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Bruno gherri moro


(visibile completo in: //xoomer.alice.it/stmondi/bgm.htm )

BRUNO

GHERRI MORO

di Marco Mondi

Sessant'anni or sono, nel mese d'agosto, Bruno Gherri Moro fece dono di due opere al museo di Castelfranco: un dipinto raffigurante una Testa di donna , con cornice da egli stesso eseguita, e una statuetta di San Francesco d'Assisi in terracotta. Queste furono i suoi primi lavori di cui la nostra comunità venne in possesso. Molti anni dopo, per lascito testamentario, il Comune acquisì d'un sol colpo quelle che probabilmente componevano una cospicua parte dell'eredità del suo studio in città: numerose opere eseguite in vari momenti della sua attività e alcuni lavori di pittori suoi amici come Gino Severini e Filippo De Pisis nonché diversi dipinti antichi (stando all'inventario del lascito attribuiti ad importanti maestri).

Il dono al museo di Castelfranco del lontano 1933, non è certo un pretesto sufficiente per ricordare l'estrosa personalità artistica di Bruno Gherri Moro. Ben più importante di una dimenticata ricorrenza, è un insieme di motivi che lo fanno essere, sotto molti aspetti, un artista conosciuto e sconosciuto allo stesso. Tra i giovani di Castelfranco, se si chiede loro chi era, pochi sanno rispondere: un artista. Al contrario, c'è tutta una generazione di castellani che da sola potrebbe dedicargli un intero libro. Non è difficile scoprirne il perché. Chi l'ha conosciuto non lo può dimenticare e spesso possiede un suo quadro. Agli altri, e ai giovani soprattutto, non è mai stato dato modo di scoprilo. Da anni, molti anni, si parla di una mostra (il Comune gliela deve, non fosse che per il lascito testamentario). Questa mancanza, oltre ad essere un torto alla nostra città, è il peggior danno che si può fare all'artista: nulla è più nocivo all'arte che costruirne la storia solo sui ricordi. Gli svizzeri, per fortuna, che lo hanno adottato a braccia aperte sin dal primo momento che egli scelse il Vallese come seconda patria, continuano con una certa periodicità a dedicargli delle retrospettive. E' di questi giorni, infatti, l'organizzazione di una mostra che dovrebbe toccare le città di Sion, Martigny e Losanna (contemporaneamente verrà fatta un'asta delle sue opere a Basilea e forse pure in altre località elvetiche - potrebbe essere un'occasione per Castelfranco di venire in possesso di ulteriori lavori del maestro, magari anche con l'intervento di qualche ente). Una mostra itinerante che sarebbe potuta giungere anche a Castelfranco, ma che si fermerà oltralpe.

Nelle pubblicazioni straniere fatte sull'artista, si legge di frequente che il museo della nostra città conserva oltre venticinque sue opere. Ma Castelfranco ha il museo che non c'è; a meno che non si considerano opere d'arte le splendide gigantografie esposte alla Casa del Giorgione. Gli antichi greci chiamavano museo il tempio dedicato alle Muse: da noi le nove figlie di Zeus hanno preso il volo per altri lidi. Evidentemente, quello che per le altre città è un orgoglio ed un vanto, nel nostro paese è un lusso, culturale innanzi tutto, di cui non siam capaci. Così le opere di Gherri Moro, come quelle di molti altri artisti, son disperse per i labirinti dei pubblici uffici o, peggio ancora, dimenticate nel fumo dei tetti dei magazzini delle soffitte di Castelfranco. Una mia amica, qualche mese fa, mi face sapere di voler fare la tesi di laurea su Bruno Gherri Moro; allo stesso tempo però mi confessò di quant'è difficile farsene un'idea. Chi, infatti, ne vuole approfondire la conoscenza, si trova di fronte a problemi non semplici, dovuti principalmente alla difficoltà di reperirne i lavori. E' un merito della nostra biblioteca conservare più di cento diapositive delle sue opere, che restano in ogni caso poca cosa per farsi un'idea completa sull'attività dell'artista.

Cerchiamo comunque di vedere chi era questo nostro concittadino che ebbe il merito d'esporre accanto a Modigliani, Picasso, Braque. Un artista importante anche per la ventata d'internazionalità portata nella nostra città.

