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DECRETI

Repertorio Atti n. 1605 del 16 gennaio 2003 CONFERENZA STATO REGIONI SEDUTA DEL 16 gennaio 2003 Oggetto: Accordo tra il Ministro della salute, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano relativo agli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine a uso natatorio. VISTO gli articoli 2, comma 2, lett. b) e 4, comma 1 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che affidano a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi tra Governo e Regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune; VISTO lo schema di accordo in oggetto, trasmesso dal Ministero della salute il 13 giugno 2002; VISTA la successiva istruttoria tecnica tenutasi presso la Segreteria di questa Conferenza; VISTO il testo definitivo dell’accordo in oggetto, trasmesso con nota del’11 dicembre 2002 dal Ministero della salute e quanto convenuto nell’odierna seduta di questa Conferenza; RILEVATO che, a seguito delle modifiche apportate al Titolo V della Costituzione, per quanto concerne gli ambiti di competenza dello Stato e Regioni, il provvedimento inerisce alla materia “tutela della salute”, ricadente nella potestà concorrente delle Regioni; ACQUISITO l'assenso del Governo e dei Presidenti delle Regioni e Province Autonome, espresso ai sensi dell'articolo 4, comma2 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; Sancisce il seguente accordo tra il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano CONSIDERATO che si è reso necessario rivedere l’intesa tra Stato e Regioni relativa agli aspetti igienico – sanitari concernenti la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine ad uso natatorio, sancita dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta dell’11 luglio 1991 e pubblicata sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 1995, n. 39, per le difficoltà applicative della stessa e si è ravvisata la necessità di modificarla ed aggiornarla anche in base ai nuovi principi ed indirizzi normativi derivanti dall’emanazione del decreto legislativo 19 settembre 1994, n.626 e successive modifiche, del decreto 18 marzo 1996 del Ministro dell’interno, della norma tecnica UNI 10637 del giugno 1997, dal decreto legislativo. 26.maggio.1997, n.155; VISTE le disposizioni in materia di semplificazione dei procedimenti gli articoli 193 e 194 del Testo Unico delle leggi sanitarie, R.D. 27 luglio 1934, n.1265; il DPR 24.luglio.1977 n.616 e il DPR 22.aprile.1994 n.425, il R.D 18.luglio.1931 n.773 e successive modifiche; RILEVATO il presente accordo, richiama le suddette normative di semplificazione dei procedimenti concernenti il rilascio delle autorizzazione all’agibilità ed allo svolgimento di attività di pubblico spettacolo; Si conviene nei termini sottoindicati: Punto 1) DEFINIZIONE 1.1 Si definisce piscina un complesso attrezzato per la balneazione che comporti la presenza di uno o più bacini artificiali utilizzati per attività ricreative, formative, sportive e terapeutiche esercitate nell’acqua contenuta nei bacini stessi. Punto 2) CLASSIFICAZIONE DELLE PISCINE 2.1 Ai fini igienico-sanitari le piscine sono classificate in base ai seguenti criteri: destinazione, caratteristiche ambientali e strutturali, tipo di utilizzazione. 2.2 In base alla loro destinazione le piscine si distinguono nelle seguenti categorie: a) piscine di proprietà pubblica o privata, destinate ad un’utenza pubblica. Questa categoria comprende le seguenti tipologie di piscine le cui caratteristiche strutturali e gestionali specifiche sono definite da ciascuna regione: a/1) piscine pubbliche (quali ad esempio le piscine comunali); a/2) piscine ad uso collettivo: sono quelle inserite in strutture già adibite, in via principale, ad altre attività ricettive (alberghi, camping, complessi ricettivi e simili ) nonchè quelle al servizio di collettività, palestre o simili, accessibili ai soli ospiti, clienti, soci della struttura stessa. a/3) gli impianti finalizzati al gioco acquatico. b) piscine la cui natura giuridica è definita dagli artt. 1117 e seguenti del Codice Civile, destinate esclusivamente agli abitanti del condominio ed ai loro ospiti. c) piscine ad usi speciali collocate all’interno di una struttura di cura, di riabilitazione, termale, la cui disciplina è definita da una normativa specifica. 