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Tonino guerra - la venditrice di farfalle

LA VENDITRICE DI FARFALLE

Ora le cose non durano più. Tutto viene sepolto da altri episodi e altri fatti che arrivano continuamente, come una lunga infinita pioggia di neve che cancella i rumori che stanno appena scricchiolando nel mondo.

Però ogni tanto qualcosa riaffiora dagli angoli bui della memoria.

L’altro giorno ero seduto nel mio studio a Pennabilli a guardare la valle; quando mi sono girato ho visto sulla poltroncina sotto la libreria la vecchia assira coperta di veli neri e collane di pendagli d’argento che vendeva farfalle nell’angolo del mercato armeno di Tbilisi . Erano farfalle con le zampe incollate sulla punta di un ramo che stava infilato nei buchi di una tavola di legno appoggiata sulle ginocchia della donna. Ai ragazzini che compravano una farfalla, lei sfilava il rametto conficcato nella tavola, lo consegnava al compratore e indicava il modo di liberare la farfalla dalla colla. Bastava un po’ d’acqua tiepida .

Assira aveva un marito armeno e tre figlie bellissime con un’età attorno ai 15 anni.

Una volta la settimana le ragazze andavano a prendere le farfalle dove si trova nella valle la cattedrale di Alaverdì, che si alza in mezzo a un prato con molti cespugli spinosi.

Tutte le farfalle che riuscivano a prendere, le custodivano in una grande gabbia formata da fili di ferro coperti da striscie di garza che prendevano all’ospedale. Il padre aveva l’incarico, ogni mattina, di fissare con un po’ di colla le zampine delle farfalle sulla punta dei rami, così non riuscivano a prendere il volo.

Fu il grande regista Paradjanov a portarmi a vedere questa venditrice di farfalle. Stava seduta nell’ombra dei suoi veli e teneva sulle ginocchia la tavola di legno coi buchi per reggere i rami con le farfalle variopinte che spiccavano sulle punte.

Una domenica di settembre, un signore di 50 anni, benestante, che viveva in solitudine nella zona alta della città comprò diverse farfalle e domandò alla più giovane delle tre figlie che gli portasse a casa i rametti e lo aiutasse a liberarle dalla colla. La ragazzina accompagnò il signore il quale fu molto gentile con lei. Infatti le diede una grossa mancia e le regalò una torta. Anche la domenica seguente il signore comprò altre farfalle e consigliò alla ragazzina di fare un bagno nella sua comoda vasca. Così nacque un leggero rapporto di carezze nel momento che uscita dall’acqua l’aiutava ad asciugarsi premendo le mani sul lenzuolo che avvolgeva quello splendido corpo.

Quando la madre si accorse di questo rapporto ambiguo di sua figlia con quella ricca persona, chiese al marito di andare a commerciare farfalle da qualche altra parte, per esempio nell’Azerbaijan.

Partirono una mattina d’autunno con le foglie secche dei noci che cadevano sulla strada.

E soltanto la ragazzina pianse per quel distacco. Non tornarono più. Raccontano che quell’inverno nella casa del signore volarono molte farfalle e che lui ogni tanto sedeva incantato a guardarle. In primavera, poi, aprì tutte le finestre per farle uscire e seguì commosso quella fuga.