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Legislazione e regolazione arera del servizio idrico integrato: c’è poca armonia

Legislazione e regolazione Arera del Servizio idrico integrato: c’è poca armonia

Fonte: Consumers’magazine gennaio 2020 articolo di Ovidio Marzaioli, vicesegretario generale Movimento Consumatori.

La legge di Bilancio 2020 ha, in maniera diretta e/o indiretta, sovvertito gli interventi dell’Autorità di Regolazione per energia reti e ambiente (Arera), in particolare nel settore idrico.

Infatti ha modificato sia le modalità di tutela sia le regole di ingaggio tra gestore e utenza, inserendo una serie di novità che modificano o estinguono le regole esistenti.

Gli interventi hanno riguardato sia la regolazione attuale (ad esempio, sull’integrazione degli indennizzi) sia quella entrata in vigore il 1° gennaio 2020 (morosità, prescrizione breve).

Ma prima dell’analisi specifica delle norme, è importante sottolineare la decisione del legislatore di intervenire su una materia finora lasciata totalmente al regolatore, figlia di una regolazione tentennante, poco efficiente e efficace per il sistema idrico che ha avuto il suo apice nella regolamentazione in materia di prescrizione breve.

Un’utima premessa necessaria: il legislatore utilizza il termine “utente” per indicare la platea degli interessati in maniera generica e senza specificare se questa scelta è indicativa di un superamento delle diverse tutele tra “consumatore” e “professionista” fissata dal Codice del consumo.

Sarà compito in prima battuta del legislatore dare, in tempi brevi, un’interpretazione delle norme, coadiuvato dall’Arera, dagli operatori del servizio idrico e da tutti gli stakeholder, al fine di un’armonizzazione delle regole e degli interessi in campo.

Comunque, a prima vista, sembra che il legislatore abbia scelto volontariamente l’allargamento della platea superando (come nella legge 205/2017) i limiti previsti dal Codice del consumo, e consolidando un orientamento che sembra essere sempre più prevalente.

Le novità

Muovendo da queste premesse, analizziamo i singoli commi che impattano sul Servizio idrico integrato (e su tutta la materia di tutela dell’utenza nei settori dei servizi di pubblica utilità) partendo dal comma 291 che recita: “I gestori di servizi di pubblica utilità e gli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche hanno l’obbligo di trasmettere gli utenti le comunicazioni con cui si contestano, in modo chiaro e dettagliato, gli eventuali mancati pagamenti di fatture e si comunica la sospensione delle forniture in caso di mancata regolarizzazione, con adeguato preavviso, non inferiore a quaranta giorni, tramite raccomandata con avviso di ricevimento”.

Rappresenta la prima grande novità sul tema morosità, reintroducendo l’obbligo dell’avviso con raccomandata con ricevuta di ritorno.

Premesso che di fatto ne risultano interessati tutti i settori regolati dall’Arera, ora ci concentreremo sul Servizio idrico integrato, in particolare sulla nuova disciplina prevista dalla delibera 331/19 all’. A agli art. 3, 4 e 10 sulla morosità idrica (REMSI).

Dalla lettura degli art. 3 e 4 del REMSI sul sollecito bonario e sulla procedura di messa in mora emerge una diversa impostazione di tutela dell’utente da parte del regolatore e del legislatore, infatti per il primo la raccomandata e la relativa dimostrazione dell’arrivo è un passaggio (non fondamentale) dell’intero procedimento rispetto alla considerazione del secondo della necessità esclusiva dell’avviso con ricevuta di ritorno come elemento dirimente in relazione anche a tutta la fase di declaratoria della morosità.

Questa interpretazione è confermata anche dalla procedura prevista dall’art. 10 del REMSI dove all’utente è riconosciuto solo un indennizzo automatico (di 30 euro) per il comportamento non conforme del gestore nella procedura di messa in mora e nell’avviso, aspetto che sottolinea la differenza sostanziale della scelta del legislatore che nel comma 291 dichiara la nullità del procedimento in caso di violazione della obbligatorietà della raccomandata con ricevuta di ritorno.

L’evidenza di questa differenza di prospettiva è completata dalla lettura dei commi 292 e 293.

Il 292: “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, nei contratti di fornitura di energia elettrica, gas e servizio idrico nonché di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica disciplinati dal codice di cui al decreto legislativo 1° agosto 2002, n. 259, in caso di emissione di fatture a debito in relazione alle quali sia accertata dall’autorità competente ovvero debitamente documentata mediante apposita dichiarazione, presentata autonomamente anche con modalità telematiche, l’illegittimità della condotta del gestore e dell’operatore interessato, per violazioni relative alle modalità di rilevazione dei consumi, di esecuzione dei conguagli o di fatturazione nonché per addebiti di spese non giustificate e di costi per consumi, servizi o beni non dovuti, l’utente ha diritto ad ottenere, oltre al rimborso delle somme eventualmente versate, anche il pagamento di una penale pari al 10% dell’ammontare contestato e non dovuto e, comunque, per un importo non inferiore a 100 auro”.

Il 293:”Il gestore ovvero l’operatore interessato provvede al rimborso delle somme indebitamente percepite o comunque ingiustificatamente addebitate e al pagamento della penale ai sensi del comma 292 attraverso, a scelta dell’utente, lo storno nelle fatturazioni successive o un apposito versamento entro un termine in ogni caso non superiore a quindi giorni dall’accertamento ovvero dal riscontro positivo alla dichiarazione autonomamente trasmessa dall’utente”.