2.3 In base alle caratteristiche strutturali ed ambientali le piscine si distinguono in: a) scoperte se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali non confinati entro strutture chiuse permanenti; b) coperte se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali confinati entro strutture chiuse permanenti; c) di tipo misto se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali scoperti e coperti utilizzabili anche contemporaneamente; d) di tipo convertibile se costituite da complessi con uno o più bacini artificiali nei quali gli spazi destinati alle attività possono essere aperti o chiusi in relazione alle condizioni atmosferiche. 2.4 In base alla loro utilizzazione si individuano, nelle varie tipologie di piscine, i seguenti tipi di vasche: a) per nuotatori e di addestramento al nuoto, aventi requisiti che consentono l’esercizio delle attività natatorie in conformità al genere ed al livello di prestazioni per le quali è destinata la piscina, nel rispetto delle norme della Federazione Italiana Nuoto (FIN) e della Fédération Internazionale de Natation Amateur (FINA), per quanto concerne le vasche agonistiche; b) per tuffi ed attività subacquee, aventi requisiti che consentono l’esercizio delle attività in conformità al genere ed al livello di prestazioni per le quali è destinata la piscina, nel rispetto delle norme della Federazione Italiana Nuoto (FIN) e della Fédération Internationale de Natation Amateur (FINA) per quanto concerne i tuffi; c) ricreative, aventi requisiti morfologici e funzionali che le rendono idonee per il gioco e la balneazione; d) per bambini, aventi requisiti morfologici e funzionali, quali la profondità 60 cm, che le rendono idonee per la balneazione dei bambini; e) polifunzionali, aventi caratteristiche morfologiche e funzionali che consentono l’uso contemporaneo del bacino per attività differenti o che posseggono requisiti di convertibilità che le rendono idonee ad usi diversi; f) ricreative attrezzate, caratterizzate dalla prevalenza di attrezzature accessorie quali acquascivoli, sistemi di formazione di onde, fondi mobili, ecc.; g) per usi riabilitativi, aventi requisiti morfologici e funzionali nonché dotazione di attrezzature specifiche per l’esercizio esclusivo di attività riabilitative e rieducative sotto il controllo sanitario specialistico; h) per usi curativi e termali, nelle quali l’acqua viene utilizzata come mezzo terapeutico in relazione alle sue caratteristiche fisico - chimiche intrinseche e/o alle modalità con cui viene in contatto dei bagnanti e nelle quali l’esercizio delle attività di balneazione viene effettuato sotto il controllo sanitario specialistico. Punto 3) CAMPO DI APPLICAZIONE E FINALITA’ 3.1 Le disposizioni contenute nel presente atto si applicano esclusivamente alle piscine della categoria a) aventi tipologie di vasche di cui alle lettere a), b), c), d), e) ed f) del comma 4 del punto 2 e dettano i criteri per la gestione ed il controllo delle piscine, ai fini della tutela igienico - sanitaria e della sicurezza. 3.2 Le Regioni elaborano specifiche disposizioni per la disciplina delle caratteristiche strutturali e gestionali delle piscine della categoria b). I requisiti dell’acqua devono essere quelli previsti all’allegato n. 1 del presente Accordo, contenente i requisiti igienico-ambientali. 3.4 Gli impianti di cui all’art.2 possono essere alimentati con: a) acqua dolce (superficiale o sotterranea), b) acqua marina, c) acqua termale. Gli impianti alimentati con acque termali e marine saranno disciplinati con appositi provvedimenti regionali. Punto 4) DOTAZIONE DI PERSONALE, DI ATTREZZATURE E MATERIALI 4.1 Il titolare dell’impianto individua i soggetti responsabili dell’igiene, della sicurezza degli impianti e dei bagnanti e della funzionalità delle piscine. Le relative figure professionali sono individuate dalle Regioni. L’assistenza ai bagnanti deve essere assicurata durante tutto l’orario di funzionamento della piscina. L’assistente bagnanti abilitato alle operazioni di salvataggio e di primo soccorso ai sensi della normativa vigente, vigila ai fini della sicurezza, sulle attività che si svolgono in vasca e negli spazi perimetrali intorno alla vasca. In ogni piscina dovrà essere assicurata la presenza continua di assistenti bagnanti. 