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**Ritrattamento endodontico complesso di un incisivo centrale superiore

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Titolo
Ritrattamento endodontico complesso di un incisivo centrale superiore


Descrizione
G.IT.CONS - Vol. VII - NR. 3 Luglio/Settembre 2009 pp. 121-124



Autori
Iandolo Alfredo




Fonte
G.IT.CONS




Riferimento Bibliografico
Vol. VII - NR. 3 Luglio/Settembre 2009 pp. 121-124







Inviato da
Alfredo Iandolo

INTRODUZIONE

In
endodonzia negli ultimi anni si è assistito ad un notevole sviluppo di
strumenti, tecniche e materiali, che ha contribuito a migliorare
decisamente il risultato finale dei nostri trattamenti.
I vantaggi più rilevanti sono stati portati dal microscopio operatorio e dalle numerose punte ad ultrasuoni oggi disponibili.
L’aiuto
principale fornitoci dal microscopio operatorio è l’aumento del PDR,
ovvero potere di risoluzione, cioè la possibilità di vedere distinti due
punti o due linee molto vicine tra loro . L’occhio umano, infatti, non
può distinguere due punti separati da una distanza minima di 0, 1 mm
(PDR: 0, 1 mm) (1), li sommerà come un’unica immagine. Utilizzando il
microscopio operatorio, il potere di risoluzione aumenta da 0, 1 mm a
0, 005 mm pari a 5 micron, rendendo così l’occhio umano capace di
osservare maggiori dettagli.
Per quanto riguarda gli strumenti
ultrasonici oggi sono in commercio vari tipi di punte differenti tra
loro per forma, lunghezza e materiale di costruzione. Inoltre, con
l’introduzione di nuove sorgenti di ultrasuoni molto evolute, è stato
possibile ottimizzare l’ utilizzo di ogni tipo di punta con l’ opzione
di controllare la frequenza e l’ ampiezza di vibrazione. Le punte ad
ultrasuoni garantiscono una grande precisione di taglio grazie alle loro
ridotte dimensioni che permettono maggiore visibilità del campo
operatorio rispetto agli strumenti rotanti, maggiore visibilità che
potenzia così l’ impiego di potenti sistemi ingrandenti quali il
microscopio operatorio (2) .
Inoltre alcuni ricercatori hanno
sviluppato, insieme ai laboratori farmaceutici Ogna, un nuovo cemento
(Aureoseal ) avente caratteristiche simili all’ MTA.
L’ Aureoseal
contiene una miscela di polveri costituita da cemento di Portland e
altri componenti che influenzano la sua radiopacità, biocompatibilità e
capacità di sigillo idraulico.
Al fine di migliorarne la plasticità e
le caratteristiche di manipolabilità sono stati aggiunti additivi
elasticizzanti (sodio poliacrilato e resine naturali) in una percentuale
che non influenza il processo di indurimento (3).
In endodonzia,
oggi, grazie a questo connubio di strumenti, materiali e tecniche,
determinati casi clinici possono essere affrontati con maggiore
facilità e predicibilità.

CASO CLINICO
Paziente maschio
G. P., di anni 50, viene riferito da un collega in quanto accusa dolori
in corrispondenza dell’elemento 1.1. L’esame clinico conferma il dolore
al test della percussione e della palpazione del dente 1.1, mentre il
sondaggio parodontale risulta positivo solo a livello mesiale.
All’esame
radiografico si evidenzia un perno moncone di grosse dimensioni
fratturato nel terzo medio del canalare radicolare, una vasta
perforazione mesiale e la presenza di radiotrasparenza sia a livello
apicale che in corrispondenza della perforazione (Fig.1-2).


Fig. 1
Rx Pre-operatoria di incisivo centrale superiore di destra.
Si nota il frammento del perno moncone fratturato nel terzo medio
del canale radicolare e la perforazione mesiale a livello del terzo
coronale del canale radicolare.



Fig. 2
Rx Pre-operatoria dopo la rimozione del ponte.


La
diagnosi è di parodontite apicale cronica dovuta ad una terapia
canalare incongrua. Si procede quindi al ritrattamento endodontico
ortogrado del dente in questione con l’ausilio del microscopio
operatorio (Som 32, Kaps). L’elemento dentario viene isolato con diga di
gomma e diga liquida (Fig.3).



Fig. 3
Isolamento dell’elemento1.1 con diga di gomma e diga liquida


Sotto
ingrandimento e illuminazione si evidenzia la perforazione mesiale e la
base coronale del frammento del perno moncone completamente circondata
da dentina (Fig.4-5).



