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La fabbrica fontebasso: una manifattura artistica trevigiana di grande successo nazionale ed interna


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Sezione 6. La Fabbrica Fontebasso: una manifattura artistica trevigiana di grande successo nazionale ed internazionale

La fabbrica di ceramiche Fontebasso s’inserisce nel contesto dell’epoca come un esempio di quella inarrestabile evoluzione in atto verso la contemporaneità che, già nel Settecento, stava dando un nuovo, ulteriore impulso ad una classe imprenditoriale oramai sempre più protagonista dello sviluppo socio-culturale veneto.

L’origine dell’interesse della famiglia Fontebasso per la ceramica a Treviso risale probabilmente ai primi anni del XVIII secolo. Nel 1760 Giovanni Fontebasso ristrutturò l’azienda famigliare trasformandola in una vera e propria fabbrica e verso la fine del secolo la ditta, in notevole espansione, si trasferì nella sua sede storica, in quella cosiddetta “contrada boccaleri” dove sin dal Medioevo risulta vi fossero attività artigianali di questo genere. è l’inizio di un successo destinato a durare nel tempo fino ai nostri giorni, impossibile da ripercorrere in pochi tratti, e che vide subentrare nella conduzione dell’azienda, subito dopo la metà del XIX secolo, un gruppo di importanti famiglie trevigiane le quali, costituendo una delle prime società per azioni italiane, portarono la Fontebasso ad essere la terza azienda del settore a livello nazionale, capace di dar lavoro a centinaia di persone.

Grazie alla sensibilità e alle capacità imprenditoriali di Andrea Fontebasso, a cavallo tra Sette e Ottocento, l’azienda incontrò uno dei suoi momenti più proficui sia per la levatura artistica della produzione che per quantità, ottenendo significativi riconoscimenti, come quello della Casa Imperiale d’Austria e, successivamente, quello di Casa Savoia. Sin da allora, nelle scelte stilistiche dei manufatti da realizzare, di grande importanza fu il sapersi ispirare a fonti diverse per garantire una produzione destinata a conquistare mercati sempre più vasti, locali, nazionali e stranieri. Accanto ad una iniziale produzione in maiolica, economicamente vantaggiosa, e in porcellana, la Fontebasso trovò nell’impiego della terraglia ad “uso Inghilterra”, che aveva costi di produzione molto bassi e notevoli risultati qualitativi, la sua vera fortuna imprenditoriale, realizzando opere che si posero in concorrenza (ma, nelle reciproche influenze ed inevitabili imitazioni, talvolta anche in collaborazione) con quelle di Wedgwood, ad esempio. A tal riguardo, alcune fonti raccontano che lo stesso Josah Wedgwood abbia visitato la fabbrica trevigiana riportandone “animo, intendimenti e colori”. La decorazione, poi detta all’inglese, che prevedeva il riporto sul manufatto di paesaggi o vedute panoramiche di vario genere, fu una specialità della Fontebasso per la quale aveva studiato particolari tecniche innovative di lavorazione, grazie alle quali la pittura era stesa sotto vernice a fondo colore (generalmente monocroma in seppia, verde pastello o blu) con il metodo del “trasporto a stampa”: l’incisione fatta su lastra di rame con vari soggetti, veniva spalmata di colore ceramico che, per effetto di pressatura, si trasferiva su un foglio di carta speciale a sua volta applicato alla stoviglia in biscotto (cioè la terraglia dopo la prima cottura) che ne riceveva il decoro per venire successivamente verniciata e ricotta una seconda volta ad alta temperatura per dare la necessaria protezione indelebile.

La produzione, quindi, richiedeva complesse fasi di lavorazio ne seriale e manuale, nonché il bisogno di avere pratici e funzionali forni di cottura. Doveva, pertanto, avvalersi di maestranze abili e preparate, alle quali faceva capo una persona dotata di particolari abilità artistico-esecutive e di conoscenze culturali sufficienti per dirigere le scelte produttive nelle tipologie, nei soggetti, nelle forme e negli stili: di fondamentale importanza, infatti, ai fini della vendita, assieme a qualità esecutiva, leggerezza e praticità d’impiego, doveva essere il saper cogliere ed interpretare le tendenze artistiche, i gusti, le mode e le esigenze estetiche preferite, di momento in momento, da una clientela assai vasta tanto per estrazione sociale quanto per appartenenza territoriale. Come tante altre manifatture, la Fontebasso in modo particolare seppe sempre adeguarsi a questi cambiamenti e a tale scopo si servì talvolta di artisti e di maestranze che potevano giungere anche da altre manifatture che, come quelle di Nove e di Venezia, incapaci di adeguarsi alle nuove tecniche produttive, furono costrette a chiudere: da Nove, ad esempio, arrivò Gaetano Negrisolo, il maggiore e più raffinato pittore avuto dalla Fontebasso (per garantire sempre una elevata qualità produttiva, l’azienda continuò sin nel Novecento a far ri corso ad artisti, e basti ricordare Arturo Martini, che qui “impa stò” le sue prime creazioni, o Cacciapuoti). Guardando le opere che ci sono giunte, si possono allora cogliere le raffinatezze della fine del Settecento, dove talvolta alcuni inserti pittorici a carattere paesaggistico sembrano rimembrare le opere del Bison, quelle dei primi anni dell’Ottocento, quando il Neoclassicismo e soprattutto la genialità del Canova

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Cliente: | Anno: 2009