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Dietoterapia nelle dislipidemie

Con il termine dislipidemia o iperlipoproteinemia si intende l'alterazione della quantità di grassi o lipidi normalmente presenti nel sangue. Ci sono forme ereditarie che condizionano la manifestazione della malattia, indipendentemente da fattori esterni, e forme più comuni, nelle quali le malattia si manifesta solo in concomitanza a fattori esterni, come l'eccessiva assunzione di grassi dalla dieta, o la complicanza di una patologia (dislipidemie secondarie).

L'ipercolesterolemia (troppo elevato tasso di colesterolo nel sangue) ad esempio, può essere il risultato di un aumentata conversione delle lipoproteine VLDL in LDL, oppure di un difetto nella rimozione di quest'ultime.

Come regola generale si parla di iperlipoproteinemia quando il colesterolo plasmatico è superiore a 180-200mg/dl e quando i trigliceridi sono superiori a 200mg/dl.

Informazioni più dettagliate sulle singole lipoproteine si ottengono mediante la tecnica dell'elettroforesi.

Genericamente, si può dire che i livelli di LDL consigliabili devono essere compresi fra 130 e 160 mg/dl, mentre i livelli di HDL consigliabili devono essere superiori a 60 mg/dl. Valori di HDL inferiori a 35 mg/dl sono associati ad aumentato rischio di aterosclerosi. La valutazione dei livelli pericolosi per lo sviluppo di aterosclerosi è strettamente correlata alla presenza di altri fattori di rischio. A scopo preventivo il colesterolo totale dovrebbe essere misurato in tutta la popolazione di età superiore ai 45 anni e ricontrollato periodicamente. I controlli devono avvenire più precocemente (20 anni) e frequentemente in presenza di familiarità positiva per dislipidemia.

Classificazione delle dislipidemie

Un famoso studio, lo studio di Framingham, iniziato nel 1949 nel paese omonimo situato negli Stati Uniti, nel 1971, mise in luce i fattori di rischio, distinti fra sicuri e probabili, dell'insorgenza della malattia cardiovascolare. Fattori di rischio sicuri

1. Età (uomini > 45anni, donne > 55anni)

2. Sesso (l'uomo ha una maggiore probabilità di ammalarsi, anche se attualmente le differenze stanno scomparendo)

3. Ipercolesterolemia

4. Ipertensione arteriosa

5. Fumo di sigarette

6. Diabete

Fattori di rischio probabili

1. Obesità

2. Ipertrigliceridemia

3. Scarsa attività fisica

Le dislipidemie o iperlipoproteinemie sono state finora classificate secondo la classificazione di Frederickson, basata sull'individuazione delle frazioni lipoproteiche aumentate:

Classificazione di Frederickson

• Iperlipoproteinemia di tipo I: aumento dei chilomicroni, cioè aumento dei trigliceridi provenienti dalla dieta

• Iperlipoproteinemia di tipo II a: aumento delle LDL, quindi del colesterolo

• Iperlipoproteinemia di tipo II b: aumento delle LDL e delle VLDL, quindi sia del colesterolo che dei trigliceridi

• Iperlipidemia di tipo III: aumento del colesterolo e dei trigliceridi totali, non accompagnato dall'aumento di lipoproteine, per aumento di prodotti intermedi derivanti dalla scissione delle VLDL prima di formare le frazioni LDL

• Iperlipoproteinemia di tipo IV: aumento delle VLDL e quindi dei trigliceridi, provenienti dal metabolismo dei carboidrati

• Iperlipoprotidemia di tipo V: aumento dei chilomicroni e delle VLDL, quindi dei trigliceridi provenienti dalla dieta e da quelli sintetizzati a partire dai carboidrati a livello del fegato

Più recentemente, è stata proposta una classificazione basata sulla causa delle alterazioni lipoproteiche.

