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Toni piccolotto pittore


Toni Piccolotto pittore

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(da Toni Piccolotto – Vita, Colori, emozioni – L’antologica, 40 anni dopo , catalogo a cura di MARCO MONDI, Castelfranco Veneto, Galleria del Teatro Accademico, 31 ottobre – 28 novembre 2010, Castelfranco Veneto, 2010)

La vocazione, la predisposizione all'arte, si manifesta generalmente sin dai primi anni di vita ed è, e rimane, determinante per il resto della carriera di un artista. Ciononostante, un'importanza altrettanto determinante è data dall'ambiente in cui un artista si forma, cresce e matura. Il primo ambiente è, di norma, quello famigliare. Che esso sia favorevole, indifferente o ostile alla vocazione per l'arte di un bambino o di un ragazzo, è indubbiamente di primaria importanza poiché, di ciò, ne riversa le conseguenze nella sua primissima formazione, talvolta con esiti che si ripercuotono per anni e anni.

Antonio Piccolotto nasce a Lentiai il 24 marzo 1903, primo di otto fratelli. Ben presto mostra spiccate attitudini per il disegno e forte attrazione per i colori. Il padre, facoltoso commerciante di vini e prodotti agricoli, non esita ad assecondarne la vocazione ed è da pensare che, sin da questi anni, la visione delle opere dei Vecellio, del Palma (il Giovane), del Terilli e del Brustolon o, non ultimo, di Luigi Cima, come pure quelle che la tradizione riteneva di Palma il Vecchio, di Pordenone o di Veronese, tutte conservate nella chiesa arcipretale lentianese, sia stata certo la prima a suscitare la sua ammirazione. E non è cosa da poco educare la predisposizione all'arte di un occhio giovanissimo su esempi di opere pittoriche e scultoree d’indubbia qualità. Il paesaggio, le montagne, la natura, poi, della Val Belluna e delle Dolomiti, non potevano che entrare in sinergetica sintonia con quelle primissime esperienze di contatto con l'arte.

Dopo di ciò, di grande importanza per il giovane Toni Piccolotto e per il suo futuro di pittore, è stata la possibilità di potersi recare con una certa regolarità nella vicina Villa di Villa, per seguire gli insegnamenti di Luigi Cima: altra congiuntura, questa, non da poco. Luigi Cima, infatti, non era, e soprattutto non era stato, un pittore di secondo livello. Al contrario, ancora oggi lo si può considerare senza dubbio un maestro; un artista che, nell'ambito del tardo Realismo veneto di fine secolo, aveva dato vita a robusti capolavori di verismo vernacolare e paesaggistico, talvolta velati da una sottile vena allusiva che spingeva un immancabile piglio romantico verso il simbolo e l’evocazione. L’esposizione da pochi giorni inaugurata a Palazzo delle Contesse di Mel, ce lo ripropone come personalità di spicco in ambito veneto. Lo schivo e riservato pittore di Villa di Villa, pertanto, era certo quanto di meglio si potesse trovare in fatto di pittura nel bellunese. Andare nel suo studio e là imparare la tecnica e la “poesia” del dipingere era garanzia per un apprendimento di qualità, solido, capace di far acquisire una conoscenza profonda non di un mestiere, ma di un'arte. In mostra, sono presentate alcune piccole opere di questo periodo iniziale, nelle quali l’impronta del maestro è ben evidente. Se, pur con un bel gioco cromatico della luce, l’interno con mucca (cat. 1) appare formalmente un po’ impacciato, il paesaggio in In Val Beluna (cat. 2), che tanto ricorda le opere di Cima di quegli stessi anni, lo rivela già pittore di un certo talento. Nel suo essere un bozzetto tracciato con veloci e decise pennellate di vibranti colori, il taglio della soluzione compositiva ben funziona e la spazialità descritta si apre in profondità con un degradare armonico che inizia dal filare di alberi sulla sinistra fino a giungere, per alternanza di ritmi cromatici, alle azzurre e alte montagne sulla destra. In modo simile e con un’impostazione costruttiva d’ispirazione quasi mitteleuropea dal sapore vagamente simbolista, il piccolo Studio di verde (cat. 4), lo mostra tanto disinvolto nel seguire gli insegnamenti del suo maestro da farlo sembrare pittore già esperto. Si noti, in tutte queste prime opere, come il giovane Piccolotto usi la materia cromatica, e quindi la luce, con marcato lirismo e quasi con senso musicale: il colore, infatti, dato di tocco o steso di getto, vibra di luce nel descrivere la raffigurazione. L’innato senso di poesia cromatica che caratterizzerà tante sue opere della maturità, infine, ben s’intuisce sin da quella riuscitissima Neve sui tetti (cat. 3) databile intorno al 1920, la quale, pur nel suo essere quasi un monocromo, suscita un profondo senso di riverbero coloristico e fremito atmosferico che emoziona e “impressiona”.

Questi rapidi studi, bozzetti tratti sicuramente dal vero, ci mostrano un pittore inserito in un preciso contesto figurativo. Attraverso gli insegnamenti di Cima, Piccolotto recepisce la pittura veneta di paesaggio di fine Ottocento ma, poiché il suo maestro ben sapeva quanto di nuovo stava succedendo in quegli anni, parte proprio da dove Cima tentava di modernizzarsi. Venezia, per l’entroterra veneto, era sempre stata il principale punto di riferimento sotto tutti gli aspetti, compreso quello artistico. Dal 1895, con l’istituzione della Biennale, « prima apertura dell'arte italiana in uno scenario europeo » (G. Perocco), la città lagunare era diventata ancor di più il luogo dove un artista andava ad attingere e ad aggiornarsi. Nel giro di pochi decenni,

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Cliente: Comune di Castelfranco Veneto | Anno: 2010