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IL NODULO TIROIDEO La tiroide è una ghiandola endocrina a forma di farfalla, che si trova nella parte anteriore del collo. Ha due lobi collegati da un sottile istmo. In condizioni normali pesa 30-35 g. Ha la funzione di produrre gli ormoni tiroidei, la tiroxina (t4) e la triiodotironina (t3). Gli ormoni tiroidei svolgono un ruolo importante nella differenziazione, crescita, metabolismo e funzione della maggior parte dei tessuti. Il principale componente della struttura chimica degli ormoni tiroidei è lo iodio, composto che viene introdotto nell'organismo con gli alimenti. L'apporto giornaliero di iodio è normalmente di 50-150 mcg. Quando l'apporto iodico scende al di sotto di questi valori la ghiandola è incapace di produrre un'adeguata quantità di ormoni tiroidei, per un meccanismo di compenso aumenta di volume e successivamente, se l'apporto di iodio scende sotto i 20-30 mcg/die, si manifesta l'ipotiroidismo. Le malattie tiroidee sono varie e possono riguardare la funzionalità, la morfovolumetria o entrambe. Le modificazioni di funzione sono rappresentate dall'ipotiroidismo e dall'ipertiroidismo. Le malattie correlate a variazioni morfovolumetriche sono rappresentate dal gozzo semplice (diffuso aumento di volume senza noduli), dal gozzo nodulare (nodulo unico o noduli multipli, benigno o maligno, normofunzionante o iperfunzionante) e dalle tiroiditi. Il nodulo tiroideo è una tumefazione localizzata della tiroide. Può essere unico o multiplo (Gozzo multinodulare). Solo raramente causa alterazioni della funzionalità tiroidea (Ipertiroidismo). La patologia nodulare della tiroide è molto frequente. Uno studio post-mortem rileva una frequenza di circa il 50%. Gli studi di screening ecografico del nodulo tiroideo riportano incidenze variabili dall'8 al 72% in funzione dell'età, del sesso e dell'area geografica di provenienza dei soggetti esaminati. Uno studio di screening ecografico da me condotto su 1034 soggetti residenti sulla costa tirrenica calabrese rileva un'incidenza della patologia nodulare molto elevata negli adulti, con picchi del 68% nelle donne tra 50 e 60 anni e del 52% negli uomini tra 60 e 70 anni. Fortunatamente solo il 5-10% circa dei noduli tiroidei sono maligni e tra questi oltre il 90% sono curabili. Il cancro della tiroide rappresenta l'1-2% di tutti i tumori umani ed è la malattia tumorale che attualmente sta registrando il maggior incremento nella popolazione di tutte le fasce di età, in controtendenza rispetto all'incidenza della maggior parte delle altre patologie tumorali che sono in continua diminuzione. Negli ultimi 10 anni l'incidenza del cancro alla tiroide è infatti aumentata di circa il 3% su base annua. Il tumore della tiroide si manifesta clinicamente come nodulo tiroideo diagnosticato, nella maggior parte dei casi, nel corso di un'ecografia al collo. La frequenza del cancro nel nodulo singolo varia dal 6 al 20% secondo vari studi. Nel gozzo multinodulare sono riportate frequenze intorno al 10%. I noduli tiroidei sono rari nell'infanzia e la loro presenza deve far sospettare la natura maligna. Un aumento del rischio si ha anche nei noduli che sviluppano dopo i 65 anni. Studi post-mortem suggeriscono la presenza del cancro in oltre il 5% di tiroidi normali alla palpazione. Il sesso riveste un ruolo importante perché, pur se la frequenza del nodulo è maggiore nelle donne, il cancro è più comune nel nodulo che si presenta nel maschio piuttosto che nella femmina. Una storia familiare di cancro tiroideo suggerisce la possibilità di una neoplasia endocrina multipla. QUALI SONO LE CAUSE? Il nodulo prende origine da una proliferazione esagerata di follicoli tiroidei. Le capacità funzionali dei noduli sono differenti secondo il patrimonio enzimatico, geneticamente trasmesso, delle cellule da cui originano. Per cui potremo avere un nodulo iperfunzionante, normofunzionante o ipofunzionante. I fattori che determinano lo sviluppo del nodulo