Dislipidemie familiari

Le dislipidemie familiari sono dovute a mutazioni di un singolo gene del nostro cromosoma, o di più geni, e sono ereditarie. Possono essere presenti difetti nella sintesi delle apoproteine, difetti di sintesi o di attività dei recettori delle lipoproteine LDL, oppure difetti della funzionalità delle lipasi. Queste forme sono piuttosto rare e non è facile fare una corretta diagnosi. Per questo motivo esistono dei centri specializzati (Centri Lipidologici) nella diagnosi di queste forme. Nella dislipidemia di tipo I e IV si ha inoltre rischio di sviluppare pancreatiti: l'aumento importante di trigliceridi (superiore a 1000 mg/dl), è causa di sofferenza pancreatica per accumulo dei chilomicroni nei vasi.

Prevenzione

I dati epidemiologi mostrano che la metà della popolazione dei Paesi industrializzati presenta dei livelli di LDL circolanti tali da predisporre all’insorgenza di aterosclerosi. La multifattorialità della dislipidemia e la prevenzione delle patologie ad essa correlata determina più campi d’azione. L’igiene di vita è la forma di prevenzione primaria. Prevenzione primaria significa prevenire l’instaurarsi della malattia. Ma cosa si intende per igiene di vita? Significa attuare delle condotte di vita, che diventeranno abitudini da mantenere nel tempo, come misure di prevenzione all’insorgenza delle patologie. L’organizzazione mondiale della Sanità è impegnata in tutto il mondo per promuovere l’educazione nelle scuole e nella persone a modelli di vita il cui fine è salvaguardare il proprio benessere psico-fisico. Questo significa fare dei programmi di educazione alimentare, insegnare a controllare e mantenere il proprio peso corporeo, promuovere l’attività fisica, sottolineare l’importanza dell’astensione da pericolose abitudini come l’assunzione eccessiva di alcolici, far comprendere i danni che provoca il fumo. Si sottolinea ancora che l’alimentazione deve essere povera di colesterolo e di grassi animali saturi, mentre si dovranno privilegiare i grassi insaturi, deve essere ricca di cereali, vegetali, legumi, frutta e fibre. La sedentarietà è un’importante fattore di rischio! Purtroppo il nostro tipo di vita costringe l’organismo a lunghi periodi di inattività fisica. Condurre un’attività fisica richiede un grande sforzo di volontà e sacrifici che ci ripagheranno nel tempo. L’esercizio fisico aerobico aumenta la frazione lipoproteica HDL del 10%, riduce i trigliceridi di circa il 30% e gli acidi grassi, riduce i livelli di fibrinogeno, ha effetti benefici sull’ipertensione arteriosa lieve. E’ largamente dimostrato che praticare attività sportiva in maniera costante riduce il rischio di mortalità cardiovascolare. D’altra parte un bambino sedentario che aumenterà di peso, ha un’alta probabilità di diventare un adulto obeso. In presenza di dislipidemia, non è sempre sufficiente seguire le regole sopra indicate, ma sarà necessario, come nel caso delle Dislipidemie familiari, intervenire con sostanze farmacologiche. E’ bene comunque sottolineare che una alimentazione corretta rende meno "cattive" persino le forme ereditarie. Un eccesso di lipidi (grassi) nel sangue espone il soggetto ad infarto e ictus.

In questo gruppo di patologie la dieta riveste una grande importanza, anche se in alcuni la terapia farmacologica di supporto è fondamentale.

Nel caso di dislipidemie in generale bisogna:

• Controllare il peso corporeo e quindi ridurre l’apporto calorico in caso di sovrappeso;

• Limitare l’apporto alimentare di grassi, usando prevalentemente grassi poli-insaturi (presenti prevalentemente nelle verdure, ad esempio l’olio di oliva, o nel pesce) rispetto a grassi saturi (presenti prevalentemente nelle carni o derivati come burro)

• Ridurre il consumo di formaggi duri, stagionati (a maggiore contenuto di colesterolo) a favore di formaggi morbidi (con minore contenuto di colesterolo)

• Ridurre l’apporto di zuccheri semplici come il saccarosio e i dolci in generale

• Eliminare la frutta secca

• Ridurre al’apporto di alcolici

Per una strategia di educazione alimentare mirata a ridurre i livelli di colesterolo e trigliceridi circolanti vengono proposti i seguenti consigli nutrizionali:

• acidi grassi totali: