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“LU TUFU” – ATTREZZO DELLA TREBBIATURA ARCAICA

Per il giorno 2 agosto 2015, l’Oasi Masseria Sant’Elia, dell’Eco-Agriturismo di Giuseppe Resce, e il Centro Sociale della Terza Età di Casalbore (Av) organizzano la “scugnatùra a péde di li grègne di ranu” nello splendido scenario dell’aia del borgo antico del Castello.I covoni furono legati durante l’evento della mietitura arcaica con gli amici l’11 luglio scorso. Personalmente auspico che sia adoperato il bellissimo “tufu” della Masseria Sant’Elia.

“Lu tufu”, attrezzo della trebbiatura arcaica sull’aia da far trainare da un asino, un mulo o un cavallo “’ncòpp’a la pisatùra”, è sparito dalla metà del Novecento. Io non l’ho visto mai adoperare, nemmeno nei video sul web, ma ne ricordo uno, di pietra grezza con un foro, che apparteneva alla famiglia di mio nonno paterno e per anni rimase ai margini dello spiazzo, che d’estate funzionava anche da aia, davanti al nostro casino di campagna, “lu casìnu di Minòcchju”, in cui abitavamo in contrada Costa della Mènola. Poi sparì, finito probabilmente nelle fondamenta della nostra casa nuova, edificata dopo il terremoto del 1962.
“Lu tufu”più bello, in lastra di pietra sedimentaria scanalata, lo fotografai nel 2014 nell’Agriturismo Oasi Masseria Sant’Elia a Casalbore (Av) di Giuseppe Resce, che ogni anno organizza con gli amici la riedizione della mietitura e della trebbiatura arcaica.
“Lu tufu” più singolare, in lamiera spessa di ferro, con fori dentati a forma di grattugia e con riquadro di legno, lo fotografai nel 2011 a Faeto (Fg) e fa parte della collezione privata di utensili agricoli di proprietà di Tonino, amico di Gaetano Caccese, trekkista e maestro dello sport, che organizza escursioni e partecipazioni agli eventi sulla rielaborazione e rivisitazione della civiltà contadina.
Si può dire che quest’attrezzo agricolo arcaico, di cui è rimasto qualche raro esemplare disperso per il territorio, sopravviva solo nell’immaginario di chi ha una certa età e proviene da quel mondo rurale fatto di fatiche, sudore e sacrifici per produrre il grano con cui sfamare la famiglia. (A. Siciliano – 30.7.2015)