Dalla lettura del testo del comma 292 risulta molto l’ambito di applicazione dell’illegittimità delle condotte del gestore legate a due fattispecie di riconoscimento delle violazioni: una specifica accertata dall’autorità competente e l’altra molto ampia debitamente documentata dall’utente mediante dichiarazione.

La complessità dell’interpretazione nasce dall’imprecisa stesura del testo normativo che porta come diretta conseguenza una difficoltà nell’individuazione di quali sono le modalità di accertamento delle illegittimità da parte dell’autorità di settore (indagine e successivo procedimento sanzionatorio o semplice segnalazioni di violazioni?) e dall’individuazione di quale forma specifica possa avere “l’apposita dichiarazione dell’utente” (reclamo, ricorso all’autorità di settore o domanda giudiziale) per giustificare il diritto rimborso e la penale forfettaria del 10% o dei 100 euro.

Proseguendo l’analisi emergono due ulteriori considerazioni:

- il legislatore nel suo intervento ha totalmente ignorato la presenza dei sistemi stragiudiziali di risoluzione della controversia tra utente e gestore;

- la penale del 10% o di 100 euro è aggiuntiva o meno dei sistemi di indennizzo previsti dall’Arera nel caso di violazione della regolazione.

Sul primo punto appare evidente che il legislatore ha “dimenticato” il richiamo alle Alternative Dispute Resolution (ADR) come mezzi di risoluzione delle controversie e che quindi è necessario un coordinamento con la normativa di riferimento (D.Lgs. 130/2015), mentre per il secondo sembra altrettanto chiaro che l’indennizzo automatico previsto nella regolazione Arera potrà essere aggiuntivo al rimborso dell’importo versato (totale o parziale) e alla penale all’utente, nel caso di riconosciuta illegittimità del comportamento del gestore visto che questi rimborsi hanno due diversi motivazioni.

Anche l’ulteriore tutela riconosciuta all’utente in merito alla scelta sull’alternativa tra il rimborso e la penale pagati direttamente o attraverso una compensazione sulla fattura successiva (comma 293) potrebbe risultare di scarsa efficacia, dove il gestore dovesse nei termini contestare l’accertamento dell’autorità o non accogliere l’apposita dichiarazione dell’utente (debitamente documentata) rendendo il credito vantato non più certo e interferendo con la scelta di celerità effettuata dal legislatore (15 giorni).

L’esame dell’ultimo comma (295) dell’art. 1 interessa fortemente il settore idrico (e più in generale i settori regolati dall’Arera) e, considerate le peculiarità tecniche di questi ambiti, risulta dirompente su tutta la fase di applicazione della prescrizione biennale prevista dall’art. 1 della legge 27 dicembre 2017 n. 205 (legge di Bilancio 2018) abrogandone il comma 5 nel quale era prevista la possibilità di eccepire da parte del gestore l’accertata responsabilità dell’utente nel caso di mancata lettura del misuratore posto in posizione non accessibile.

Questa eccezione è stata sino ad oggi la preponderante motivazione dell’operatore/gestore per rendere inefficace l’applicazione della prescrizione nelle bollette di conguaglio ed è chiaro che il legislatore volontariamente ha eliminato uno dei pochi strumenti per il gestore di opporsi in maniera efficace all’applicazione, ormai quasi automatica, della prescrizione biennale nel caso di conguagli pluriennali.

L’abrogazione del comma 5 ha anche come conseguenza che il gestore, nel momento in cui comunica all’utente la presenza di possibili crediti prescritti, dovrà scegliere se rinunciare al credito volontariamente o attendere la possibile eccezione dell’utenza sulla parte del credito prescrivibile; anche tale aspetto di fronte ad una stesura scarna del testo normativo molto complesso nella fase di applicazione.

Risulta ancora più criticabile alla luce degli interventi normativi nelle legge di Bilancio 2020, la scelta fatta dall’Arera (del 142/2019) nel settore idrico di procrastinare senza una data di scadenza l’obbligatorietà della conciliazione stragiudiziale come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, rendendo ancora più vulnerabili i gestori (in particolare i medi e i piccoli) nei confronti di possibili azioni seriali, ad esempio nelle procedure giudiziali susseguenti alla contestazione della prescrizione biennale.

Un’ultima particolarità che si segnala è che la normativa sulla prescrizione “brevissima” nel settore idrico è entrata in vigore il 1° gennaio del 2020 (comma 10 art. 1 legge 205/2017) in contemporanea con la legge di Bilancio 2020 con l’effetto, a dir poco paradossale, di un’abrogazione prima della sua applicazione limitatamente al comma 5.

Come risulta evidente da un primo esame del nuovo quadro normativo si aprono interessanti spazi di approfondimento e di confronto sia di natura dottrinale sia regolatoria e soprattutto si evidenziano molte perplessità applicative da superare per arrivare a quella armonizzazione auspicata per un settore fondamentale come quello idrico dove la tutela dei diritti dell’utenza garantita dalla legislazione primaria sembra scontrarsi in maniera forte con l’attività regolatoria dell’autorità di settore.

Fonte: Consumers’magazine gennaio 2020 articolo di Ovidio Marzaioli, vicesegretario generale Movimento Consumatori.