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Chi siamo

" Il valore che Clelia la Gioia attribuisce all’arte, quello di poter esprimere la propria visione del mondo.

La mente, infatti, è il punto di partenza delle opere di Clelia, frutto di pensieri, di riflessioni, di fantasie. Anche nel momento in cui è presente un lavoro di studio e attenta osservazione di un soggetto (come l’interesse per gli alberi, ad esempio), la fervida immaginazione dell’artista lo trasfigura e lo inserisce in un universo figurativo sereno, favolistico, bello da guardare e da scoprire. L’arte, quindi, secondo le stesse parole di Clelia, non deve scioccare per forza, non deve violentare la sensibilità dello spettatore, ma deve arrivare a tutti nel modo più immediato possibile e deve contenere un messaggio che sia sincero, che sia utile a migliorare la realtà circostante.

L’artista considera l’immagine, infatti, come una lingua comprensibile da tutti, l’unica forma di espressione capace di abbattere le barriere linguistiche e, a volte, culturali. E’ per questo motivo che, nelle opere di Clelia immagini e colori si mescolano a parole scritte e scaturite dalle riflessioni della stessa artista che esplicita, in questo modo, uno stato d’animo che diventa un messaggio-verità.

Il filo d’Arianna di Clelia (...) è la sincerità, che diventa l’unico mezzo d’azione per liberare il labirinto dal terrore imposto dal Minotauro e restituire ai fanciulli terrorizzati la speranza e la spontaneità.

Alcuni elementi sono ricorrenti nel lavoro di Clelia.

La sciarpa dei suoi “omini”, ad esempio, mossa dal vento e spesso colorata a discapito della sagoma scura di chi la indossa, sta a testimoniare la storia personale e affettiva che è nascosta dietro un oggetto apparentemente banale.

Così anche l’albero, protagonista di molte sue opere, è scelto tra tanti elementi per il suo essere radicato alla terra con le radici, mentre i rami esprimono la voglia di librarsi in alto, nel cielo.

Clelia espande, così, la sua realtà interiore attraverso le sue opere e la sua professione di un’assoluta libertà d’espressione. E risulta davvero difficile non farsi contaminare".

Martina Nardacci (Storica dell'Arte)