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L'importanza del gioco

Nell'accezione comune il temine "gioco" si discosta completamente da una qualsiasi connotazione di "serietà". Se però ci soffermiamo sulla citazione di Montagne: “I giochi dei bambini non sono dei giochi, bisogna invece valutarli come le loro azioni più serie ”, notiamo come sia sinonimo di azione seria quando ci riferiamo ad un bambino. Ogni bambino gioca perché prova una sensazione di benessere; nulla quindi è tolto all'aspetto ludico in se stesso ma, è proprio il piacere intrinseco nel gioco che comporta e favorisce nuove componenti. Per i bambini, che giocano per divertirsi, non c'è nessuna differenza tra il gioco e ciò che un adulto potrebbe considerare come un lavoro. Attraverso il gioco infatti, il bambino, incomincia a comprendere come funzionano le cose: che cosa si può o non si può fare con il corpo e con determinati oggetti, si rende conto dell'esistenza di leggi del caso e della probabilità e di regole di comportamento che vanno rispettate. L'esperienza del gioco insegna al bambino ad essere perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità; è un processo attraverso il quale diventa consapevole del proprio mondo interiore e di quello esteriore, incominciando ad accettare le legittime esigenze di queste sue due realtà.

Le attività ludiche a cui i bambini si dedicano si modificano via via, di pari passo con il loro sviluppo intellettivo e psicologico.

A secondo dell'età, il bambino nel giocare impara ad essere creativo, sperimenta le sue capacità cognitive, scopre se stesso, entra in relazione con l’adulto e i suoi coetanei e sviluppando quindi l'intera personalità.

Il gioco quindi favorisce lo sviluppo cognitivo, affettivo e sociale del bambino.

Riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo intellettivo poichè stimola la memoria , l'attenzione , la concentrazione , favorisce lo sviluppo di schemi percettivi, capacità di confronto, relazioni ecc. Permette al bambino di imparare ad organizzare schemi e programmi di azione via via più articolati e efficaci in relazione agli obiettivi. J. Piaget mette in correlazione lo sviluppo del gioco con quello mentale, affermando che il gioco è lo strumento primario per lo studio del processo cognitivo del bambino. Piaget, infatti, parte dalla convinzione che il gioco sia la "più spontanea abitudine del pensiero infantile" . Il gioco quindi svolge una funzione nello sviluppo del bambino perché gli consente di comprendere la realtà a lui esterna e gli consente un buon adattamento. Attraverso il gioco il bambino può conoscere, comprendere ordinare e interiorizzare ogni nuova esperienza e acquisizione. E’ in grado di interpretare i propri desideri e di dare loro una certa forma progettuale.

Il gioco però si lega anche allo sviluppo emotivo del bambino infatti gli consente di conoscere, interpretare e di controllare il proprio mondo interno fatto di desideri, pulsioni, istinti e quindi creare la giusta mediazione tra le due realtà.

L’attività ludica è considerata importante anche dal punto di vista della socializzazione, come strumento che consente al bambino di conoscere, di controllare e gestire le frustrazioni che vengono sollecitate dalla vita sociale, dai rapporti con gli altri e quindi comprendere i propri bisogni soggettivi e mediarli con quelli degli altri.

Si possono distinguere diverse fasi nello sviluppo del gioco nel bambino che vanno di pari passo con lo sviluppo fisico: Il gioco esplorativo e di manipolazione che comincia intorno ai 3 mesi e si sviluppa attraverso la crescente integrazione dei movimenti grossolani prima e di quelli fini poi. In questo tipo di gioco il bambino passa quindi da una primitiva attenzione alla stimolazione sensoriale ad una secondaria attenzione alla stimolazione percettiva relativa al movimento del proprio corpo nello spazio e nel tempo, si parla infatti anche di gioco sensoriale e gioco sensomotorio; Il gioco imitativo, che inizia molto presto in modo episodico e si manifesta sempre più dopo i dodici mesi dove il bambino imita ciò che vede e sente intorno a sé, della realtà in cui vive; Il gioco costruttivo o finalizzato che inizia dopo i 24 mesi e si basa sulla capacità di creare dei modelli mentali (progetti) e di metterli in pratica; Il gioco di finzione o il “far finta di...” che inizia intorno ai 24 mesi e diventa con il tempo sempre più elaborato permettendo al bambino di sperimentarsi in realtà immaginarie; Il gioco basato su regole che comincia intorno ai 4 anni, quando il bambino é in grado di comprendere e accettare i principi astratti implicati nelle regole del condividere/convivere con gli altri: fare a turno, essere leali, collaborare, ecc.

Concludendo con una frase di B. Aucouturier: “Il bambino non gioca per imparare ma impara perché gioca.”