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Diagnosi del diabete

ESISTONO DIFFERENTI TIPI DI DIABETE:

1. DIABETE TIPO 1

2- DIABETE TIPO 2

3- DIFETTI GENETICI DELLA FUNZIONE BETA CELLULARE

4- DIFETTI GENERICI RELATIVI ALL'AZIONE INSULINICA

5- DIABETE CAUSATO DA PATOLOGIE PANCREATICHE

6- DIABETE CAUSATO DA ENDOCRINOPATIE

7- DIABETE IATROGENO

8- DIABETE CAUSATO DA INFEZIONI

9- SINDROMI DIABETICHE

10- SINDROMI GENETICHE

11- DIABETE MELLITO GESTAZIONALE

Diabete di tipo 1

la forma di tipo 1a ha un'eziologia che si costituisce con il passare del tempo:

  • Predisposizione genetica, fra i vari geni responsabili quello localizzato nella regione HLA del cromosoma 6
  • Stimolo immunologico

Questa fase, nota come luna di miele, dura per alcuni mesi, dopodiché i sintomi si presentano nuovamente e permangono stabilmente dando luogo, definitivamente, allo stato di diabete. La spiegazione di questo fenomeno è da ricercarsi nell'iperproduzione compensatoria di insulina da parte delle cellule β.

Diabete di tipo 2

Il diabete di tipo 2 ha una eziologia multifattoriale, in quanto è causato dal concorso di più fattori, sia genetici che ambientali.

Il riscontro di DM di tipo 2 è molto spesso casuale nel corso di esami di laboratorio a cui il paziente si sottopone per altri motivi, questo perché la patologia si instaura molto lentamente e occorre molto tempo prima che la sintomatologia possa divenire clinicamente manifesta; d'altro canto in molti pazienti sintomi di iperglicemia e glicosuria non compaiono mai.


I fattori causali responsabili (eziologici) provocano la malattia attraverso il concorso di due meccanismi principali (patogenesi): l'alterazione della secrezione di insulina e la ridotta sensibilità dei tessuti bersaglio (muscolo, fegato e tessuto adiposo) alla sua azione (insulino-resistenza).
Difetti della secrezione di insulina sono presenti non solo nei pazienti diabetici di Tipo 2, ma molto spesso anche nei gemelli sani e nei familiari di primo grado; in questi ultimi è stata rilevata frequentemente anche resistenza all'insulina. Si pensa pertanto che il diabete Tipo 2 sia preceduto da una fase prediabetica, in cui la resistenza dei tessuti periferici all'azione dell'insulina sia compensata da un aumento della secrezione pancreatica di insulinica (iperinsulinemia). Soltanto quando si aggravano sia i difetti di secrezione insulinica sia l'insulino-resitenza (in seguito all'invecchiamento, alla obesità, all'inattività fisica o alla gravidanza), si renderebbe manifesta prima l'iperglicemia post-prandiale e poi l'iperglicemia a digiuno.
L'obesità viscerale (o centrale) riveste un ruolo di primo piano nello sviluppo della resistenza all'insulina. Il tessuto adiposo è, infatti, in grado di produrre una serie di sostanze (leptina, TFN-α, acidi grassi liberi, resistina, adiponectina), che concorrono allo sviluppo della insulino-resistenza. Inoltre nell'obesità, il tessuto adiposo è sede di uno stato di infiammazione cronica a bassa intensità, che rappresenta una fonte di mediatori chimici, che aggravano la resistenza all'insulina. Di conseguenza, i markers di infiammazione, come interleuchina 6 e proteina C-reattiva, sono spesso elevati in questo tipo di diabete.