Bruno Gherri Moro è il primo artista moderno di Castelfranco. Un artista eclettico, ma certamente non provinciale. Nato a Castelfranco il 6 settembre 1899, compì i suoi primi studi tra la nostra città e Mogliano Veneto: La prima guerra mondiale lo spinse fuori d'Italia, nelle schiere della Brigata Garibaldi, portandolo a combattere a Bligny, in Francia. Fatto prigioniero in Belgio, alla fine della guerra, di sua volontà, fece tappa per qualche tempo a Parigi, dove incontrò la vie bohémienne della Montmartre degli ultimi anni del secondo decennio del secolo. La prima formazione artistica, dopo brevi frequenze alla facoltà d'ingegneria dell'università di Padova (abbandonata contro la volontà dei genitori), avvenne sotto la guida del De Stefani alla Reale Accademia di Belle Arti di Venezia. Un ambiente artistico, quello d'allora, fortemente legato ad una cultura figurativa di ascendenza ancora ottocentesca, promulgata dalle prime Biennali, ma che viveva, nelle accese polemiche dei ribelli di Ca' Pesaro e nell'affermazione delle prime avanguardie italiane, ricchi fervori di rinnovamento. E saranno proprio le Biennali di Vittorio Pica, dal 1920, a favorirne l'aggiornamento. Non è da escludere che il giovane Gherri Moro, in quella Venezia accesa dalle polemiche, sia venuto in contatto con personalità come Gino Rossi o Arturo Martini e che, sotto i loro indiretto suggerimento, scoprisse in sé il bisogno di conoscere le avanguardie europee tornando a cercarle là dove esse operavano.

Già nella sosta a Parigi per le feste dell'armistizio, ebbe modo di conoscere, forse introdotto dall'amico Severini (che dal 1906 fece di Parigi la sua patria di elezione), gli ambienti artistici più vivi della capitale francese: Montmartre prima e Montparnasse dopo. E fin dalla fine del 1918, come ricorda Mario Sèrtoli, fece la conoscenza di Amedeo Modigliani al Café des Artistes de la Rotonde a Montparnasse. Comunque sia, la sua formazione artistica si sviluppò al contatto di un milieu culturale ricco e rivoluzionario. Dopo il breve tirocinio accademico, Gherri Moro conobbe direttamente le falangi più moderne dell'arte contemporanea. Il suo mondo artistico, la sua scuola, nel volger di pochi anni divenne subito l'arte moderna, la fucina stessa dell'arte moderna. Questa prima esperienza sarà fondamentale anche quando poco dopo ritornerà in Italia. Egli superò la cultura ottocentesca perché visse e si formò come artista del nuovo secolo. E' un po' quanto è successo al Tintoretto, al Veronese, al Bassano: non sentirono la crisi manieristica perché loro erano manieristi e la loro formazione fu manieristica. Le avanguardie che Gherri Moro conobbe a Parigi (ma sarà l'atteggiamento col quale guarderà ad ogni novità figurativa anche nei decenni successivi) non rappresentarono un punto d'arrivo di un percorso che in qualche modo reagisce al passato, ma il naturale punto di partenza per ricerche nuove, sempre derivate però da personalità di una portata artistica decisamente superiore alla sua. Ed è questo un elemento essenziale per capire la sua poetica. Il suo eclettismo ne è una prova, anche se al tempo stesso un limite: nei suoi dipinti, nelle sue sculture, nei suoi lavori in genere, nulla è più facile che trovarne le fonti ispiratrici; ma egli sa in ogni caso mantenere la sua coerenza cercando di far sue le influenze più diverse personalizzandole. E lo si vede bene, ad esempio, in quelle opere che rappresentano uno dei suoi momenti più alti: nature morte, ritratti o vedute che siano, composte con rapide pennellate dal tocco lirico e sensorio, come nelle opere di Filippo De Pisis delle quali sicuramente sentì il fascino, mostrano, soprattutto nei colori, forti contrasti che lo fanno essere anche più moderno e parigino dello stesso amico ferrarese.

A Castelfranco, tornato nel 1921 secondo alcune fonti, aprì il suo primo studio. Lo stesso anno espose (forse per la prima volta), secondo la documentazione conservata alla biblioteca della Biennale di Venezia, alla Mostra d'Arte Trevigiana assieme a Gino Rossi e Nino Springolo. Alle manifestazioni trevigiane, a cui partecipò sino al 1924, presentò opere pittoriche raffiguranti soggetti veneziani e lagunari, interni, nature morte e ritratti. A Treviso, Venezia (Mostra delle Tre Venezia) e Vicenza (Manipolo) ottenne i suoi primi lusinghieri successi.