Fig. 4
La base coronale del frammento del perno moncone è completamente circondata da dentina.



Fig. 5
Si nota la perforazione mesiale.


Sempre
sotto microscopio, utilizzando una punta ad ultrasuoni adatta (ad ago
sottile non diamantata in modo da avere un’ azione di taglio solo in
punta, questo per minimizzare la perdita di struttura dentaria) della
Plastic Endo ad una potenza media, è stato possibile lavorare
perimetralmente alla base del frammento del perno moncone in maniera
sicura e conservativa (Fig.6).



Fig. 6
Lavorando perimetralmente al frammento è possibile esporlo per poi dislocarlo.


Questa
fase è stata eseguita sotto getto d’ aria e senza irrigazione per
garantire una visione ottimale del campo operatorio. Una volta esposta
la superficie del frammento di 0, 5 mm (Fig.7)


Fig. 7
Superficie esposta di 0, 5 mm..


si procede al suo dislocamento (Fig. 8-9).


Fig. 8
Frammento dislocato.



Fig. 9
Frammento rimosso.


In
questa fase viene utilizzata una punta ad ultrasuoni diamantata a
testa arrotondata (in modo da avere un maggiore attrito e quindi una
migliore azione della punta sul frammento) della Plastic Endo alla
massima potenza sulla superficie del frammento esposta. In questo modo
l’ energia ultrasonica viene trasferita al perno e rompe il cemento fino
a sgretolarlo (4).
E’ importante sottolineare che questo
procedimento deve essere eseguito sotto irrigazione in quanto è
necessario evitare che il calore danneggi le cellule del legamento
parodontale (5). Una volta rimosso il frammento si è passati alla
chiusura della perforazione con Aureoseal; sotto la pressione delle
vibrazioni degli ultrasuoni questo cemento si adatta perfettamente alla
zona preparata, lasciando una superficie liscia e ben compatta (Fig.10).



Fig. 10
Riparazione della perforazione con Aureoseal.


Dopo
l’ indurimento del cemento si effettua la preparazione
chemio-meccanica, alternando l’utilizzo di strumenti in NI-TI in
sequenza crown-down a lavaggi con ipoclorito di sodio al 5% riscaldato
alla temperatura di 45°C ed EDTA. Completata la fase di detersione e
sagomatura si passa all’otturazione tridimensionale utilizzando
guttaperca calda (System-B). Si controlla la precisione finale del
trattamento endodontico (Fig.11)


Fig. 11
Rx Post-operatoria.


e si rimanda il paziente ai controlli successivi nel tempo ove si valuterà l’ efficacia del trattamento (Fig.12).


Fig. 12
Rx
di controllo a 24 mesi. Si nota come si è ottenuta la restituito ad
integrum della compagine ossea sia a livello apicale che a livello della
perforazione riparata


DISCUSSIONE

L’ esito
positivo evidenziato da questo caso clinico dimostra come l’utilizzo del
microscopio operatorio, degli ultrasuoni e di nuovi materiali, sia
indispensabile nell’evitare danni iatrogeni e garantire, invece,
risultati certi e riproducibili. In passato ci si è trovati di fronte a
casi clinici complessi che non potevano esser trattati per via
convenzionale, ma solo ricorrendo all’ endodonzia chirurgica o
addirittura all’estrazione dentaria, con conseguente sostituzione
implantare; oggi, invece, grazie alla microendodonzia ortograda, gli
stessi casi vengono affrontati con maggiore semplicità e
riproducibilità.
In ultimo è importante precisare che per ottenere
un risultato efficace e duraturo è necessario avere conoscenze adeguate
delle tecniche da usare, altrimenti il solo uso di strumenti sofisticati
potrebbe rivelarsi inefficace.


BIBLIOGRAFIA

1.Lambertini G., Anatomia umana. 1977;15

2.
Iandolo A., L’utilizzo degli ultrasuoni per una maggiore predicibilità
nella rimozione delle calcificazioni. G It Endo. 2009; Vol. 23-Nr. 3:

3.
Carrieri G., Zaccaria M., Scattarelli P., Laforgia A., Grassi F. R.,
Capacità sigillanti del cemento aureoseal. G It Endo. 2008; Vol.
22-Nr. 1:32

4. Johnson W.T., Leary J.M., Boyer D.B., Effect of
ultrasonic vibration on post removal in extracted human premolar teeth.
J. Endod.. 1996; 22:487-8

5. Satterthwaite J.D., Stokes A.N.,
Frankel N.T., Potential for temperature change during application of
ultrasonic vibration to intra radicular post. J. Prosthod. Rest. Dent.
2003; 11:51-6