Fattori di rischio

L'esistenza di una predisposizione genetica è suggerita dal fatto che, nel caso di gemelli, il diabete Tipo 2 è presente in entrambi in una elevatissima percentuale, molto superiore rispetto a quanto accade per il diabete di Tipo 1. Probabilmente intervengono difetti a carico di più geni (malattia poligenica) coinvolti nella produzione di insulina e nel metabolismo del glucosio; il tipo di deficit varierebbe da un paziente all'altro, dal momento che fino ad oggi non è stato possibile identificare anomalie genetiche comuni a tutti i pazienti di Tipo 2.

Tra i fattori di rischio si riscontrano:

  • Obesità (BMI maggiore o uguale a 25 kg/m2 per il DM2)
  • Inattività fisica.
  • Ipertensione (maggiore o uguale a 140 mmHg)
  • Colesterolo HDL (minore o uguale a 35 mg/dl)
  • Trigliceridi (maggiori o uguali a 250 mg/dl)

Anche l'età favorisce la comparsa del diabete, poiché essa si accompagna ad una riduzione fisiologica della sensibilità dei tessuti periferici all'insulina.

Differenze DM1 DM2
Età iniziale minore di 30 anni Sopra la terza decade
Obesità Non si presenta alcuna associazione Costituisce fattore di rischio
Livelli plasmatici di insulina endogena Irrilevanti Varia a seconda dell'insulina (resistenza - difetto di secrezione), può essere elevata
Rapporto con antigeni HLA-D SI NO
Rilevazione di anticorpi anti-insulae SI NO
In terapia efficacia dei farmaci ipoglicemizzanti orali L'iperglicemia non diminuisce Inizialmente si hanno effetti sull'iperglicemia
Rapporto con gemelli elevato (50% dei casi) quasi totale (90% dei casi)


  • Disturbi del sonno, che favoriscono l'insorgenza della forma 2.

Metabolismo del glucosio

Il glucosio rappresenta la più importante fonte di energia per le cellule del nostro organismo e proprio per questo, oltre ad essere utilizzato immediatamente, viene anche immagazzinato in riserve di glicogeno. Il glucosio, dunque, dal sangue (nel quale viene disciolto dopo il processo di digestione degli alimenti) deve essere trasportato all'interno delle cellule per essere utilizzato e immagazzinato.

L'insulina è il principale ormone che regola l'ingresso del glucosio dal sangue nelle cellule (principalmente le cellule muscolari e adipose; non nelle cellule del Sistema Nervoso), il deficit di secrezione insulinica o l'insensibilità alla sua azione sono proprio i due meccanismi principali attraverso cui si espleta il DM. La gran parte dei carboidrati nel cibo viene convertita entro un paio di ore in glucosio. L'insulina è prodotta dalle cellule β del pancreas come esatta risposta all'innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue (per esempio dopo un pasto), le cellule β del pancreas sono infatti stimolate dagli alti valori di glicemia e inibite dai valori bassi.

Se la disponibilità di insulina è insufficiente (deficit di insulina) o se le cellule rispondono inadeguatamente ad essa (insulinoresistenza) o se l'insulina prodotta è difettosa, il glucosio non può essere efficacemente utilizzato dal nostro organismo: la conseguenza di ciò è di uno stato di carenza di glucosio con elevati valori di glicemia (di glucosio ce n'è in abbondanza nel torrente sanguigno ma non può essere utilizzato).

Quando la glicemia a digiuno supera i 126 mg/dl si parla di DM , mentre per valori compresi tra 101 e 125 mg/dl si parla di " alterata glicemia a digiuno " (fattore di rischio per la futura comparsa di DM). Il glucosio compare nelle urine (glicosuria) per valori di glicemia maggiori di 180/200 mg/dl.

Resistenza all'insulina

La ridotta capacità dell'insulina di agire in maniera efficace sui tessuti bersaglio (muscoli e fegato) è la caratteristica principale del DM di tipo 2. Si tratta di una resistenza "relativa" in quanto livelli sovrafisiologici di insulinemia provocano una normalizzazione della glicemia. Si ritiene che questo tipo di resistenza sia dovuto a difetti post-recettoriali, per la precisione sembra coinvolto il gene IRS-1, indispensabile per la sintesi delle proteine IRS coinvolte in una serie di vie metaboliche che in ultima istanza promuovono l'ingresso del glucosio nelle cellule diminuendo così la glicemia.

