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Psicoterapia dell'Infanzia e dell'Adolescenza

La Terapia Cognitivo-Comportamentale tratto da Mancini F. & Perdighe C. (2010), Elementi di Psicoterapia Cognitiva. Roma, Giovanni Fioriti Editore La psicoterapia cognitivo-comportamentale si sviluppa negli anni ’60 con due terapeuti di formazione psicoanalitica: Aaron Beck (1967) e Albert Ellis (1989); contrariamente a quanto frequentemente si crede, ovvero che la terapia cognitiva sia un’evoluzione della terapia del comportamento, nasce, invece, con due clinici di formazione psicoanalitica che, nello stesso periodo e indipendentemente, mettono a punto un metodo clinico che poi diventerà, su una definizione coniata da Beck, la terapia cognitiva. Si tratta, dunque, di una terapia che nasce direttamente dalla clinica come metodo di cura, in particolare come cura della depressione e dei disturbi d’ansia. L’incontro con il comportamentismo viene solo in un secondo momento e segue due vie: da un lato autori cognitivisti, a partire proprio dai fondatori Beck ed Ellis, recuperano del comportamentismo sia l’attenzione al metodo scientifico applicato alla clinica e agli esiti clinici sia il repertorio di tecniche tipico della terapia del comportamento; dall’altro autori di formazione comportamentale, come ad esempio Rachman (1997) o Meichenbaum (1977), integrano il ruolo delle variabili cognitive nella cornice teorica comportamentale Nell’interpretazione della condotta umana la terapia cognitiva ricorre, ove possibile, alla spiegazione più semplice che spesso coincide con il recupero del senso comune. Ciò che caratterizza e distingue la psicoterapia cognitiva, infatti, è la spiegazione dei disturbi emotivi attraverso l’analisi della relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti. L’assunto fondamentale, postulato per la prima volta negli anni 60 da Aaron Beck e da Albert Ellis (Beck 1967, Ellis 1962), è che le rappresentazioni mentali del paziente (credenze, pensieri automatici, schemi) permettono, con un minimo d’inferenza, di spiegare il disagio psicologico e il suo perpetrarsi nel tempo. Le reazioni emotive disfunzionali e il disagio sono frutto di distorsioni contenutistiche e formali di tipo cognitivo: la patologia è frutto di pensieri, schemi e processi disfunzionali. La non modificazione di tali schemi, a dispetto di evidenze contrarie, è spiegato da errori procedurali e contenutistici che ne “prevengono” l’invalidazione e contribuiscono al mantenimento del disturbo. Nella spiegazione dei disturbi emotivi, dunque, il ruolo giocato dagli eventi esterni non è di tipo causale, bensì personale, idiosincratico, ovvero basato sul sistema di convinzioni e sulle esperienze del singolo soggetto. Ciò che permette di spiegare le reazioni emotive e i comportamenti disfunzionali (leggi: disturbi), è il modo di interpretare gli eventi sulla base dei contenuti e dei processi cognitivi dell’individuo.

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