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Caricinoma della prostata: la proteina pca3

Disponibile anche in Italia un nuovo test molecolare sulle urine, che dovrebbe rendere sempre più precisa la diagnosi delle neoplasie maligne della prostata. Si tratta del dosaggio di una proteina urinaria, la Pca 3, che sembra potersi integrare nel percorso diagnostico con l’analisi dei valori del PSA, un esame ritenuto valido ma non specifico per le neoplasie maligne della prostata. I livelli ematici elevati di PSA infatti, indicano una condizione patologica a livello prostatico, ovvero la presenza di un carcinoma, ma anche di un ingrandimento dell' organo (ipertrofia prostatica benigna) o uno stato infettivo infiammatorio (prostatite). Inoltre altri fattori possono alterare i livelli ematici di PSA tra cui l'assunzione di farmaci (finasteride e dutasteride) per il trattamento dell'ipertrofia prostatica benigna o della calvizie. Così, nel sospetto di neoplasia malignia, per giungere ad una diagnosi più precisa, c'è spesso la necessità di ulteriori indagini come la biopsia prostatica ecoguidata. Il nuovo test non va dunque a sostituire il dosaggio del PSA, ma potrebbe raddoppiarne la capacità di identificare le neoplasie maligne, facilitando la decisione dell' urologo sull’opportunità o meno di procedere ad una biopsia. Inoltre, potrebbe influenzare gli specialisti nella decisione terapeutica più idonea alla gravità della malattia. Questo perchè uno studio pubblicato sul Journal of Urology nel maggio 2008 ha dimostrato anche che i valori di Pca3 ben si correlano con le dimensioni della neoplasia maligna della prostata, cosa che può favorire nella selezione di quei pazienti che necessitano di una terapia aggressiva, differenziandoli da quelli che, affetti da forme localizzate e di basso grado, possono essere invece destinati ad approcci terapeutici meno aggressivi.