4.2 Nel locale di primo soccorso i presidi di primo impiego e le attrezzature di primo intervento devono risultare completamente disponibili ed immediatamente utilizzabili; le apparecchiature mediche devono essere mantenute sempre in efficienza. Punto 5) CONTROLLI 5.1 I controlli per la verifica del corretto funzionamento del complesso sono distinti in controlli interni, eseguiti a cura del responsabile della gestione della piscina, e controlli esterni, di competenza dell’Azienda Unità Sanitaria Locale. Punto 6) CONTROLLI INTERNI 6.1 Il responsabile della piscina deve garantire la corretta gestione sotto il profilo igienico - sanitario di tutti gli elementi funzionali del complesso che concorrono alla sicurezza della piscina nel rispetto delle indicazioni di seguito riportate. 6.2 I controlli interni vanno eseguiti secondo protocolli di gestione e di auto-controllo: a tal fine iI responsabile della piscina deve redigere un documento, di valutazione del rischio, in cui è considerata ogni fase che potrebbe rivelarsi critica nella gestione dell’attività. Il documento deve tenere conto dei seguenti principi: a) analisi dei potenziali pericoli igienico-sanitari per la piscina; b) individuazione dei punti o delle fasi in cui possono verificarsi tali pericoli e definizione delle relative misure preventive da adottare; c) individuazione dei punti critici e definizione dei limiti critici degli stessi; d) definizione del sistema di monitoraggio; e) individuazione delle azioni correttive; f) verifiche del piano e riesame periodico, anche in relazione al variare delle condizioni iniziali, delle analisi dei rischi, dei punti critici, e delle procedure in materia di controllo e sorveglianza. 6.3 Il responsabile deve garantire che siano applicate, mantenute e aggiornate le procedure previste nel documento di valutazione del rischio. 6.4 Il responsabile deve altresì tenere a disposizione dell’autorità incaricata del controllo i seguenti documenti, redatti secondo opportuni sistemi di controllo possibilmente automatizzati: a) un registro dei requisiti tecnico-funzionali con l’indicazione della dimensione e del volume di ciascuna vasca, il numero e la tipologia dei filtri, la portata delle pompe, il sistema di manutenzione, ecc. b) un registro dei controlli dell’acqua in vasca contenente: b1) gli esiti dei controlli di cloro attivo libero, cloro attivo combinato, temperatura, pH; b2) la lettura del contatore installato nell’apposita tubazione di mandata dell’acqua di immissione, utile al calcolo della quantità di acqua di reintegro; b3) le quantità e la denominazione dei prodotti utilizzati giornalmente per la disinfezione dell’acqua; b4) la data di prelievo dei campioni per l’analisi dell’acqua; b5) Il numero dei frequentatori dell’impianto. 6.5 La documentazione relativa ai controlli e alle registrazioni effettuati dal responsabile è a disposizione dell’Azienda Unità Sanitaria Locale che potrà così acquisire tutte le informazioni concernenti la natura, la frequenza ed i risultati delle analisi effettuate. 6.6 Qualora, in seguito all’auto-controllo effettuato, il responsabile riscontri valori dei parametri igienico - sanitari in contrasto con la corretta gestione della piscina, deve provvedere per la soluzione del problema e/o il ripristino delle condizioni ottimali.Qualora la non conformità riscontrata possa costituire un rischio per la salute il titolare dell’impianto deve darne tempestiva comunicazione all’ Azienda unità sanitaria locale. 6.7 La documentazione di cui ai precedenti commi è a disposizione dell’azienda sanitaria per un periodo di almeno due anni. Punto 7) CONTROLLI ESTERNI 7.1 I controlli ed i relativi prelievi saranno effettuati dall’Azienda unità sanitaria locale secondo criteri stabiliti da ciascuna Regione, sulla base di appositi piani di controllo e vigilanza e secondo modalità e frequenza che tenga conto della tipologia degli impianti esistenti all’interno degli specifici ambiti territoriali, con particolare attenzione ai punti critici evidenziati nei protocolli di gestione e di autocontrollo predisposti dal titolare dell’impianto. 