tiroideo, singolo o multiplo, sono complessi. Il TSH è stato implicato nella patogenesi per via del suo ruolo di potente stimolatore della crescita tiroidea. Immunoglobuline stimolanti la crescita sono state implicate, suggerendo una possibile patogenesi autoimmunitaria. La carenza mondiale di iodio rimane un fattore rilevante. L'esposizione a sostanze ionizzanti è anche un fattore di rischio per lo sviluppo di noduli tiroidei benigni o maligni. COME SI MANIFESTA? Un nodulo tiroideo di piccole dimensioni generalmente è asintomatico. Uno o più noduli voluminosi causano l'ingrandimento della tiroide, qualche volta dolore o difficoltà a deglutire; se il nodulo è iperfunzionante il paziente avverte i sintomi classici dell'ipertiroidismo: nervosismo, tremori, iperidrosi, intolleranza al caldo, astenia, perdita di peso, aumento dell'appetito, tachicardia etc. Il nodulo canceroso spesso è più duro alla palpazione, talvolta può essere causa di voce rauca e possono essere presenti linfonodi ingrossati in sede cervicale. QUALI ESAMI EFFETTUARE? Gli esami che ci aiutano a capire meglio la natura del nodulo e la sua funzionalità sono: i dosaggi ormonali e degli autoanticorpi, l'ecografia, la scintigrafia e l'agoaspirato. I dosaggi ormonali (FT3, FT4, TSH) sono utili per valutare il funzionamento tiroideo. Esiste consenso unanime sul fatto che la valutazione di un paziente con riscontro casuale di uno o più noduli tiroidei debba iniziare con il dosaggio del TSH. Il dosaggio degli ormoni tiroidei (FT3, FT4) si rende necessario per definire in modo più completo la funzione tiroidea dopo aver rilevato valori di TSH al di fuori dell’intervallo di riferimento. In caso di ipotiroidismo la riduzione dei valori plasmatici di T4 precede quella della T3, pertanto la presenza di ipotiroxinemia, insieme al valore di TSH elevato, è l’indice più affidabile nella diagnosi di ipotiroidismo. In caso di iperfunzione tiroidea la ipersecrezione può riguardare sia T3 che T4 (esistono forme di T3 tossicosi con T4 nella norma in particolare nel morbo di Basedow). Il dosaggio degli autoanticorpi ( antiperossidasi, antitireoglobulina) serve per escludere una tiroidite autoimmunitaria, che talvolta può manifestarsi con la presenza di noduli. La presenza di anticorpi antiperossidasi può costituire, in caso di terapia radiometabolica, un fattore di rischio per tiroidite secondaria, per evoluzione verso l’ipotiroidismo o verso il morbo di Basedow. Il dosaggio della calcitonina sierica è utile come "marker" umorale di un tumore raro della tiroide, il carcinoma midollare (CMT). Il dosaggio basale o stimolato della calcitonina ha dimostrato una sensibilità superiore all’agoaspirato nella diagnosi precoce del CMT. E' controverso il suo dosaggio di routine nella malattia nodulare. L’elevato numero di falsi positivi è stato responsabile di numerose tiroidectomie inutili. I CMT rappresentano meno del 10% dei tumori tiroidei che a loro volta costituiscono circa il 5% dei noduli tiroidei; pertanto il rischio di CMT nell’ambito dei noduli tiroidei è intorno allo 0.5%. Il test di stimolo con pentagastrina trova ancora impiego in caso di valori di calcitonima > 10 pg/ml soprattutto nelle forme sporadiche di CMT. La diagnostica genetica delle mutazioni del protooncogene RET ha largamente sostituito il test alla pentagastrina nella valutazione delle forme ereditarie di CMT ed è divenuta l’indagine di scelta, riservando la stimolazione con pentagastrina a quei pochi casi famigliari in cui la mutazione non è ancora stata identificata. Il dosaggio della tireoglobulina non è utile per valutare il paziente con noduli tiroidei, ma assume un ruolo importante nel follow-up del paziente operato di cancro differenziato della tiroide. L'ecografia ad alta risoluzione è l'esame principe per lo studio dei noduli tiroidei. E’ una metodica ormai diffusa anche nella pratica ambulatoriale, a basso costo non invasiva, con limitato disagio per il paziente e non associata a somministrazione