La resistenza cronica all'insulina è definita come un fabbisogno giornaliero di insulina superiore a 200 Ui per parecchi giorni in assenza di infezione o chetoacidosi.
Le cause più comuni sono rappresentate dall'obesità e da anticorpi antinsulina di tipo IgG. La conseguenza più importante è il mancato controllo della glicemia.
In quasi tutti i pazienti diabetici, entro i 60 giorni dall'inizio della terapia insulinica, si sviluppano anticorpi. Si pensa che il loro legame all'insulina sia la causa più importante di severa resistenza, ma la correlazione fra il titolo anticorpale e la resistenza non è sempre stretta.

Studi recenti individuano come una precoce terapia insulinica possa scongiurare una progressione delle due forme di diabete, per questo l'assunzione di zuccheri deve essere diminuita.

Alterazioni della secrezione insulinica

Nel momento in cui si instaura una insulino-resistenza si ha inizialmente un aumento compensatorio di secrezione di insulina (iperinsulinemia) da parte delle cellule β pancreatiche, tuttavia la patologia ha un decorso ingravescente che porta a una vera e propria insufficienza dei meccanismi di compenso. Nella patogenesi del progressivo deficit della secrezione insulinica hanno un ruolo determinante la necrosi e l'apoptosi della cellule beta, alle quali concorrono la dislipidemia (lipotossicità) e la iperglicemia cronica (glucotossicità), attraverso meccanismi biochimici complessi, che, tra l'altro, provocano un aumento della produzione di radicali liberi (stress ossidativo), un disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa mitocondriale e alterazioni del reticolo endoplasmatico (stress reticolare).

Aumento della produzione epatica di glucosio

Come si vedrà in seguito, il DM provoca un aumento di corpi chetonici in circolo, ciò metabolicamente equivale allo sviluppo di una ingannevole condizione di "digiuno cronico" (anche se il paziente si nutre normalmente): in condizioni di digiuno si assiste a un aumento della glicogenolisi (liberazione di riserve glucidiche) e gluconeogenesi (sintesi ex-novo di glucosio). Tutto ciò provoca un ulteriore peggioramento dello stato di iperglicemia.

Clinica

Segni e sintomi

Fra i sintomi e i segni si riscontrano:

  • Iperglicemia
  • Dispepsia
  • Poliuria
  • Polidipsia (secondaria alla poliuria),
  • Polifagia paradossa (il paziente mangia molto ma dimagrisce), spesso il sintomo di esordio è costituito dalla chetoacidosi diabetica, presente soprattutto nella forma di tipo1;
  • Perdita di peso
  • Nausea
  • Vomito
  • Senso di fatica, irritabilità.
  • Astenia
  • Cefalea
  • Parestesie
  • Ulcere cutanee
  • Necrobiosis lipodica diabeticorum
  • Acantosi nigricans
  • Xerodermia
  • Prurito

La forma 2 sovente è asintomatica, non presenta alcun sintomo.

Criteri Diagnostici

Per confermare un sospetto clinico di DM, è necessario che sia soddisfatto uno dei seguenti criteri varati dall'OMS

  • glicemia a digiuno superiore o uguale a 126 mg/dl (o 7 mmol/l);
  • glicemia superiore a 200 mg/dl (o 11, 1 mmol/l) 2 ore dopo aver assunto per os 75 g di glucosio ( test di tolleranza al glucosio );
  • glicemia random maggiore o uguale di 200 mg/dl (o 11, 1 mmol/l).

La positività a uno dei suddetti test va confermata con l'esecuzione di almeno un altro dei due rimanenti, questo per porre con certezza pressoché assoluta diagnosi di DM.

L'emoglobina A1 non è considerato un test diagnosco sufficiente.

