi membri di avere un punto di vista rispetto alle varie esperienze della realtà, in principio per comprenderle, poi per potervi interagire; è proprio questa posizione che permette all’individuo di avere un ruolo attivo e determinante sia nelle sue scelte, che nella dimensione reale che in quel momento vive. La cultura delinea i limiti e i confini della conoscenza di se stessi e degli altri, al di là dei quali può esserci l’indifferenza, l’incontro, lo scontro o l’ibridazione. “Differenti culture riconoscono confini differenti per la realtà, nel senso che oggetti ed esperienze che per gli uni sono reali più del pane che mangiano a tavola per gli altri sono fantasie inconsistenti” [Mantovani 2004, 92]. Fra gli scritti lasciati da Cristoforo Colombo durante l’avventura di conquista del Nuovo Mondo, vi è la testimonianza di un episodio, avvenuto il 12 ottobre 1492, in cui Colombo afferma di non aver incontrato opposizione da parte degli indigeni al rito di appropriazione dell’isola da parte dei Conquistadores; per la prima volta nella storia delle relazioni fra culture avviene un incontro che mai ha avuto dei precedenti, e tale condizione sfocia nella totale impossibilità di comunicazione e di comprensione fra i due popoli: gli indigeni non potevano opporsi agli obiettivi dei Conquistadores proprio perché non erano in grado di dare un significato alle loro azioni. Ancora la chiesa e gli Indios non ponevano gli stessi confini al reale. La chiesa escludeva di norma alcuni stati (il sogno, l’allucinazione, l’ebbrezza) a cui veniva invece attribuito un significato decisivo dalle culture indigene. Mentre questa società erano affascinate dall’interpretazione dei sogni, la chiesa li combattè dichiarandoli privi di senso, così come condannò l’uso di sostanze allucinogene, fonti di alienazioni, di visioni e di deliri, strada aperta alle follie e alla lussuria , e denunciò ogni forma di ebbrezza, includendo nella medesima riprovazione forme rituali vicine all’estasi e alla possessione [Gruzinski 1988, 237]. Dinamica che si è ripetuta nel momento in cui la moderna psichiatria ha bandito come false credenze tutti i riti magici e le pratiche rituali di sciamani, stregoni e curatori che si rifanno a un sapere “tradizionale”. Le strutture linguistiche e concettuali di una

cultura delimitano lo spazio della realtà a cui esse sono in grado di conferire senso, mentre condannano come irreali o malvagie le realtà e le esperienze in cui non c’è posto nelle loro griglie interpretative [Mantovani 2003].

Modelli morali

Oltre a mediare l’interazione tra individuo e ambiente, e fornire le mappe che permettono alle persone di muoversi nella realtà, la cultura propone anche dei modelli morali, degli obiettivi a cui tendere, dei valori guida da seguire per sentirsi nella giusta via. Tali criteri vengono tuttavia messi continuamente in discussione per il fatto di non essere così vincolanti e universali, e di prestarsi all’interpretazione del singolo, inoltre la tradizione non può fornire soluzioni per qualsiasi problematica, a maggior ragione se questa riguarda conflitti etici relativi ad argomenti di attualità: pensiamo ad esempio alla legge sull’aborto, oppure, fatto ancora più recente, al referendum sulla fecondazione assistita, o al tema dell’eutanasia. La presa di posizione in merito a questioni morali avviene non senza la presenza di incoerenze, dissonanze e conflitti, basti pensare che nonostante la forte opposizione della chiesa, che al tempo aveva un consistente peso politico in Italia, nel 1978 fu comunque approvata la legge sull’interruzione della gravidanza. “Su ogni questione controversa troveremo modelli di comportamento molteplici offerti dalle varie culture ai loro più o meno disorientati, determinati o riottosi membri; su alcuni temi e in alcune circostanze i modelli sono drammaticamente divergenti e contestati. Resta il fatto che per capire le situazioni e orientarsi nelle proprie scelte gli agenti usano i modelli che hanno a disposizione” [Mantovani 2004, 96]. E’ inevitabile che le persone oltre ad avere la possibilità di attingere a tale repertorio, debbano crearsi una propria autonomia di pensiero e una capacità di giostrare e risolvere questi conflitti; importanza centrale assume qui l’educazione, in particolare scolastica, luogo in cui tali modelli vengono forniti, elaborati, ed assorbiti.