di radiazioni. L’ecografia può essere effettuata a qualsiasi età ed in qualsiasi periodo della vita fertile. Sempre più spesso l’esame viene effettuato dallo stesso endocrinologo che può essere così orientato sulla opportunità o meno di procedere all’agoaspirato. Essa è in grado di scoprire noduli del diametro di 1-2 mm. Con l'esame ecografico si distinguono i noduli in solidi, cistici e misti. I noduli solidi si differenziano in ipoecogeni, iperecogeni ed isoecogeni. Il carcinoma è più frequentemente solido ed ipoecogeno, ma in uno studio condotto su 1000 pazienti il 6% dei cancri era su noduli di tipo cistico. L'ecografia non è in grado di distinguere con certezza il nodulo benigno da quello maligno, però esistono dei segni ecografici predittivi di malignità: a) noduli ipoecogeni b) noduli con margini irregolari c) noduli con micocalcificazioni d) noduli con diametro antero-posteriore maggiore del diametro longitudinale e)assenza di alone periferico f) presenza di spots vascolari intranodulari caotici. La presenza di uno o più di questi segni orienta l'endocrinologo nella scelta dei noduli da sottoporre ad agoaspirato. L’elastografia è una nuova tecnica che impiega gli ultrasuoni per misurare la rigidità dei tessuti. Permette di differenziare i benigni dai maligni con una sensibilità superiore all'80% e una specificità maggiore del 90%. Associata ad altri strumenti diagnostici, l'elastografia sarebbe utile nel caso in cui l'esame con l'ago aspirato risulti di difficile praticabilità. La scintigrafia tiroidea non rappresenta più un esame di prima scelta nella diagnostica dei noduli tiroidei. Attualmente le sue indicazioni sono essenzialmente tre: 1) Identificazione dei noduli iperfunzionanti (sia solitari che nell’ambito di uno struma multinodulare) soprattutto in vista di una terapia radiometabolica. 2) Identificazione di noduli in sede mediastinica. 3) Identificazione di metastasi da carcinoma tiroideo differenziato. In uno studio condotto su 5.000 pazienti, l'80% dei noduli erano freddi, 10, 5 tiepidi, 5, 5 caldi. Il 16% dei noduli scintigraficamente freddi erano maligni, il 4% dei noduli caldi ed il 9% dei noduli tiepidi. Pertanto, pur essendo utile, la scintigrafia non è in grado di predire la malignità di un nodulo tiroideo. Gli isotopi utilizzati nella pratica quotidiana sono essenzialmente tre: 99Tc, 123I e 131I. Il 99Tc ha una breve emivita, è attivamente concentrato nella tiroide, è a basso costo. Queste caratteristiche ne hanno fatto l’isotopo più utilizzato negli esami diagnostici in Europa. La maggior parte dei noduli caldi evidenziati con il 99Tc sono iperfunzionanti. Una piccola percentuale (3-8%) di noduli caldi con 99Tc sono freddi se valutati con iodio e una discreta percentuale di tali noduli è maligna. Questo problema non si presenta con lo iodio con il quale i carcinomi si presentano di regola come noduli freddi. Lo 131I è dotato di una lunga emivita (8 giorni), espone il paziente ad una maggiore irradiazione rispetto al 99Tc tiroideo e viene pertanto riservato ai casi nei quali si desidera una esatta misura della captazione. Esso viene elettivamente impiegato nella terapia ablativa radiometabolica (m. di Plummer, m. di Graves-Basedow, tumori tiroidei differenziati). Lo 123I ha un’emivita molto breve intermedia tra il 99Tc e lo 131I, ma non è un beta emittente come lo 131I. Ha un costo di produzione molto elevato e deve essere utilizzato subito dopo la sua produzione, per cui viene utilizzato solo in casi selezionati. E’ l’isotopo di scelta nella diagnostica pediatrica e non presenta i problemi di false positività del 99Tc. TAC, RMN e PET: il loro utilizzo nella diagnostica della patologia nodulare tiroidea è alquanto limitato. Esse non presentano alcun vantaggio rispetto all’ecografia nella visualizzazione dettagliata del parenchima tiroideo. La RMN si è dimostrata superiore alla TAC nella definizione dello struma. TAC e RMN, a differenza dell’ecografia, consentono la visualizzazione