Sei in: Articoli: Sterilità maschile e femminile:

Trattamento della infertilità maschile

Solo in una piccola parte dei soggetti infertili è possibile instaurare un trattamento medico dell’infertilità su basi eziopatogenetiche (10-20%); tra le categorie di soggetti infertili che traggono beneficio da un trattamento specifico ricordiamo gli ipogonadismi ipogonadotropi e le infezioni del tratto riproduttivo. Negli altri casi il trattamento medico appare per lo più empirico e privo di una reale base razionale.

Gonadotropine

L’importante ruolo svolto dall'FSH nello sviluppo e nel mantenimento di un normale processo spermatogenetico è ormai riconosciuto, tuttavia, l’efficacia di questo ormone nel trattamento dell'infertilità maschile è rimasta per molti anni controversa.

L’FSH e il testosterone svolgono un’azione sinergica nel maschio per un perfetto svolgimento della spermatogenesi ma fino a pochi anni fa l'unica condizione clinica in cui il trattamento con gonadotropine si è rivelato sicuramente efficace è stato l'ipogonadismo ipogonadotropo.

Nei soggetti affetti da questa patologia la somministrazione del solo testosterone a dosi elevate è in grado di mantenere una spermatogenesi qualitativamente normale ma quantitativamente deficitaria.

Il trattamento invece con il solo FSH induce una spermatogenesi quantitativamente normale ma qualitativamente alterata.

La contemporanea somministrazione dei due ormoni consente un ripristino della normalità della spermatogenesi, a dimostrazione di un effetto sinergico di questi due ormoni.


Il successo ottenuto con il trattamento con FSH dei soggetti ipogonadici ha spinto ad utilizzare questo tipo di terapia anche nel trattamento dei pazienti infertili affetti da oligozoospermia, nell'ipotesi che l'aumento dei livelli delle gonadotropine fosse in grado di stimolare la spermatogenesi. I risultati ottenuti appaiono tuttavia contrastanti.
Nei soggetti affetti da oligozoospermia idiopatica con normali livelli di gonadotropine, la terapia con FSH altamente purificato (75 U.I. i.m. a giorni alterni per un periodo di tre mesi) è in grado di stimolare popolazione spermatogoniale e la spermatogenesi inducendo un aumento significativo della concentrazione degli spermatozoi eiaculati nei casi in cui l'oligozoospermia è riconducibile alla presenza di un'ipospermatogenesi non associata ad alterazioni maturative della linea germinale.

Un aumento significativo nella concentrazione spermatica dopo trattamento gonadotropinico è stato osservato solamente tra i soggetti oligozoospermici che presentavano normali concentrazioni plasmatiche di FSH e inibina B;.

In conclusione da recenti studi emerge che il trattamento delle oligozoospermie con FSH sembra avere effetti sulla spermatogenesi e quindi sulla concentrazione spermatica soltanto nei pazienti che presentano normali livelli plasmatici di FSH e una struttura tubulare caratterizzata da ipospermatogenesi non associata ad alterazioni della progressione maturativa. Nessuna variazione della concentrazione spermatica si è osservata nei soggetti caratterizzati da elevati livelli di FSH a prescindere dalle concentrazioni d’inibina B:

pertanto la presenza di elevate concentrazioni di questa gonadotropina rappresenta così un sicuro fattore prognostico negativo per il successo del trattamento


Antiestrogeni

Questi composti sono stati ampiamente utilizzati nel trattamento dell’infertilità maschile, in assenza di endocrinopatie. Gli antiestrogeni mantengono la capacità di legarsi in maniera competitiva ai recettori estrogenici, sia a livello ipotalamico che periferico, inducendo così un aumento dei livelli plasmatici delle gonadotropine e secondariamente del testosterone intratesticolare. L’effetto farmacologico sulla spermatogenesi dovrebbe esplicarsi attraverso l’aumento delle concentrazioni di questi ormoni che agiscono direttamente sulla spermatogenesi, anche se un effetto diretto sulla spermatogenesi non può essere escluso.

La prima molecola di questa famiglia di farmaci utilizzato per il trattamento dell’infertilità maschile è stato il Clomifene Citrato (CC), composto dotato di una minima attività estrogenica e per questo motivo sostituito negli ultimi anni dal Tamossifene (TMX) sprovvisto di tale caratteristica.

Clomifene Citrato Numerosi studi osservazionali avevano evidenziato che bassi dosaggi di CC (25-50 mg) somministrati per un periodo di 3-5 mesi sono in grado di migliorare le qualità seminali, mentre concentrazioni più elevate (200-400 mg) inducono una soppressione della

Alla luce di questi dati l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha condotto uno studio multicentrico in doppio cieco, placebo versus CC, nei soggetti affetti da oligozoospermia idiopatica che non ha documentato alcun miglioramento del tasso di gravidanza nei pazienti trattati con tale farmaco. .

Tamossifene Citrato

studi più recenti e controllati non hanno evidenziato benefici di questa terapia sia in termini di conta spermatica che nelle percentuali di motilità, di capacità fertilizzante e del tasso di gravidanze.
Complessivamente si può quindi affermare che, anche se la possibilità di effetto terapeutico non può essere esclusa, non esistono al momento attuale dati che suggeriscono l’utilizzo di questi composti nel trattamento dell’infertilità maschile.