7.2 Qualora l’autorità sanitaria competente accerti che nella piscina siano venuti meno i requisiti igienico-sanitari previsti disporrà affinché vengano poste in atto le opportune verifiche e adottati i necessari provvedimenti per il ripristino di detti requisiti, sino a giungere all’eventuale chiusura dell’impianto. Punto 8) SANZIONI 8.1 In caso di inosservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie formulate dall’autorità sanitaria nei termini fissati, può essere comminata una sanzione al responsabile della piscina secondo criteri e modalità stabilite dalle Regioni. 8.2 Le Regioni adotteranno la disciplina in materia di sanzioni nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale. Punto 9) 9.1 Si conviene, che per quanto riguarda le piscine delle strutture turistico – recettive, campeggi e villaggi turistici, nonché piscine delle aziende agrituristiche a disposizione esclusiva degli alloggiati, le Regioni con propri atti specifici potranno individuare peculiari modalità applicative anche in via transitoria, nel rispetto delle esigenze di sicurezza e di igiene e sanità pubblica. Il Segretario f.to Carpino Il Presidente f.to La Loggia ALLEGATO N.1 1. REQUISITI IGIENICO AMBIENTALI I requisiti igienico-ambientali si riferiscono alle caratteristiche delle acque utilizzate nell’impianto di piscina, alle condizioni termo-igrometriche e di ventilazione, illuminotecniche ed acustiche. 1.1 CLASSIFICAZIONE E REQUISITI DELLE ACQUE UTILIZZATE Le acque utilizzate nell’impianto piscina vengono classificate come segue: •= acqua di approvvigionamento: è quella utilizzata per l’alimentazione delle vasche (riempimento e reintegro) e quella destinata agli usi igienico-sanitari. •= acqua di immissione in vasca: è quella costituita sia dall’acqua di ricircolo che da quella di reintegro opportunamente trattate per assicurare i necessari requisiti. •= acqua contenuta in vasca: è quella presente nel bacino natatorio e pertanto a diretto contatto con i bagnanti. 1.2 REQUISITI DELL’ACQUA DI APPROVVIGIONAMENTO L’acqua di approvvigionamento deve possedere tutti i requisiti di potabilità previsti dalle vigenti normative fatta eccezione per la temperatura. Nel caso l’acqua di approvvigionamento non provenga da pubblico acquedotto, sull’acqua stessa dovranno essere effettuati controlli di potabilità con frequenza almeno annua o semestrale, per i parametri indicati nel giudizio di idoneità dell’acqua destinata al consumo umano, previsti dalla vigente normativa. 1.3 REQUISITI DELL’ACQUA DI IMMISSIONE IN VASCA E DELL’ACQUA CONTENUTA IN VASCA L’acqua di immissione e quella contenuta in vasca devono possedere i requisiti di cui alla seguente tabella A. I requisiti di qualità dell’acqua in vasca devono essere raggiunti in qualsiasi punto. Il controllo all’acqua di immissione sarà effettuato ogni qualvolta se ne manifesti la necessità per verifiche interne di gestione o sopraggiunti inconvenienti. Funghi, lieviti e trialometani saranno verificati su richiesta dell’Azienda Unità Sanitaria Locale. I trialometani vengono accertati secondo criteri e parametri fissati dal Ministero della salute. Per i metodi di analisi si utilizzano quelli previsti per le acque destinate al consumo umano. Il Ministero della salute individuerà ulteriori metodi di analisi. L’acqua delle vasche deve essere completamente rinnovata, previo svuotamento, almeno una volta l’anno e comunque ad ogni inizio di apertura stagionale. 1.4 SOSTANZE DA UTILIZZARE PER IL TRATTAMENTO DELL’ACQUA Per il trattamento dell’acqua in immissione in vasca è consentito l’uso delle seguenti sostanze elencate come disinfettanti, flocculanti e correttori di PH. 1. Disinfettanti - Ozono, - cloro liquido, - ipoclorito di sodio, - ipoclorito di calcio, - dicloroisocianurato sodico anidro, - dicloroisocianurato sodico biidrato, - acido tricloroisocianurico. 2. Flocculanti - solfato di alluminio (solido), - solfato di alluminio (soluzione), - cloruro ferrico, - clorosolfato ferrico, - polidrossicloruro di alluminio, - polidrossiclorosolfato di alluminio, - alluminato di sodio (solido), - alluminato di sodio(soluzione). 