Complicanze

Complicanze acute metaboliche
Esame del fundus oculare in un paziente affetto da retinopatia diabetica

Chetoacidosi diabetica

Si tratta di una concentrazione eccessiva di corpi chetonici nel sangue dovuta alla carenza di insulina e al conseguente eccesso di glucagone tipica del DM di tipo 1 e scatenata da forti stress (infezioni, traumi, interventi chirurgici). In condizioni normali i trigliceridi vengono immagazzinati nelle VLDL (particolari lipoproteine con funzione di trasporto); nelle condizioni di digiuno e di eccesso di glucagone accompagnato a deficit di insulina si attiva la via di formazione dei corpi chetonici: il passaggio di questi nel sangue è alla base dell'acidosi metabolica (fino a valori di pH prossimi a 7, 0) che si può sviluppare nei pazienti affetti da DM. Presenti: livelli molto elevati di iperglicemia ( tra i 500 e i 700 mg/dl) e glicosuria con notevole disidratazione, dolori addominali, anoressia, vomito, nausea. In questa fase non va commesso un errore molto comune: pensare di trovarsi di fronte a una patologia gastroenterica e conseguentemente sospendere la somministrazione di insulina. Ciò potrebbe portare il paziente a una condizione di coma chetoacidosico potenzialmente mortale. Inoltre anche l'eccesso di cortisolo, o l'ormone della crescita o similare, può portare a tale complicanza.

Stato iperosmolare iperglicemico

Caratteristico del DM di tipo 2, si osserva per lo più in pazienti anziani nei quali la condizione diabetica è aggravata da eventi ricorrenti (per es. infezioni o ictus cerebrale) e la capacità di bere è menomata così da rendere impossibile il compenso della diuresi osmotica. Sintomi: stato confusionale fino a coma e, se non trattato, morte (che comunque sopraggiunge anche nella metà dei pazienti tempestivamente trattati). Sempre presente glicosuria abnorme (sopra i 1000 mg/dl).
La chetoacidosi è assente, perché forse la concentrazione di insulina nella vena porta è sufficientemente alta da prevenire la piena attivazione della chetogenesi epatica. I livelli sierici degli acidi grassi liberi sono generalmente più bassi che nella chetosi del DM I. Nella terapia di tale forma di coma occorrono parecchi litri di soluzioni saline isotoniche, seguiti da ipotoniche e poi da soluzioni glucosate al 5%, quando la glicemia raggiunge livelli normali. Anche l'insulina è necessaria, ma a dosi più basse rispetto al coma chetoacidosico del DM I.

Aspetto microscopico di un glomerulo in corso di glomerulosclerosi diabetica

Complicanze a lungo termine
  • Macroangiopatia diabetica : tendenza a sviluppare più precocemente e più intensamente di fenomeni di aterosclerosi, l'eccesso di glucosio nel sangue favorisce la glicazione (che, a differenza della glicosilazione, è un processo non enzimatico) delle lipoproteine a bassa densità (LDL) che è alla base dell'aterosclerosi;
  • Ulcera diabetica : frequente lo sviluppo di piaghe in prossimità degli arti inferiori dovuto a sfregamenti (es. scarpe troppo strette), per questo il diabetico deve curare moltissimo la propria igiene.
  • Malattia di Dupuytren
  • Sindrome del tunnel carpiale
  • Glaucoma

Complicanze cardiache

I pazienti diabetici possono per via dell'elevata glicemia e insulinemia nel sangue mostrare l'aterosclerosi, con manifestazioni molto pericolose dall'angina pectoris, ad ictus a infarto del miocardio, per ridurre il irschio non è sufficiente controllare i glicredi.

Microangiopatia

Sno 3 le forme più famose e importanti di complicanza del diabete mellito:

  • nefropatia diabetica, affligge il rene
  • retinopatia diabetica, affligge la retina
  • neuropatia diabetica), affligge il sistema nervoso periferico

Nefropatia diabetica

Causa sovente l'insufficienza renale, la malattia di base non si mostra fino a quando si riscontra o l'insufficienza o la sindrome nefrosica.

