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Le convinzioni che ci ingannano

Nasruddin vide che un suo caro amico ogni mattina batteva forte un tamburo per un’ora nel giardino di casa sua: ” Ma perché batti il tamburo ogni mattina?” gli chiese. La risposta fu sorprendente “Per scacciare gli elefanti da qui”. “Ma se non ci sono elefanti nella nostra regione!” esclamò Nasruddin sbalordito. “Vedi che funziona!” rispose tutto orgoglioso l’amico.

La storiella di Nasruddin, all’apparenza semplice e banale, descrive in realtà molto efficacemente il modo in cui funziona un nostro fondamentale meccanismo cognitivo di adattamento alla realtà. Si tratta di quel processo attraverso cui costruiamo i “significati”, da cui i “modelli di credenza”, con i quali diamo un senso alla realtà. Tale processo ha la peculiarità di dotare di senso la nostra esperienza e di autorinforzarsi.

Per capire il funzionamento di questo meccanismo mentale si può ricorrere ad una metafora:

immaginiamo una collina appena arata e ben spianata sulla quale si abbatte un violento temporale; dopo qualche minuto la copiosa pioggia tenderà a scavare dei canali che con il tempo diverranno sempre più profondi. La maggior parte dell’acqua che cadrà in seguito tenderà a convogliarsi in questi canali, seguirà i medesimi percorsi e defluirà prevalentemente negli stessi luoghi.

Allo stesso modo funziona la nostra mente che tende a ricevere un’infinità di imput e a convogliarli mediante “schemi interpretativi/concettuali”, i nostri canali, prevalentemente verso le medesime uscite che plasmano in un particolare modo la realtà.

Nel dettaglio tale processo può essere descritto in vari passaggi:

Ø Gli eventi vengono letti, interpretati e compresi, mediante uno schema interpretativo/concettuale ;

Ø Mediante questo schema si attribuisce un preciso significato/senso alla realtà;

Ø Tale significato viene vissuto dall’individuo come una percezione reale, all’apparenza pura ma in realtà espressione di un significato scaturito a sua volta da un preciso schema;

Ø Alla percezione si associa una emozione assolutamente coerente con la percezione stessa ma ovviamente non necessariamente coerente con l’evento da cui ha preso forma la percezione;

Ø L’attivazione di una emozione condizione le decisioni dell’individuo;

Ø Tali decisioni si manifestano in comportamenti/comunicazioni (verbali e non verbali);

Ø Alle azioni corrispondono delle reazioni coerenti da parte dell’ambiente circostante;

Ø Le reazioni sono spesso vissute come prova , conferma , rinforzo , al proprio schema che così viene mantenuto con ancor maggior convinzione.

Un esempio concreto di tale processo può essere il seguente:

immaginiamo che a seguito di un tradimento sentimentale Giulia si convinca che “non ci si possa fidare degli uomini” . Questa convinzione, che rappresenta uno schema interpretativo/concettuale, con molta probabilità condizionerà Giulia ad interpretare i comportamenti di un eventuale altro partner con “pregiudizio e sospetto” . Un ritardo nel rientro a casa ad esempio non la convincerà completamente che possa essere dipeso dal traffico o da un disguido al lavoro ma solleciterà il sospetto che il proprio partner si sia intrattenuto con qualcun'altra. Al pregiudizio e sospetto è probabile che si associno allora emozioni quali ”angoscia, tristezza, rabbia” che pur potendo essere del tutto inappropriate alla situazione reale, sono assolutamente coerenti al personale vissuto. La conseguenza di tali emozioni può essere una condotta di Giulia caratterizzata da “distanza affettiva, freddezza e controllo” espresse mediante accuse più o meno velate al proprio partner, asfissianti interrogatori, indagini sugli SMS del cellulare, ecc.. Le reazioni del partner inizialmente potranno tendere alla rassicurazione ma poi coerentemente alle azioni di Giulia diverranno sempre più “rifiutanti, scocciate, evitanti” . I due partner cominceranno così a scontrarsi, aumenteranno gli equivoci, i malintesi, i motivi di insoddisfazione, ecc.. A questo punto Giulia si convincerà di aver fatto bene a non fidarsi – profezia che si autodetermina – e il proprio schema interpretativo/concettuale - “non ci si può fidare degli uomini” - sarà così rinforzato.

La comprensione di tale meccanismo di funzionamento della nostra mente ci consente di focalizzare l’attenzione su un aspetto molto importante presente nelle relazioni. Infatti, quando due persone si incontrano, ognuna porta con sé degli schemi attraverso cui organizza, percepisce e da un significato alla realtà. Come abbiamo visto questi schemi non fotografano la realtà ma ne danno una rappresentazione che possiamo definire verosimile, più che vera e realistica più che reale. Pur tuttavia ognuno di noi porta avanti con tenacia le proprie convinzioni, idee, giudizi e/o pregiudizi, custodendo gelosamente i propri schemi come se fossero gli unici capaci di fornirci una chiara immagine della realtà. Così facendo ci si illude di vivere in un mondo che rimanendo prevalentemente uguale a se stesso risulta familiare, prevedibile e quindi rassicurante. Di contro però ci precludiamo la possibilità di costruire significati diversi della nostra esperienza, divenendo in parte schiavi di circoli viziosi come quello sopra descritto ed artefici inconsapevoli della compromissione di molte opportunità di vita potenzialmente serene e felici. Essere consapevoli di tale rischio ci può consentire di guardare alle nostre percezioni, idee e convinzioni con maggior relativismo . Si tratta di rinunciare in parte alla rassicurante forza dei nostri schemi interpretativi/concettuali, per poter sostare un tempo un po’ più lungo nella situazione di incomprensione, al fine di farci investire dal maggiore numero di informazioni attraverso gli organi di senso e intuitivi. E’ come rinunciare in parte a degli occhiali che ci inducono a vedere la realtà sempre nello stesso modo, così da darci l’opportunità di guardare alle nostre esperienze anche con “occhi diversi”. Prima o poi, intanto, un nuovo significato prenderà forma e anche se altro non sarà che semplicemente la risultante di un nuovo schema attraverso cui filtriamo la realtà, un nuovo paio di lenti, almeno avremmo ampliato il nostro bagaglio di “strumenti” con cui comprenderla e così facendo ci saremmo dati maggiori opportunità di farci investire dalla realtà in tutta la sua ricchezza, non presumendo, come spesso accade, di conoscerla prima di viverla .