In relazione alla condotta illecita tenuta dall'agente che faccia sottoscrivere, al cliente, una polizza il cui premio viene dallo stesso incassato ma non versato alla Compagnia Assicurativa o nel caso faccia sottoscrivere polizze risultanti poi inesistenti e scappi con quanto incassato, la Suprema Corte con sentenza n.ro 18860 del 24.09.2015 ha fatto finalmente chiarezza circa la responsabilità della Compagnia madre. Infatti, in detta sentenza la Corte di Cassazione ha chiarito come la Compagnia madre risponde del comportamento illecito del proprio agente, riconoscendo in capo alla suddetta una responsabilità oggettiva per il fatto illecito. Quest'ultima, pertanto, dovrà rispondere almeno sotto il profilo del risarcimento del danno, essendo a parere della giurisprudenza di legittimità sufficente il rapporto di occasionalità tra la condotta giuridica posta in essere dall'agente e le incombenze che gli erano state affidate dal preponente. Pertanto, non è necessaria l'esistenza di un nesso di causalità tra l'incarico conferito dalla società assicurativa ed il danno subito dal terzo, essendo invece sufficiente che le mansioni affidate dalla compagnia abbiano agevolato o reso possibile il fatto illecito e l'evento dannoso, anche se l'agente ha operato oltre le proprie competenze e trasgredendo gli ordini ricevuti. Pertanto, la citata sentenza mette finalmente un punto, e riconosce in capo all'ignaro cliente il diritto a vedersi rimborsato per i danni subiti in conseguenza della condotta tenuta dall'agente assicurativo che attraverso i segni distintivi della Compagnia madre e la relativa modulistica lo tragga in inganno. Non è quindi necessario che esista un rapporto di lavoro subordinato, essendo invece sufficiente che l'illecito sia stato commesso durante lo svolgimento dell'attività tipica di agente, quello che viene tutelato quindi è l'affidamento del consumatore. Avv. Cristina Fabbri