Nel frattempo non doveva certo aver perso i contatti con Parigi. Ed è per Parigi, infatti, che partì nel 1925 in compagnia del pittore Mario Venzo, portando con sé numerosi di quei quadri dipinti a Venezia e sulla Laguna. Da questo momento la capitale francese diverrà, sino alla fine degli anni Trenta, la sua nuova patria, non mancando, però, di tornare con una certa regolarità a Castelfranco e in Italia.

Tra le due guerre stabilì il suo studio in Avenue de la Motte-Piequet al n. 3 di Montparnasse e divenne, a tutti gli effetti, artista bohémienne . A Parigi, in poco tempo, riuscì a farsi notare come pittore. L'amicizia con Maurice Utrillo e Camille Mauclair fu fondamentale: furono loro ad incoraggiarlo a continuare a dipingere e lo aiutarono ad allestire la sua prima esposizione personale nel 1926 alla galleria Henri Manuel a Montmartre, presentata in catalogo da Zanmarion, zio di Utrillo. La mostra, nella quale presentò soprattutto opere veneziane , riscosse un certo successo e contribuì notevolmente ad inserirlo nell'ambiente artistico e mondano della città. Come Giorgione, anche Gherri Moro amava musica, poesia e canto, e il suo fare spiritoso e pieno di brio lo fece diventare una vera e propria vedette . Cantò, ballò, suonò, tenne concerti e accompagnò alla chitarra i migliori artisti del palcoscenico dell'epoca: Maurice Chevalier, Joséphine Baker, Suzy Salidor, Licienne Boyer, Serge Lifar, ed altri ancora.

Gli anni di Parigi rappresentarono un momento intenso della sua vita e delle sue esperienze artistiche. Conobbe ed espose con i migliori artisti che operavano in città: Soutine, Chagall, Rouault, Maillol, Arp, Braque, Dufy, Picasso, solo per far qualche nome. Fu amico di poeti e scrittori come Cocteau, Warnod, Radiguet, Geltrude Stein, Marinetti. In compagnia di Derain, di Matisse, di Maillol, di de Chirico prese parte agli incontri della da Paul Fort. Ed è probabilmente sempre a Parigi in questi anni che incontrò Filippo De Pisis, il quale in segno di amicizia gli fece omaggio dedicandogli un elogio in una sua pittura.

Al seguito della fama riscossa negli ambienti artistici, tra il 1926 e il 1927, Bruno Gherri Moro fu tra i pochi privilegiati accettati da M. Citroën per progettare, presso l'ingegnere F. Jacopozzi, la decorazione luminosa della Tour Eiffel: eseguì i bozzetti per Il fulmine, Il fuoco e La cascata d'acqua . Sempre come decoratore collaborò agli allestimenti luminosi dei Magasins du Louvre, di quelli de La Samaritaine, del Cirque d'Hiver, nonché della Notte veneziana sulla Senna .

Il successo parigino di Gherri Moro venne ulteriormente consolidato dalla mostra personale tenuta alla galleria Georges-Petit nel 1929 e, l'anno successivo, dalla partecipazione all'Esposizione di dieci artisti professionisti francesi tenutasi in Avenue Victor-Hugo: egli fu l'unico artista straniero invitato e in quell'occasione riuscì a vendere la totalità delle opere esposte.

Il quarto decennio del secolo lo vide attivissimo come pittore. Partecipò a numerosissime collettive tenute da diverse gallerie e circoli artistici parigini (ma anche di Bruxelles, Dundee, Londra, ecc.) e dal 1931 (sino al 1936), nonostante la severità della giuria, fu accettato al Salon d'Automne e, con meno regolarità, fu presente al Salon des Indépendants. Nel 1932 tenne una grande esposizione personale al Café des Artistes de la Rotonde a Montparnasse, ottenendo molto successo con una cinquantina di quadri raffiguranti ambienti e soggetti veneziani. Con le mostre arrivarono anche i primi premi: così fu per l'Esposizione degli Artisti Italiani di Parigi, quando un suo dipinto fu acquistato per conto del Duce e divise col pittore Ciancelli uno dei cinque premi di mille lire messo a disposizione di Mussolini dalla Confederazione Nazionale dei Sindacati Professionisti e Artisti. L'anno successivo fu invitato all'Esposizione dei Sindacati del Lazio a Roma, nella saletta riservata agli artisti italiani di Parigi, e an­cora la Confederazioni dei Sindacati acquistò una sua opera per conto del Governo Italiano. Partecipò alla mostra della Bevilacqua La Masa di Venezia nel 1934. Il 16 maggio 1935 venne inaugurata l'Exposition Bruno Gherri-Moro alla galleria Carmine di Parigi

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