3. Correttori di ph - acido cloridico, - acido solforico, - sodio idrossido, - sodio bisolfato, - sodio bicarbonato. Per disinfettanti, flocculanti e correttori di Ph si adotta lostesso grado di purezza previsto per le sostanze da utilizzare per la produzione di acqua per consumo umano. Le sostanze antialghe che possono essere utilizzate sono: - N-alchil-dimetil-benzilammonio cloruro, - Poli(idrossietilene(dimetiliminio)etilene(dimetiliminio)metilene dicloruro) - Poli(ossietilene(dimetiliminio)etilene(dimetiliminio)etilene dicloruro) L’impiego di sostanze non incluse in questi elenchi deve essere previamente autorizzato dal Ministero della Salute. 1.5 PUNTI DI PRELIEVO Acqua di approvvigionamento campione da prelevarsi da apposito rubinetto posto su tubo di adduzione Acqua di immissione in vasca campione da prelevarsi da rubinetto posto sulle tubazioni di mandata alle singole vasche a valle degli impianti di trattamento Acqua in vasca campione da prelevarsi in qualsiasi punto in vasca 1.6 REQUISITI TERMOIGROMETRICI E DI VENTILAZIONE Per le piscine coperte, nella sezione delle attività natatorie e di balneazione, la temperatura dell’aria dovrà risultare non inferiore alla temperatura dell’acqua in vasca. L’umidità relativa dell’aria non dovrà superare in nessun caso il valore limite del 70%. La velocità dell’aria in corrispondenza delle zone utilizzate dai frequentatori non dovrà risultare superiore a 0, 10 m/s e dovrà assicurarsi un ricambio di aria esterna di almeno 20 m3/h per metro quadrato di vasca. Nelle altre zone destinate ai frequentatori (spogliatoi, servizi igienici, pronto soccorso) Il ricambio dell’aria dovrà risultare non inferiore a 4 volumi/h, la temperatura dell’aria dovrà risultare non inferiore a 20°C . 1.7 REQUISITI ILLUMINOTECNICI Nelle sezioni delle attività natatorie e di balneazione l’illuminazione artificiale dovrà assicurare condizioni di visibilità tali da garantire la sicurezza dei frequentatori ed il controllo da parte del personale. Comunque il livello di illuminamento sul piano del calpestio e sullo specchio d’acqua non deve essere in nessun punto inferiore a 150 lux. Nelle altre zone destinate ai frequentatori (spogliatoi, servizi igienici, etc) l’illuminazione artificiale dovrà assicurare un livello medio di almeno 100 lux negli spogliatoi e di 80 lux nei servizi igienici. In tutti gli ambienti illuminati naturalmente dovrà essere assicurato un fattore medio di luce diurna non inferiore al 2%. Deve essere previsto, per possibili sospensioni di erogazione di energia elettrica, l’impianto di illuminazione di emergenza. 1.8 REQUISITI ACUSTICI Nella sezione delle attività natatorie e di balneazione delle piscine coperte, il tempo di riverberazione non dovrà in nessun punto essere superiore a 1, 6 sec, I requisiti acustici passivi ed il rumore generato dall’attività devono far riferimento alla normativa vigente in materia. Requisiti microbiologici Conta batterica a 22° ≤ 100 ufc/1 ml ≤ 200 ufc/1ml Conta batterica a 36° ≤ 10 ufc/1 ml ≤ 100 ufc/1ml Eschericchia coli 0 ufc/100 ml 0 ufc/100 ml Enterococchi 0 ufc/100 ml 0 ufc/100 ml Staphylococcus aureus 0 ufc/100 ml ≤ 1 ufc/100 ml Pseudomonas aeruginosa 0 ufc/100 ml ≤ 1ufc/100 ml Costruzione di piscine e titolo edilizio necessario Dall'orientamento giurisprudenziale all'esame della vigente normativa Dott. Giuseppe Mommo La questione relativa al titolo edilizio necessario per la costruzione di piscine è stata oggetto di dubbi e ha dato luogo in giurisprudenza ad un cospicuo contenzioso di merito ed a qualche decisione di legittimità. La mancanza di una specifica individuazione del manufatto "piscina" nella normativa edilizia primaria (statale) , ha dato luogo ad una situazione di incertezza giuridica. A proposito di incertezza basti dire che ancora in questo periodo, con il condono edilizio in atto che obbliga chi ha eseguito piscine "senza titolo" a dover prendere una decisione, ci sono ditte che prospettano la possibilità di realizzare piscine senza alcuna concessione edilizia o permesso comunale. Può essere quindi utile, per diversi motivi, analizzare la situazione partendo da una verifica circa l'orientamento giurisprudenziale sulla specifica questione del titolo edilizio necessario per la costruzione di piscine. Le decisioni dei giudici di legittimità, intervenute nel recente passato, non possono non costituire il quadro interpretativo di riferimento