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Microbioma intestinale, obesità e aterosclerosi

24 febbraio 2012 (Congresso Medico) – La patogenesi dell’obesità riconosce due classi d’importanti fattori contributivi: quelli ambientali e quelli genetici. È noto come un’aumentata disponibilità di cibo unita alla riduzione dell’attività fisica, tipiche dello stile di vita moderno, rappresentino fattori chiave nell’attuale epidemia di obesità e patologie metaboliche; altrettanto importante, anche se più difficile da analizzare, sembra il ruolo dellapredisposizione genetica. Uno degli aspetti che stanno emergendo di recente, relativamente a quest’ultimo aspetto, è il ruolo del microbioma intestinale, ovvero il patrimonio di batteri intestinali che, estraendo calorie dal cibo, favorirebbe l’insorgenza di obesità. Nell’intestino umano, infatti, risiede una flora batterica ampia ed eterogenea, stimabile in circa 1, 4 milioni di miliardi di batteri raggruppabili in circa 1100 specie diverse. Tali microrganismi consentono l’assimilazione di alimenti altrimenti indigeribili (vegetali contenenti zuccheri complessi, lipidi e proteine), favoriscono il fisiologico turn-over delle cellule della mucosa intestinale, l’efficienza del sistema immunitario locale e sono responsabili della sintesi di numerose vitamine (vitamine C e K, acido folico, biotina e acido pantotenico). La dotazione di batteri intestinali è personale, stabilita dal patrimonio genetico e poco influenzata dall’ambiente e dall’alimentazione, mantenendo una relativa stabilità durante tutta la vita del soggetto. Uno studio del Dott. Stanley L. Hazen (Cleveland, Ohio; USA), pubblicato su Nature (1), confermerebbe l’esistenza di una correlazione tra il metabolismo del microbioma intestinale e il rischio di complicanze cardiovascolari. Lo studio, che ha riguardato circa 70 pazienti con precedenti di cardiopatia ischemica, ha provato che alcune sostanze prodotte dalla flora batterica intestinale a partire dal metabolismo del fosfolipide fosfatidilcolina (colina, ossido di trimetilamina [TMAO] e betaina), possono essere implicate nella genesi della placca aterosclerotica, o almeno predire il rischio cardiovascolare dell’individuo. Grazie a sofisticate tecniche molecolari, è infatti possibile tracciare il profilo genetico delle diverse specie microbiche presenti nell’intestino. Su un modello murino, la supplementazione nutrizionale di colina, TMAO e betaina si è dimostrata favorire l’accumulo di colesterolo nei macrofagi e la formazione delle cellule schiumose (“foam cells”), implicate nella genesi dei fenomeni aterosclerotici. Su topi geneticamente predisposti all’aterosclerosi, inoltre, la soppressione della microflora intestinale ha inibito l’aterosclerosi indotta da una dieta ricca in colina. La scoperta dell’esistenza di una relazione tra metabolismo della fosfatidilcolina alimentare da parte della flora intestinale e patogenesi dell’aterosclerosi potrebbe fornire l’opportunità di sviluppare nuovi test diagnostici e approcci terapeutici per la prevenzione della cardiopatia ischemica. L’argomento è stato dibattuto anche nel corso del 25° Congresso della SISA (Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi), tenutosi a Roma a inizio dicembre scorso (2). 1) Nature 2011;472(7341):57-63 PubMed 2) 25° Congresso Nazionale SISA; Roma, 30 novembre - 3 dicembre 2011 Comunicato stampa SISA