Retinopatia diabetica

Complicanza visiva molto pericolosa, comporta negli adulti la perdita totale della vista, l'esame del fondo oculare è l'unico esame per comprendere il suo manifestarsi che può essere lento o rapido.

Neuropatia diabetica

Esistono diverse forme di neuropatia che si possono mostrare.

Trattamento

Le linee guida per attuare una razionale terapia in caso di DM non complicato prevedono l'adozione da parte del paziente di uno stile di vita (dieta ed esercizio fisico) adeguato e funzionale al trattamento farmacologico impostato.

Senza voler prescindere dall'importanza di una dieta con apporto limitato di zuccheri semplici, studi recenti individuano come una precoce terapia insulinica possa scongiurare una progressione del diabete di tipo 2 in una percentuale maggiore che non gli ipoglicemizzanti orali.

Naturale

Molti studi hanno evidenziato l'importanza del cambiamento dello stile di vita nelle persone affette da diabete mellito, inoltre sembra che l'allattamento al seno riduca la possibilità di sviluppare il diabete da adulti.

Dieta

Un regime dietetico in cui i rapporti tra carboidrati, proteine, acidi grassi saturi e insaturi siano ben controllati è fondamentale affinché la terapia farmacologica riesca a controllare efficacemente la glicemia.

  • Contrariamente a quanto avveniva in passato, non si prescrivono più regimi nutrizionali ipoglucidici, ma si ritiene che l'apporto di carboidrati debba costituire il 50-55% del totale giornaliero di calorie, l'apporto di grassi circa il 30% (cercando di ridurre i grassi saturi a meno del 10%) e l'apporto proteico intorno al 10-20% (non più di 0, 8-1 gr/kg/die).
  • L'alcool va assunto in quantità modesta se il paziente è ben compensato; è assolutamente sconsigliato nei pazienti in sovrappeso, con livelli di glicemia non ottimali nonostante la terapia, nei pazienti con ipertrigliceridemia.
  • Ultimamente si è dimostrato che le fibre, in quantità di 20-30 gr/die, sono utilissime nel controllo glicemico, dei trigliceridi, del peso corporeo attraverso un aumento del senso di sazietà. Un diabetico deve quindi incrementare l'assunzione di frutta, verdura e cereali (soprattutto integrali).
  • Esercizio fisico

    Il diabetes prevention program, (DPP, letteralmente il programma di pervenzione del diabete) ha dimostrato che un modesto esercizio fisico giova sopratutto alla forma DM2 nella maggioranza dei casi indicando come un esercizio fisico della durata di 30 minuti circa per 5 giorni alla settimana possano produrre effetti positivi, sia a livello di prevenzione che per quanto riguarda il ritardarsi dei possibili effetti.A meno che non sia controindicato per la coesistenza di altre patologie, l'esercizio riduce l'intolleranza al glucosio (migliorando la sensibilità all'insulina) e diminuisce i fattori di rischio cardiovascolari. La diminuzione del peso conseguente all'esercizio svolto è un altro incentivo visto che la riduzione del peso corporeo è un intervento basilare nella terapia del diabete di Tipo 2.L'effetto positivo lo si riscontra in entrambi i sessi e a qualunque età. Contrariamente a quanto si può pensare capita che durante lo sforzo fisico la glicemia aumenti. Ciò che accade è che durante l'attività ormoni come l'adrenalina e il glucagone vengono prodotti causando perciò un aumento della glicemia. Prima e/o dopo l'attività sportiva potrebbe essere opportuno diminuire l'insulina in quanto lo sforzo fisico aiuta la funzione dell'insulina, si calcola infatti che sotto sforzo l'azione dell'insulina sia potenziata del 20/30%. Basandosi sulle indicazioni del proprio medico curante ed eventualmente sui riscontri glicemici è quindi necessario apportare i dovuti cambiamenti alla terapia insulinica tenendo conto di tali informazioni.