della vigente normativa, non tanto in merito alla necessità di un titolo (esclusa soltanto da alcuni costruttori), quanto alla dibattuta questione relativa al tipo di provvedimento comunale (autorizzazione, denuncia, permesso) che abilita alla costruzione di tali manufatti. Occorre in primo luogo precisare che la realizzazione di una piscina interrata (a parte la ingannevole pubblicità dei venditori) si inserisce in un contesto giurisprudenziale costante e consolidato secondo cui "sono lavori di costruzione edilizia per i quali occorre la concessione non soltanto quelli di realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo ma anche quelli in tutto o in parte interrati che comunque trasformano durevolmente l'area impegnata" (vedi Cass., Sez. III 25 novembre 1997, n. 10709; 1 giugno 1994, n. 6367; 11 luglio 1983, n. 9377; 22 giugno 1983, n. 9069 ; 3 giugno 1980, n. 10211). Con riferimento specifico alla realizzazione di piscine i giudici della Cassazione Penale hanno recentemente stabilito:"Costituiscono lavori di costruzione edilizia per i quali occorre la concessione non soltanto quelli di realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati e che comunque trasformino durevolmente l'area impegnata dai lavori stessi. (Fattispecie relativa alla realizzazione di una piscina)" (Cassazione Penale Sez. III, 29 novembre 2000, n. 12288). Ancora in un passato più prossimo la stessa Cassazione ha confermato che "costituiscono lavori edilizi necessitanti il preventivo rilascio della concessione (ora sostituita dal permesso di costruire a seguito dell'entrata in vigore del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) non soltanto quelli per la realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati e che trasformano in modo durevole l'area impegnata dai lavori stessi. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto necessaria la preventiva concessione per la realizzazione di una piscina)". (Cassazione Penale Sez. III, sent. n. 26197 del 18-06-2003). Sulla stessa linea la giurisprudenza del Consiglio di Stato: "La costruzione, ancorché interrata, di una piscina costituisce costruzione edilizia soggetta a concessione edilizia". (CSTA - C. Stato, sez. II, 02-05-1990, 1092/89/1990) Stante la situazione prospettata, nessun dubbio dovrebbe sussistere in merito alla necessità del "permesso di costruire" (prima concessione edilizia) per la realizzazione di una piscina a qualsiasi uso adibita in base alla normativa statale, fatte ovviamente salve situazioni particolari per specifiche previsioni della normativa regionale e degli strumenti urbanistici comunali. Guardando al passato si può dire che, nel caso in cui sulla questione sia insorta controversia, la giurisprudenza non ha fatto sconti alle piscine private, per le quali l'obbligo di richiedere il titolo "concessione", si è ritenuto (nella prassi corrente) che potesse essere sostituito dalla "autorizzazione gratuita", in quanto considerate pertinenze di abitazioni. I giudici, infatti, come sarà meglio precisato in seguito, interpretando le norme di favore fatte valere dagli esecutori abusivi, hanno ritenuto necessaria la concessione anche per le piscine private, non soltanto per quelle d'uso comune la cui collocazione avesse riguardato, ad esempio, un centro sportivo frequentato dai soci, oppure l'impianto avesse avuto una destinazione d'uso pubblico e commerciale. A proposito della realizzazione di piscine nei centri sportivi, l'indagine giurisprudenziale evidenzia che si è cercato in qualche caso di ricondurla alla categoria degli interventi di "destinazione di aree ad attività sportive senza creazione di volumetrie" per i quali l'articolo 2, comma 60 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 prevede la facoltà di esecuzione previa mera denuncia di inizio dell'attività ai sensi e per gli effetti dell'art. 2 della legge 24 dicembre 1993, n. 537. La Cassazione ha tuttavia escluso l'applicabilità di tale norma stabilendo che una piscina "non può essere eseguita mediante la mera destinazione di un'area all'attività sportiva del nuoto, ma comporta necessariamente l'esecuzione di lavori di scavo, rivestimento ed installazione di impianti tecnologici" (vedi Cass., Sez. III 22 ottobre 1999, n. 12104). Per