Inibitori dell’aromatasi

Alcuni studi sperimentali hanno dimostrato che l’eccesso di estradiolo è in grado di sopprimere la spermatogenesi e la sintesi di testosterone e alla luce di questo dato si è ipotizzato che la riduzione della produzione di quest’ormone sia in grado di migliorare la fertilità nel maschio. In particolare, l’associazione tra le ridotte concentrazioni di testosterone e gli elevati livelli di estradiolo, frequentemente presenti nelle testicolopatie primarie, potrebbe compromettere la funzione spermatogenetica. L’estradiolo deriva dalla conversione del testosterone, mediata dal sistema aromatasico, che si verifica a livello testicolare e periferico, soprattutto nel tessuto adiposo

Il testolactone, un’inibitore dell’aromatasi privo d’attività estrogenica o androgenica, può migliorare la funzionalità testicolare attraverso due meccanismi: riduzione delle concentrazioni di estradiolo e stimolazione della secrezione di gonadotropine dall’ipofisi attraverso un blocco del feedback inibitorio esercitato dall’estradiolo.

Un altro composto dotato di un’attività inibitoria selettiva sull’aromatasi è l’anastrozolo, che alla dose di 1 mg al giorno sembra essere sovrapponibile al testolactone per gli effetti sulla spermatogenesi.
Sono sicuramente necessari ulteriori studi per valutare la reale efficacia di questi farmaci nel trattamento dell’infertilità maschile a causa del numero estremamente ridotto di soggetti studiati sino ad oggi. L’utilizzo di queste molecole appare interessante soprattutto nei pazienti con un alterato rapporto testosterone/estradiolo e alcuni Autori ne hanno suggerito l’uso nelle forme d’infertilità idiopatica associate ad obesità, in presenza o meno di elevati livelli d’estradiolo.

Androgeni

Normali livelli circolanti di androgeni sono essenziali per il mantenimento della funzione riproduttiva nel maschio. La somministrazione di androgeni è stato uno dei più primi tentativi terapeutici effettuati allo scopo di migliorare i parametri seminali nei soggetti affetti da oligozoospermia.
Il testosterone, somministrato ad alte dosi, è in grado di sopprimere la funzione testicolare e la produzione spermatica attraverso una riduzione della secrezione delle gonadotropine. L’osservazione che in alcuni pazienti oligozoospermici era possibile evidenziare un aumento della concentrazione degli spermatozoi in percentuali variabili dal 20 al 67% entro quattro mesi dalla sospensione del farmaco ha suggerito l’uso di questa particolare modalità di somministrazione del testosterone nel trattamento dell’infertilità maschile (testosterone-rebound therapy). Il testosterone poteva essere somministrato sia per via parenterale che orale. Tuttavia in molti pazienti la conta spermatica dopo terapia appariva più bassa rispetto ai valori iniziali o persisteva l’azoospermia.

Studio controllati su questa particolare terapia non hanno documentato alcuna efficacia di questa forma di trattamento. Negli anni ottanta la testosterone-rebound therapy, anche per i suoi effetti tossici, è stata pertanto abbandonata.


Con un diverso approccio terapeutico, migliorare cioè la funzione epididimale, delle ghiandole accessorie e possibilmente anche quella tubulare, negli ultimi vent’anni sono stati utilizzati due deboli composti androgenici.

Il mesterolone , del testosterone che non influenza la secrezione delle gonadotropine, è stato utilizzato in monoterapia a concentrazioni variabili da 50 a 150 mg al giorno Gli studi più recenti e un’analisi condotta dall‘OMS non hanno documentato variazioni significative di tutti i parametri seminali analizzati e della percentuale di gravidanze rispetto ai valori precedenti al trattamento e al gruppo trattato con placebo.

Allo stesso modo il testosterone undecanoato sembrava avere la capacità di migliorare i parametri seminali in studi controllati senza influenzare i livelli delle gonadotropine e del testosterone; tuttavia trials successivi non hanno confermato questi risultati e pertanto l’uso di questo composto merita ulteriori verifiche.

Ormone rilasciante le gonadotropine (GnRH)

L’uso del GnRH nel trattamento dell’oligozoospermia appare limitato e la maggior parte delle informazioni riguardo il suo utilizzo sono generalmente riferite ai soggetti affetti da ipogonadismo ipogonadotropo.

Numerose sono le condizioni patologiche in grado di danneggiare l'epitelio seminifero, verosimilmente con meccanismi patogenetici diversi: il varicocele, il criptorchidismo, le orchiti, i traumi testicolari; anche se nella maggioranza dei casi la patogenesi del danno testicolare rimane sconosciuta (forme idiopatiche). Inoltre, la riduzione della produzione spermatica testicolare può essere legata a differenti alterazioni del processo spermatogenetico, quali l'ipospermatogenesi o gli arresti maturativi a differenti livelli. L'oligozoospermia rappresenta quindi la manifestazione clinica comune di alterazioni testicolari diverse.
I diversi approcci terapeutici sin ad oggi adottati nel trattamento ormonale dell’infertilità maschile hanno dato risultati deludenti. Sebbene siano numerosi i composti farmacologici sperimentati in questi anni non è emersa con chiarezza l’utilità clinica dei singoli regimi terapeutici, soprattutto in termini di Pregnancy Rate..