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L'indennizzo diretto imbocca due strade (da il sole 24 ore settembre 2009)

L'indennizzo imbocca due strade

di Maurizio Caprino

E ora che si fa? Sono quasi tre mesi che gli addetti ai lavori si interrogano sulle regole che il danneggiato può seguire dopo un incidente stradale per farsi risarcire: il 19 giugno la Corte costituzionale ha depositato una sentenza (la 180/09) che boccia l'obbligatorietà della nuova procedura di risarcimento diretto, introdotta il 1° febbraio 2007. La questione è tanto delicata e preoccupante che le istituzioni non si pronunciano. Per ora c'è solo la prassi che le compagnie stanno adottando: tenere in piedi la procedura diretta, "deviando" verso essa le richieste di risarcimento formulate secondo le vecchie regole. Chi volesse sfruttare gli spazi aperti dalla Consulta dovrà fare causa alla compagnia del responsabile del sinistro.

La vicenda è partita da alcuni periti e avvocati, che ritengono il risarcimento diretto facoltativo e non obbligatorio (come invece era nell'interpretazione letterale dell'articolo 149 del nuovo codice delle assicurazioni, data dai più): il sistema prevede che a pagare il danneggiato sia la sua stessa compagnia, togliendogli la possibilità di chiedere i soldi al responsabile del sinistro e alla sua assicurazione, prevista dai princìpi generali del diritto.

In gioco non c'è solo la tutela del danneggiato, ma anche quella degli interessi di categoria: le norme sul risarcimento diretto – per tagliare finalmente i costi della Rc auto – vietano di rimborsare le parcelle dei professionisti fin quando la loro assistenza diventa necessaria. Cioè finché la parte lesa, rimasta insoddisfatta, non fa causa, eventualità che col risarcimento diretto dovrebbe essere remota: il servizio dovrebbe migliorare (ma le sanzioni irrogate dall'Isvap finora suggeriscono il contrario).
Comunque la Consulta ha aderito alla tesi dei professionisti, ritenendo che all'articolo 149 vada data una «interpretazione costituzionalmente orientata», cioè se si ammette anche la procedura generale, per non togliere al danneggiato alcuna opzione. La stessa sentenza ammette che ciò apre problemi su come far convivere le due procedure, ma li rimanda ai magistrati ordinari. Ciò blocca un intervento chiarificatore dell'organo pubblico di vigilanza (l'Isvap) e apre la porta a un contenzioso cospicuo e costoso, amplificabile dagli stessi professionisti che si sono adoperati per far intervenire la Consulta. Così l'Isvap dà un allarme sul futuro del risarcimento diretto, procedura che, secondo fonti dell'istituto di vigilanza, ha dato buona prova, nonostante le disfunzioni punite dallo stesso Isvap. La preoccupazione potrebbe sfociare nei prossimi mesi in richieste ufficiali a governo e parlamento affinché cambino il codice.

Nel frattempo, l'Ania ha adottato una strategia per contenere i danni. Spiega Vittorio Verdone, responsabile Rc auto dell'associazione delle compagnie: «Abbiamo dato disposizioni affinché le imprese che ricevono una denuncia con la vecchia procedura (cioè in qualità di compagnia del responsabile, ndr) la inoltrino alla compagnia del danneggiato, avvertendo quest'ultimo che verrà avviata una pratica di risarcimento diretto. Lo facciamo perché lo stabilisce la convenzione (prevista per legge) stipulata tra le assicurazioni per regolare il risarcimento diretto e perché riteniamo che la compagnia del danneggiato possa agire come un "sostituto processuale" di quella del responsabile, che resta l'obbligato finale al risarcimento. Ciò non ci sembra in contrasto con la sentenza della Consulta e consente di conservare un sistema favorevole ai consumatori. Certo, poi ci vorrebbe una modifica al codice che confermi in modo più chiaro l'obbligatorietà del risarcimento diretto, nel quale i meccanismi di regolazione dei rapporti tra imprese possono funzionare solo se il sistema stesso è universale».

Fabrizio Premuti, segretario generale dell'associazione consumatori Adiconsum, propone un'altra modifica per fugare tutti i dubbi di costituzionalità: «Va prevista la figura del perito terzo: oggi chi stima il danno dipende dalla compagnia, che può così influenzare la perizia a scapito del danneggiato».

IL FRONTE DEI COSTI
Reti di fiducia
Il sistema del risarcimento diretto è sotto tiro anche su un altro delicato fronte: quello dei costi e della qualità delle riparazioni. Il sistema, dando alle compagnie l'onere di risarcire i propri assicurati, le ha spinte a costituirsi reti di carrozzerie di fiducia. Ma le tariffe orarie offerte agli artigiani dalle principali compagnie variano – secondo le zone – dai 20 ai 30 euro l'ora, cifre molto inferiori (a volte anche la metà) a quelle praticate normalmente ai clienti privati. E alcune convenzioni impongono ricambi forniti dalle compagnie e non più scelti dai carrozzieri.
I risultati
Le compagnie risparmiano (è presto per stimare i benefici sui costi delle polizze) e promettono ai carrozzieri che, aderendo alle convenzioni, avranno più lavoro e meno difficoltà nel farsi pagare. Ma in un'indagine commissionata dalla Cna (che raggruppa molte carrozzerie) all'Università di Firenze meno di metà degli operatori intervistati ha detto che tali vantaggi sono reali.
Le opposte ragioni
Le compagnie fanno così per tenere sotto controllo costi che spesso sono sfuggiti di mano, tanto più che alcuni carrozzieri li gonfiano anche fatturando ricambi più cari di quelli effettivamente utilizzati, a scapito pure della qualità. Ciò spiazza i carrozzieri onesti, che investono tanto per garantire la qualità e sono penalizzati due volte, dalla stretta delle compagnie e dalla concorrenza sleale dei colleghi. L'unica soluzione è che le compagnie potenzino i controlli: i clienti non possono distinguere un carrozziere onesto. Così la Cna ha chiesto un tavolo di confronto e il sottosegretario allo Sviluppo economico, Stefano Saglia, si è impegnato ad aprirlo.(m.cap.)