quanto riguarda le piscine private, di cui sopra si è fatto cenno, considerate comunemente "pertinenze" di abitazioni, si è ritenuto in molti casi di poter fare riferimento al titolo edilizio "autorizzazione gratuita" (c.d. autorizzazione legittimante) perché, com'è è noto, l'articolo 7 del D.L. 23 gennaio 1982 n. 9, convertito in legge 25 marzo 1982 n. 94, aveva introdotto un regime di autorizzazione gratuita (escludendo quindi la necessità della concessione edilizia e la connessa sanzione penale in caso di inottemperanza) per le "opere costituenti pertinenze al servizio di edifici già esistenti", purché conformi agli strumenti urbanistici vigenti e non sottoposte a vincoli paesaggistici o storico-artistici. Si è ritenuto, quindi, che la suddetta autorizzazione gratuita potesse legittimare le piscine private al servizio di ville ed abitazioni almeno fino a quando anche il Consiglio di Stato ha posto un serio ostacolo (sicuramente ignorato nella prassi o in vario modo aggirato!) stabilendo: "Le piscine non possono essere comprese fra le pertinenze che beneficiano dell'autorizzazione gratuita ai sensi dell'art. 48 l. 5 agosto 1978 n. 457, in quanto non sono necessariamente complementari all'uso delle abitazioni; pertanto, ai progetti di costruzione di piscine non è applicabile l'istituto del silenzio-assenso, previsto dall'art. 7 d.l. 23 gennaio 1982 n. 9 convertito dalla l. 25 marzo 1982 n. 94, nei confronti delle opere costituenti pertinenze, in virtù del cit. art. 48 l. n. 457 del 1978".(CSTA - C. Stato, sez. II, 11-10-1989, 1348/88/1989) Lo stesso Consiglio di Stato ancora recentemente (vedi CdS. 5828/2000 e 6358/2000), dopo aver fornito la nozione generale "civilistica" di pertinenza come bene strumentale posto in un durevole rapporto di subordinazione con altro (principale) preesistente, per renderne più agevole e funzionale l'uso, in modo tale che l'uno sia posto a servizio durevole o ad ornamento dell'altro (cfr.art.817 cod.civ.), ha chiarito che "in materia edilizia, con riferimento all'art.7 del decreto legge n.9/1982, la nozione è stata precisata dalla giurisprudenza, sottolineandosi che ad essa sono riconducibili solo i manufatti, di dimensioni modeste e ridotte (al pari degli impianti tecnici espressamente menzionati) rispetto alla cosa (fabbricato residenziale) cui ineriscono". La nozione di pertinenza edilizia, aggiunge il Collegio richiamando la precedente giurisprudenza "è meno ampia di quella civilistica e va definita sia in relazione alla necessità ed oggettività del rapporto pertinenziale sia alla consistenza dell'opera, che deve essere tale da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio (Cons. Stato sez. V, 27 dicembre 1988 n. 882; Id. 13 ottobre 1993, n. 1041 e 27 maggio 1993, n. 633; Id. 23 marzo 2000, n.1600 )". Quindi, in base alla nozione di pertinenza edilizia, il titolo "autorizzazione gratuita" non poteva considerarsi come legittimante la realizzazione di piscine. A proposito della suddetta autorizzazione gratuita, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire come la normativa di semplificazione, che ha introdotto la denuncia inizio attività (D.I.A) per determinati interventi, non abbia abrogato l'articolo 7 del D.L. n. 9 del 1982 indicativo delle opere soggette ad autorizzazione gratuita. (Cass Sez. III, sent. n. 3746 del 02-02-1998). Per quanto riguarda il titolo edilizio denuncia inizio attività (D.I.A.), come è risaputo, l'articolo 4 del D.L. 5 ottobre 1993 n. 398, convertito in legge 4 dicembre 1993 n. 493 ha subordinato la costruzione di una serie di opere cosiddette "minori" alla previa denuncia di inizio attività (D.I.A). E poi il comma 60 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996 n. 662, già citato, ha confermato questa disciplina purché gli immobili interessati non fossero soggetti a vincoli paesaggistici o storico-artistici e purché fossero oggetto di prescrizioni immediatamente operative di vigenti strumenti di pianificazione e di programmazione. Le norme sopra indicate che riguardano la cosiddetta "denuncia legittimante" (D.I.A.) neppure contengono uno specifico riferimento alle " opere costituenti pertinenze" al servizio di edifici già esistenti, ma soltanto il riferimento agli impianti