    Farmacologico
    Siringhe da insulina per il diabete (campioni dimostrativi)

    Insulina

    Nel DM di tipo 1, nel quale esiste carenza assoluta di insulina, e nel DM di tipo 2 resistente alla terapia dietetica e agli antidiabetici orali questo ormone deve essere somministrato come terapia sostitutiva mettendo in atto un protocollo di terapia insulinica. Oggi si usano insuline umane ricavate per sostituzione aminoacidica dell'insulina suina o prodotte da ceppi di Escherichia coli con opportuni inserimenti genetici.

    Esistono diversi tipi di preparazioni insuliniche classificate solitamente in base alla loro durata d'azione:

    TIPO Agente ritardante AZIONE (ore)
    inizio picco durata

    Ad azione rapida

    • Insulina umana regolare o solubile

    -

    0, 5 1, 5 6-7

    Analoghi ad azione rapida

    • insulina lispro
    • insulina aspart
    • insulina glulisina
    - 0, 1 0, 75 4-5

    Ad azione intermedia

    • insulina umana NPH
    • insulina umana lenta

    protamina / zinco

    1-3

    4-7

    10-16

    A lunga durata d'azione

    • insulina umana ultralenta
    Zinco 4, 5 8-10 16-20

    Analoghi ad azione ritardata

    • insulina glargine
    • insulina detemir
    Punto isoelettrico: 7, 4 1, 5 - > 24


    La somministrazione di insulina avviene mediante iniezione nel tessuto sottocutaneo (preferibilmente dell'addome)

    Lo schema terapeutico più vantaggioso prevede tre iniezioni di insulina regolare da somministrare prima dei pasti. A queste è utile associare prima di cena o prima di coricarsi un'insulina ad azione intermedia per coprire il fabbisogno notturno.

    Altri protocolli prevedono un'iniezione quotidiana di insulina glargine, che copre il fabbisogno basale, ed iniezioni ai pasti di insulina ad azione rapida o ultrarapida. Le insuline ad azione rapida permettono un più efficace controllo della glicemia postprandiale ma risultano meno efficaci nel mantenimento della glicemia nel corso dell'intera giornata; le insuline ad azione intermedia non sono risultate soddisfacenti per via del rischio concreto di ipoglicemie durante le prime ore della notte e di iperglicemia al risveglio.

    La somministrazione può avvenire mediante l'uso di un microinfusore che eroga insulina ad azione ultrarapida in maniera continua e modulata per le 24 ore. All'occorrenza (cioè principalmente ai pasti ma anche per correggere eventuali iperglicemie) l'apparecchio eroga un bolo, cioè una dose unica, regolabile in base alle necessità terapeutiche contingenti.

    Poco tempo fa la FDA ha approvato la commercializzazione negli Stati Uniti di una forma di insulina da assumere per via respiratoria.

    Le varie preparazioni servono a rendere più flessibile la terapia insulinica, adattandola alle differenti richieste metaboliche dei pazienti.

    Antidiabetici orali

    Sono disponibili 4 categorie di ipoglicemizzanti orali:

  • Insulino-stimolanti
    • Sulfaniluree
    • Composti non-sulfanilureici: repaglinide, nateglinide
  • Insulino-sensibilizzanti
    • Biguanidi: metformina
    • Tiazolidindioni: rosiglitazone, pioglitazone
  • Inibitori delle a-glicosidasi intestinali
    • acarbosio, miglitolo
  • Farmaci agenti sull'asse delle incretine
    • incretino-mimetici (exenatide)
    • inibitori della dipeptidil-peptidasi IV (sitagliptin, vildagliptin)
  • Per una opportuna descrizione del meccanismo d'azione degli antidiabetici orali, consulta le voci relative .

