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Endocervicoscopia



In questi ultimi anni, si sono diffuse e/o sviluppate, varie tecniche per lo studio del canale cervicale, al fine di interporre tra il sospetto diagnostico (pap-test) e la terapia (conizzazione) un maggior numero di informazioni utili a definire le caratteristiche e localizzazione delle lesioni endocervicali.
Da sempre il canale cervicale, data la sua localizzazione, conformazione e, spesso, impenetrabilità, ha offerto svariate difficoltà analitiche. Sono molte, nel tempo, le tecniche che sono state impiegate per il suo studio: tecniche cieche, tecniche a visione diretta o tecniche escissionali, ma ognuna di queste, ha mostrato dei notevoli limiti diagnostici.

Tra le tecniche cieche ricordiamo il curettage cervicale. Esso, ad oggi, è considerato la metodica di scelta per lo studio del canale cervicale ed un utile esame complementare alla colposcopia.
Tuttavia, tale tecnica è gravata da un’elevata percentuale di falsi negativi dovuti al difficile ed impreciso campionamento della mucosa endocervicale. Infatti, spesso non è rappresentativo dell’intera mucosa endocervicale asportandone solo una parte e nel 12% dei casi non risulta adeguato per scarsità del materiale.
Un aspetto importante da indagare è rappresentato dalla valutazione dell’estensione della lesione displastica al fine di modulare la resezione chirurgica.
Da qui nasce l’esigenza di una tecnica diagnostica di imaging, per il canale cervicale che supera i limiti della colposcopia ma soprattutto le imprecisioni delle attuali metodiche “cieche”, senza dover ricorrere alle escissioni diagnostiche.
Questa tecnica, chiamata “endocervicoscopia”, consente di riconoscere e localizzare le lesioni endocervicali e di eseguire un prelievo istologico soddisfacente ed adeguato.



Quando eseguire l’endocervicoscopia?
L’esecuzione dell’endocervicoscopia è indicata in tutti quei casi in cui esiste una discordanza tra referto citologico ed esame colposcopico; in presenza di citologia positiva e qualora la giunzione squamo-colonnare non risulti visibile; in presenza di lesione che risale nel canale; qualora venga sospettata una lesione ghiandolare e, soprattutto, ogni qual volta è necessario effettuare un intervento demolitore della cervice, sia che si tratti di LEEP, o conizzazione a lama fredda.

Come si esegue l’endocervicoscopia
Per eseguire l’endocervicoscopia si utilizza: un isteroscopio, strumento dotato di un’ottica (ovvero una piccola telecamera), una camicia “operativa” con diametro massimo di 4 mm (attraverso cui è possibile introdurre piccoli strumenti che consentono di eseguire prelievi o di lisare aderenze che renderebbero impossibile l’esame) ed una camicia esterna di protezione dello strumento; una fonte luminosa; una telecamera con monitor televisivo ed un sistema di video registrazione e ripresa fotografica.
Come mezzo di distensione, per dilatare le pareti del canale cervicale e consentire una corretta visione viene utilizzata la soluzione fisiologica che permette di ottimizzare la visione allontanando i muchi ed eventuale sangue.
Prima di iniziare la valutazione, il tessuto da esaminare va preparato con acido acetico al 5%. A tal proposito è possibile impiegare due diversi approcci per l’applicazione del colorante. Un approccio tradizionale, che comporta l’uso dello speculum e quindi l’acido acetico al 5% viene applicato sulla portio, utilizzando tamponi montati su pinze, e iniettato nell’endocervice, adoperando una siringa da insulina (1 ml) cui è stato tolto l’ago, imprimendo solo una leggera pressione sullo stantuffo dopo che la porzione terminale della siringa è stata inserita nell’orificio uterino esterno (OUE). Al termine di questa fase, viene rimosso lo speculum e la valutazione endoscopica avviene con approccio vaginoscopico.

In alternativa, al fine di ridurre il fastidio derivante dall’applicazione dello speculum, è possibile iniziare l’esame direttamente con l’approccio vaginoscopico (ovvero senza speculum vaginale) applicando l’acido acetico mediante lo stesso isteroscopio; in questo modo anche l’applicazione del colorante vitale avviene sotto diretta visione endoscopica.

L’esame inizia con la visualizzazione, in panoramica, della cervice e valutazione della zona di trasformazione con criteri di tipo colposcopico.

Viene valutata la presenza di lesioni benigne come polipi e cisti di Naboth e aree di trasformazione normale, precisando la loro dislocazione nel canale cervicale. Deve essere valutato il trofismo, la vascolarizzazione e la morfologia della mucosa endocervicale, con particolare riferimento alle possibili variazioni in base all’epoca del ciclo e dell’età della paziente. Infine, naturalmente, devono essere descritte le aree di trasformazione atipica, precisando la loro topografia nel canale cervicale in relazione alla GSC e all’OUE.
In accordo con l’International Federation of Cervical Pathology and Colposcopy le lesioni visualizzate vengono classificate sulla base dei caratteri delle diverse immagini e suddivise in lesioni di Grado 1 e Grado 2 (TAG1-TAG2), evocanti substrati istologici a diversa gravità.

Il tempo richiesto per l’esame è quasi sempre breve: la sua durata oscilla, in genere, tra i 2 ed i 7 minuti, cui va aggiunto il tempo necessario per effettuare eventualmente l’isteroscopia.


Nel corso dell’esame è possibile praticare un prelievo bioptico mirato con pinze apposite molto sottili (5 Fr). In alternativa, quando ciò non è possibile, è consigliabile eseguire, almeno, una biopsia orientata utilizzando una sonda di Novak o una piccola curette.
Alcune situazioni che possono inficiare l’esecuzione dell’esame ed il riconoscimento delle lesioni endocervicali sono: sindromi aderenziali che restringono il lume del canale cervicale, oltre ad alterarne la superficie; serrata stenosi dell’OUE o presenza di grossi polipi endocervicali.