tecnologici. Per quanto riguarda gli impianti tecnologici l'articolo 4, comma 7, del citato decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, prevede come subordinata alla D.I.A. soltanto la "revisione o installazione di impianti tecnologici al servizio di edifici o di attrezzature esistenti e realizzazione di volumi tecnici che si rendano indispensabili, sulla base di nuove disposizioni" (punto f)). Quindi, neppure la strada della denuncia inizio attività (D.I.A), che pure si è tentato di percorrere per realizzare piscine (soprattutto dopo che l'articolo 7 del D.L. 23 gennaio 1982 n. 9 è stato abrogato dal testo unico dell'edilizia e poi implicitamente dalla legge 443/2001), è stata ritenuta idonea dai giudici, come sostitutiva della concessione. Passando all'esame della più recente e vigente normativa, il testo unico dell'edilizia D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 380, non ha contribuito a definire (chiarendola) una situazione già abbastanza ingarbugliata, perché contiene all'articolo 3 lettera e) una elencazione degli interventi edilizi più vasta ed articolata rispetto al quadro normativo statale in vigore, con un'ampia casistica di interventi classificati come "nuova costruzione" e quindi soggetti al permesso di costruire. Per quanto riguarda le opere soggette a D.I.A., non sono presi in considerazione in modo specifico molti interventi edilizi "minori" di larga diffusione individuati dalla previgente legislazione statale (Leggi n. 94/82, n. 122/89, n. 493/1993, n. 662/96). Peraltro, l'articolo 136 del testo unico dell'edilizia D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 380, ha abrogato l'articolo 4 comma 7 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, annotando che le disposizioni di tale articolo "sono ora contenute negli artt. 7, 13, 20, 21, 22, 23, 29 e 37 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380/2001". E' pur vero che le disposizioni dello stesso articolo 4 abrogato sono state fatte proprie dal comma 6 (lettera a)) della legge 443/2001 il quale elenca le opere che, a scelta dell'interessato, possono essere realizzate, in base a semplice denuncia di inizio attività, in alternativa a concessioni e autorizzazioni edilizie. Sta di fatto che con l'entrata in vigore del testo unico edilizia, avvenuta il 1° luglio 2003, la disposta abrogazione del citato articolo 4 comma 7 (però citato nel testo della legge 443/2001 vigente!), ha fatto sorgere dei dubbi in merito alla possibilità di assoggettare alla denuncia di inizio attività opere di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio, già ragionevolmente (ed esplicitamente) assoggettati a D.I.A. e non a "permesso di costruire" dalla normativa. Tra questi, ad esempio: recinzioni, muri di cinta e cancellate; aree destinate ad attività sportive senza creazione di volumetrie; installazione di impianti tecnologici al servizio di edifici o attrezzature esistenti; realizzazione di volumi tecnici; parcheggi pertinenziali in sottosuolo; demolizioni, rinterri e scavi che non riguardino la coltivazione di cave e torbiere; occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizione di merci a cielo libero. In mancanza di una definizione precisa ed una disciplina adeguata e dettagliata, anche per gli interventi edilizi minori, il combinato disposto delle norme del T.U. (articolo 3 comma 1 lettera e), articolo 6 comma 1, articolo 10 comma 1, e articolo 22 comma 1) sembrerebbe paradossalmente escludere la possibilità di realizzare tali interventi mediante D.I.A.. In conclusione, pensando anche all'immediato futuro, si può affermare che nel quadro delineato dal testo unico edilizia, la realizzazione di piscine a qualsiasi uso adibite (anche quelle "pertinenziali" adibite ad uso privato), in quanto inserite nella casistica degli interventi di nuova costruzione delineata dall'articolo 3 lettera e) sono assoggettate comunque a permesso di costruire. Infatti, possono considerarsi incluse tra le nuove opere di cui all'articolo 3 lettera e.1) che ha ad oggetto "la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati", come nella lettera e.3) che ha ad oggetto "la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato".

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