    Follow up

    Il controllo continuo della terapia è obbligatorio nel DM in quanto il paziente rischia di non rendersi conto dell'eventuale inadeguatezza della terapia o della dieta, essendo il DM patologia che decorre asintomatica per lungo tempo. Classicamente il follow-up lo esegue il paziente stesso attraverso il glucometro: effettuando una serie di dosaggi del proprio livello glicemico durante tutta la giornata (eventualmente anche durante la notte), verifica che i valori siano correttamente mantenuti dalla terapia in atto. A queste si può associare (soprattutto al risveglio mattutino, ma anche nel corso di tutta la giornata)il dosaggio, mediante stick reattivi, di glucosio e corpi chetonici eventualmente contenuti nelle urine.

    Il paziente deve verificare la correttezza del regime terapeutico adottato e del proprio stile di vita ed il medico ha l'obbligo e il diritto di verificare l'efficacia dei presidi messi in atto; proprio per questo ai controlli quotidiani si associa un controllo periodico di tipo ambulatoristico-strumentale della emoglobina glicosilata e delle proteine plasmatiche glicate (riunite sotto il termine "fruttosamina"). Questi dosaggi si basano sul legame irreversibile e non enzimatico (glicazione) glucosio-emoglobina e glucosio-proteine plasmatiche che avviene proporzionalmente al livello glicemico. L'emoglobina ha una lunga emivita (circa 120 giorni) e si è visto che la sua glicazione rispecchia l'andamento glicemico delle ultime 6-8 settimane. Per quanto riguarda la fruttosamina, essa riflette l'andamento metabolico degli ultimi 10-15 giorni.

    Chirurgia

    Trapianto del pancreas

    Il trapianto del pancreas ha come obiettivo ridurre il bisogno di insulina esogena eliminando al contempo alcuni delle manifestazioni più pericolose come iperglicemia e ipoglicemia i risultati sono soddisfacenti, ma in determinati pazienti per via della terapia immunosopressiva che potrebbe risultare pericolosa.

    Trapianto delle isole di Langerhans

    Il trapianto di isole di Langerhans HLA compatibili per via portografica ha dato risultati promettenti, sebbene ancora in studio.

    Ha una minor invasività rispetto al trapianto chirurgico di pancreas, che richiede fino al 30% di reintervento. Necessita comunque di immunosopressione.

    Le fasi sono quelle di estrazione, isolamento e purificazione delle isole di donatore cadavere e quindi trapianto mediante infusione lenta attraverso la vena porta. Le isole vanno a finire negli spazi portali tra le cellule epatiche.

    Può essere associato a trapianto renale: ricordiamo infatti che nel diabete spesso si ha insufficienza renale con complicanze uremiche. Il trapianto di isole è correlato a un miglioramento dell'uremia.

    A cinque anni vi è l'80% di sopravvivenza di isole, ma già dopo 2 anni è necessario instaurare terapia insulinica.

    Trattamento bariatrico

    Una scoperta abbastanza recente che sta suscitando interesse da parte della comunità scientifica è rappresentata da un miglioramento del DM2 dopo interventi di chirurgia bariatrica, con le seguenti percentuali:

    • Procedure restrittive: miglioramento del diabete mellito di tipo 2 nel 40-70% dei casi (Bendaggio gastrico: 48%; Gastroplastiche: 72%).
    • By-Pass Gastrico: miglioramento nell’84% dei casi.
    • Diversione Biliopancreatica: miglioramento nella quasi totalità dei casi.

    La chirurgia bariatrica quindi, uno strumento chirurgico di dimagrimento, può avere effetti positivi sulla cura del diabete.

    La posizione dell'American Diabetes Association è che gli interventi chirurgici per trattare l'obesità possono in alcune situazioni essere favorevoli a miglioramenti nel diabetico.
    Tuttavia gli studi di lunga durata rimangono limitati, poiché i pazienti diabetici sono ad elevato rischio per la mortalità cardiovascolare postoperatoria.