della componente retrosternale di uno struma e dell’eventuale compressione tracheale. A quest’ultimo riguardo sono superiori alla radiografia della trachea che permette di evidenziare la deviazione del nastro tracheale, ma difficilmente evidenzia la compressione dello stesso. Esse vengono pertanto riservate ai pazienti con sintomatologia dispnoica o sindrome dello stretto toracico sostenuta da struma a prevalente estrinsecazione retrosternale. In uno struma di vecchia data la TAC andrebbe effettuata senza mdc per il rischio di scatenare una tireotossicosi da iodio e questo può limitarne il potere di risoluzione. La TAC e la RMN non sono in grado di differenziare lesioni benigne da lesioni maligne. Assumono invece un ruolo importante nella ricerca di metastasi linfonodali nel follow up dei carcinomi tiroidei. Al contrario la PET con 2 desossi-2 fluoro-D-glucosio ha dimostrato una buona capacità diagnostica sui noduli maligni. In uno studio recente circa il 50% dei noduli tiroidei identificati casualmente nel corso di una PET si sono dimostrati maligni. Il costo eccessivo e la scarsa diffusione dell’apparecchiatura ne limitano l’utilizzo routinario. Attualmente trova spazio solo nella ricerca delle metastasi iodio negative dei carcinomi tiroidei. Infine, l'esame che ci consente di differenziare il nodulo benigno dal carcinoma è la FNAB, dall'inglese "fine needle aspiration biopsy" (Biopsia per aspirazione con ago sottile). La FNAB ha ridotto del 50% il numero delle tiroidectomie e, di contro, ha contribuito ad aumentare la prevalenza dei carcinomi nelle casistiche chirurgiche del 50% circa. Secondo stime americane tale metodica ha contribuito a ridurre i costi della gestione dei pazienti con noduli tiroidei del 25%. La tecnica è relativamente semplice: si tratta di prelevare con una siringa ed un ago sottile qualche goccia di materiale dal nodulo. E' preferibile l'esecuzione dell’agoaspirato sotto guida ecografica. Tale approccio permette di centrare meglio l’area da agoaspirare, di controllare che durante l’aspirazione l’ago non si sposti dal bersaglio e, soprattutto, permette di decidere quale nodulo biopsiare in base non solo alle dimensioni, ma anche alle sue caratteristiche ecografiche. Studi in cui l’agoaspirato è stato eseguito con guida ecografica dimostrano percentuali di campioni adeguati, che vanno dall’84 al 93%. Le linee guida della AACE raccomandano di eseguire l’agoaspirato su tutti i noduli accessibili, non solo su quello di maggiori dimensioni e raccomandano altresì che l’esame venga eseguito dall’endocrinologo quale maggiore esperto nella valutazione delle caratteristiche dei noduli tiroidei. Il paziente non ha bisogno di alcuna preparazione e subito dopo il prelievo può andare a casa. La metodica è quasi esente da complicazioni (la più frequente è rappresentata dalla formazione di un ematoma a livello della zona di aspirazione, che può essere prevenuta dall’applicazione di ghiaccio per alcuni minuti). Riguardo ai pazienti da sottoporre ad agoaspirato, soprattutto in caso di riscontro casuale di un nodulo tiroideo, alcuni autori americani consigliano di agoaspirare solo i noduli palpabili con diametro > /= a 15 mm, a meno che il nodulo non presenti caratteri ecografici sospetti o che il paziente presenti fattori di rischio per carcinoma tiroideo (pregressa irradiazione del collo, famigliarità per carcinomi tiroidei, famigliarità per CMT, aumento volumetrico del nodulo durante il follow up). Se vi è discreto accordo in merito alla necessità di agoaspirare i noduli tiroidei palpabili, è ancora discusso l’atteggiamento da tenere nei confronti dei noduli non palpabili. I criteri ecografici sospetti di malignità sopradescritti possono orientare nella decisione. Si consiglia un diametro minimo di 8 mm (entro i limiti del pT1 della classificazione TNM dei tumori) per la valutazione citologica dei noduli tiroidei non palpabili, raccomandando il follow up ecografico delle lesioni di minori dimensioni. I