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Carlo naya imprenditore della fotografia


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Sezione 8. Carlo Naya imprenditore della fotografia

La fotografia, che è certamente, e prima di tutto, un mezzo espressivo, è altrettanto certamente frutto di ricerche e sperimentazio ni scientifiche, di innovazioni tecnologiche, di conoscenze tecniche, ottiche, chimiche e di capacità produttive. Ed è frutto di un’epoca che, con l’Illuminismo prima ed il Positivismo poi, ne ha permesso l’intuizione, reso possibile lo sviluppo e garantito l’impiego pratico. Ma se andiamo a vedere la sua storia e tutto quanto ha portato alla sua “invenzione”, ci accorgiamo che, se François Arago, che ne pubblicò la notizia della sua scoperta nel 1839, è vero, era fisico ed astronomo, il fisico e chimico Nicéphore Niepce, che la scoprì assieme a Jacques Daguerre, inventore del dagherrotipo, fu stimolato a ciò dalla litografia, mentre l’amico, dapprima pittore, fu poi scenografo teatrale e inventore del diorama; William Henry Fox Talbot, ancora, matematico e fisico inglese, nell’invenzione del negativo fotografico fu spinto dalla sua incapacità di ritrarre a disegno l’incantevole paesaggio del lago di Como. Se poi ci spingiamo più indietro nel tempo, scopriamo che tra i precursori, in un certo senso, dell’impiego della “fotografia” attraverso l’utilizzo della camera ottica troviamo Vermeer e Canaletto, e che Leonardo stesso si servì della camera obscura , della quale nel Cinquecento Giovanni Battista Della Porta ne consigliava l’utilizzo a coloro che praticavano il disegno e pittura. Dopo la sua scoperta, si servirono della fotografia (ed alcuni furono anche fotografi) pressoché tutti i più grandi pittori, da Courbet a Corot a Manet, da Degas a Duchamp o, da noi, da Fattori a Michetti a Ciardi, da Marius Pictor a Segantini a Fortuny, da Balla ai Futuristi. Inutile dire quanto essa sia determinante oggi in ogni campo artistico. Dall’altro lato, tutti i grandi fotografi sono stati, e sono, artisti, poiché la fotografia è un genere artistico; ma ogni artista, l’abbiamo oramai visto, è anche un imprenditore e la fotogra fia, nello specifico, sembra avere nella sua natura un legame con il mondo del lavoro più accentuato degli altri generi espressivi.

Si sa che i primi a sfruttare in tutte le loro possibilità pratiche e di impiego ogni innovazione tecnologia e scoperta scientifica, sono gli imprenditori: un’azienda, che non si sa aggiornare a ciò per stare a passo con i tempi, è un’azienda destinata a durare poco, anche quando, in controtendenza a tutto questo, voglia mantenere una produzione qualitativa basata su vecchi od antichi procedimenti, in quanto, nella sua gestione, dagli acquisti alle vendite, dalla promozione della sua merce a quella della propria immagine, non può certo rinunciarvi. La fotografia, come mezzo espressivo e di comunicazione in continuo sviluppo tecnologico, è oggi più che mai indispensabile ad ogni azienda e per certi impieghi aziendali è di continuo usata proprio per le sue valenze artistico-divulgative. Un fotografo è quindi un imprenditore; un imprenditore al servizio dell’arte, se ricerca, come dovrebbe sempre, la qualità, o un imprenditore a servizio di altre attività imprenditoriali.

Giuseppe Vanzella, che per noi ha già curato l’anno scorso un’importante mostra sui primissimi scatti fotografici a Venezia, nel suo eccellente scritto che segue, ci presenta la figura del fotografo Carlo Naya (Tronzano Vercellese, 1816 – Venezia, 1882) tanto come artista quanto come imprenditore, che egli non esita a definire industriale. Da imprenditore, in pieno Ottocento a Venezia, Carlo Naya ha dato vita ad uno stabilimento fotografico che poteva considerarsi il più importante del Veneto e uno dei maggiori in Italia; e come imprenditore, cosciente che la qualità del prodotto è essenziale per il successo aziendale, s’è messo a disposizione dell’arte facendo le prime, vere, importanti campagne fotografiche del nostro patrimonio storico ed artistico, sostituendo definitivamente la fotografia alla stampa nel suo ruolo secolare di mezzo di documentazione e divulgazione del fatto artistico, poiché certo la fedeltà riproduttiva della fotografia era ine guagliabile: in questo modo, egli contribuì in maniera determinante anche allo sviluppo della storia dell’arte intesa in senso moderno. Come artista della fotografia, i suoi scatti ci testimoniano la sua capacità d’ispirarsi e d’affiancarsi ai grandi movimenti figurativi dell’epoca, senza cadere, come altri sui colleghi hanno fatto, a far sì che la fotografia, per fare arte, dovesse imitare per forza la pittura: nelle riprese di città, e di Venezia in modo particolare, egli indubbiamente non poté prescindere dagli esempi del vedutismo settecentesco, ma il silenzio e la melanconia nostalgica che traspare da certi suoi lavori fanno delle sue opere vere icone del Romanticismo veneto; su questa base, il suo obiettivo talvolta diventa di una lucidità sorprendente

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Cliente: | Anno: 2009