noduli cistici, che rappresentano dal 10 al 25% delle lesioni nodulari tiroidee, non sempre sono sicuramente benigni. Infatti, come sottolineato sopra, il 6% dei carcinomi tiroidei si riscontra su noduli cistici. Alcuni caratteri ecografici suggestivi di malignità si applicano anche alla porzione solida del nodulo cistico. La valutazione citologica del fluido cistico di solito non è conclusiva. L’aspirazione sotto guida ecografica della porzione solida della cisti generalmente migliora l’accuratezza diagnostica. In conclusione l’esperienza accumulata indica che l’agoaspirato tiroideo è superiore a qualsiasi altra procedura nella diagnostica delle lesioni maligne tiroidee e deve essere quindi integrante dell’iter diagnostico delle lesioni nodulari tiroidee. I diversi quadri citologici che si possono ottenere dall'agoaspirazione di un nodulo tiroideo sono classificati come segue: TIR 1. Materiale insufficiente per diagnosi (in tal caso, l’agoaspirato deve essere ripetuto) TIR 2. Benigno (ivi inclusi tiroidite, nodulo colloide, nodulo iperplastico ) TIR 3. Indeterminato ( neoformazione follicolare ) TIR 4. Sospetto per malignità TIR 5. Maligno ( carcinoma papillare, carcinoma midollare, carcinoma anaplastico, linfoma, metastasi da altri organi ). La frequenza con la quale il materiale raccolto nel corso di agoaspirato tiroideo può risultare insufficiente per diagnosi varia, a seconda delle casistiche, tra il 3% ed il 20% dei casi; è stato dimostrato che la percentuale di inadeguati si riduce se l'agoaspirato viene eseguito con la guida ecografica. COME SI CURA? Nei paesi a carenza di iodio la supplementazione iodica riduce il volume dello struma nelle fasi iniziali, prima che diventi multinodulare. Di contro, la supplementazione iodica può indurre la comparsa di tireotossicosi in caso di noduli autonomi, nei quali la carenza di iodio non permetteva l’espressione dell’alterazione. Pertanto, il trattamento con iodio dello struma multinodulare non è raccomandato. Le opzioni terapeutiche del nodulo tiroideo sono essenzialmente 6: Terapia medica: la L-tiroxina (Eutirox) Terapia chirurgica Terapia Radiometabolica Alcolizzazione percutanea Ablazione Laser Ablazione con Radiofrequenza TERAPIA MEDICA: L'utilizzo della L-tiroxina nella terapia medica dei noduli benigni della tiroide è controverso. L’efficacia della terapia dipende dall’entità della soppressione del TSH e tende a scomparire dopo la sua sospensione con ritorno dello struma al volume originario. Esistono studi controllati randomizzati e diverse meta-analisi in cui si dimostra l’efficacia della tiroxina nel ridurre il volume dei noduli e nel prevenire la formazione di nuove lesioni. Nella maggior parte di questi studi la misurazione della riduzione volumetrica viene effettuata ecograficamente non più palpatoriamente come nei primi studi pubblicati. Nel complesso i risultati positivi con la terapia soppressiva riguardano solo una percentuale di pazienti trattati. In alcuni studi la risposta alla terapia risulta diversa in base alle caratteristiche dei noduli, con maggiore riduzione nei noduli colloidocistici rispetto a quelli iperplastici o fibrotici. La tiroxina è spesso usata nel prevenire la recidiva di struma uni- o multinodulare dopo tiroidectomia subtotale o lobectomia, ma non tutti sono concordi. TERAPIA CHIRURGICA: 1. Nei noduli unici o multipli di grosse dimensioni. In passato si eseguiva spesso la tiroidectomia parziale, ma oggi si preferisce la tiroidectomia totale, sia per il rischio di recidive, sia perchè un reintervento aumenterebbe il rischio di lesione del ricorrente e di ipoparatiroidismo post-chirurgico. 2. Nei noduli sospetti di malignità 3. Adenoma tossico di grandi dimensioni o adenoma tossico in pazienti giovani, in alternativa alla terapia Radiometabolica. TERAPIA RADIOMETABOLICA: Nello struma multinodulare tossico e nell’adenoma tossico rappresenta la terapia di scelta dopo i 40 anni. L’effetto collaterale di maggiore importanza è l’ipotiroidismo, più frequente in caso di associata positività degli anticorpi antitiroide o di captazione del tessuto ghiandolare sano. Questa evoluzione è favorita quando la terapia radiometabolica sia stata preceduta dal trattamento con tireostatici che, riportando il paziente in eutiroidismo, ripristinano la captazione dello iodio da parte del tessuto tiroideo sano. ALCOLIZZAZIONE PERCUTANEA L'alcolizzazione consiste nell'iniezione di alcool etilico nel nodulo. L'alcool ha un'azione citotossica poiché provoca una necrosi coagulativa seguita da fibrosi, ed un'azione trombotica sui piccoli vasi. Nel nostro Istituto abbiamo alcolizzato, dal gennaio 1994 al gennaio 2003, 80 noduli: 25 noduli pretossici, 26 noduli tossici, 17 noduli cistici e 12 noduli solidi freddi. Abbiamo ottenuto una progressiva riduzione di volume del nodulo in tutti i casi. La normalizzazione di FT3, FT4 e TSH e remissione dei sintomi da ipertiroidismo nell' 86% dei noduli iperfunzionanti. Un risultato scintigrafico positivo nel 78% dei noduli caldi. Attualmente, a causa delle frequenti recidive, l'alcolizzazione percutanea è limitata ai noduli cistici che recidivano dopo la prima aspirazione semplice. Tecnica utilizzata nel nostro Istituto: l'alcolizzazione si esegue ambulatorialmente, senza o con anestesia locale, dopo un'attenta valutazione clinica ed ecografica. Materiale necessario: materiale per la detersione e disinfezione della cute; alcool etilico 95%; ago spinale22 G; una siringa da 10 cc. Ecografo dotato di sonda da 7, 5-12 MHz. Il paziente assume il decubito supino con collo iperesteso e capo dritto o lievemente ruotato dal lato opposto al nodulo. Dopo aver deterso e disinfettato la cute, un operatore mantiene la sonda ecografica sul collo e l'altro infigge l'ago nel nodulo, seguendone il percorso sul monitor dell'Ecografo. Una volta visualizzata la punta dell'ago all'interno del nodulo si aspira il liquido in esso contenuto e poi s'inietta lentamente una quantità di alcool etilico pari a 1-6 ml, in rapporto al volume del nodulo ed alla tollerabilità del paziente. Dopo circa un minuto si toglie l'ago mantenendo una leggera pressione nel punto di iniezione per un paio di minuti. Si tiene in osservazione per circa un'ora il paziente e poi si manda a casa. In genere sono sufficienti una o due sedute. Complicanze: fugace dolore nella regione tiroidea, talora irradiato alla regione mandibolare, è stato osservato in tutti i pazienti da noi trattati, quasi sempre di scarsa entità, che non ha richiesto interventi terapeutici. In 4 pazienti si è avuta la comparsa di disfonia, regredita spontaneamente, entro pochi minuti in 3 casi ed entro alcuni giorni in un caso. ABLAZIONE LASER: Metodica sperimentale che permette di ottenere buone riduzioni dei noduli tiroidei mediante necrosi coagulativa indotta dal calore. Indicata in noduli solidi freddi o caldi non maligni. Non indicata nei noduli cistici in quanto le elevate temperature prodotte dal laser determinano formazione di gas all’interno della cisti con creazione di un cono d’ombra che impedisce la visione ecografica del campo di intervento. ABLAZIONE CON RADIOFREQUENZA: Sono trattabili con ablazione RF indotta i pazienti non candidati all’intervento per alto rischio chirurgico e/o anestesiologico, eutiroidei portatori di noduli freddi o ipocaptanti alla scintigrafia, con un pattern solido alla ecografia basale e citologia negativa per malignità dopo FNB ecoguidato, e con sintomi di compressione. La terapia ablativa con radiofrequenza produce una necrosi seguita da riduzione del volume complessivo della zona trattata che viene sostituita da tessuto fibrocicatriziale con conseguente remissione dei segni clinici e dei sintomi legati alla compressione. La riduzione di volume è particolarmente evidente già a trenta-sessanta giorni dopo la procedura ablativa con un miglioramento sensibile se non la scomparsa della sintomatologia compressiva.

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