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Diagnosi psicologica e abilitazione alla psicoterapia

Estratto:

L'articolo parla della diagnosi psicologica necessaria per impostare una psicoterapia e rileva anomalie nella normativa relativa alla formazione e all'esercizio della professione di psicoterapeuta.

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Un disegno di legge sulla psicoterapia convenzionata ha recentemente rischiato di arenarsi a causa della forte contrapposizione di medici e psicologi sul tema della diagnosi necessaria per autorizzare un trattamento psicoterapeutico; questo articolo vuole essere un contributo sull’argomento.

La diagnosi psicologica non è soltanto una descrizione di sintomi e vissuti applicabili ad una popolazione piuttosto omogenea classificabile come sofferente di un determinato disturbo. Questo tipo di diagnosi può essere effettuata tramite strumenti come il DSM IV, cioè il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali o anche i Test psicologici, ma non esaurisce il compito dello psicologo clinico né può essere sufficiente per impostare una psicoterapia. La diagnosi psicologica è anche ricerca e individuazione di nessi tra quegli stessi sintomi e vissuti da una parte e la storia, l’ambiente, il comportamento, le relazioni dell’individuo medesimo dall’altra. Essa è “ricerca di senso”, di significato coerente nell’universo dei sintomi .

In virtù di questo “aggancio” alla storia individuale, i vissuti, i processi mentali di interesse clinico, seppure potranno essere raccolti in grandi categorie, saranno comunque peculiari per ciascun individuo ed essi costituiscono come dire “il nocciolo” della diagnosi psicologica. Esso, per sua essenza, ovviamente sfugge alle categorizzazioni del DSM IV, ovvero della diagnosi psicopatologica medica . Il cambiamento in psicoterapia passa attraverso il cambiamento di questo “nocciolo” qualunque strategia si usi, diretta o indiretta, per affrontarlo.

Per fare un esempio, la diagnosi psicopatologica di “disturbo di panico”, pur comportando una precisa individuazione del disturbo e una minuziosa descrizione dei sintomi, nulla ci dice sulle problematiche psicologiche sottostanti e scatenanti che possono variare enormemente da individuo a individuo perché collegate ovviamente alla storia personale e sulle quali si incentra la diagnosi psicologica. Un paziente potrebbe avere una paura di fondo di non riuscire a realizzare le sue aspirazioni lavorative, un altro di perdere il coniuge e così via.

Taluni approcci psicoterapeutici focalizzano l’attenzione principalmente e soprattutto inizialmente sui meccanismi mentali che perpetuano il disturbo perché più operativi, lasciando in secondo piano le tematiche più profonde; anche questa analisi comunque differisce completamente da una diagnosi psicopatologica e non prescinde dagli aspetti relazionali ed esistenziali del soggetto.

Accade anche talvolta che la diagnosi psicologica si chiarifichi completamente nel corso del trattamento psicoterapeutico, ma in ogni caso si avrà una guarigione completa quando le problematiche rilevanti saranno rielaborate o risolte

L’azione dello psicoterapeuta è modulata dalla sua percezione dei processi cognitivo-emotivi del paziente, percezione che deriva dall’integrazione coerente di dati osservazionali con dati più soggettivi provenienti dal terapeuta stesso e derivanti dai processi empatici e/o dal controtransfert (si intende per controtransfert la reazione emotiva suscitata dal paziente nel terapeuta). Tale processo porta lo psicoterapeuta ad aggiornare continuamente la diagnosi psicologica e ad adattare in base ad essa le manovre terapeutiche.

La diagnosi psicologica è di specifica competenza dello psicologo , conseguentemente se, come ripeto e mi sembra ovvio, per effettuare una psicoterapia è necessaria una diagnosi psicologica , i medici non possono neppure essere autorizzati a prescrivere una psicoterapia, se non per esclusione di patologie organiche, ma questa sarebbe un’indicazione molto restrittiva e senza solido fondamento psicodiagnostico.

Essi sono idonei a formalizzare una diagnosi psicopatologica che è “descrittiva” nel senso sopra indicato ma non realmente “operativa” in quanto le categorie del DSM IV non sono operative o lo sono minimamente ai fini dell’impostazione di una psicoterapia. Gli psicologi d’altra parte possono utilizzare le suddette categorie per fini di chiarezza e praticità.

In merito alle recenti discussioni sull’accertamento diagnostico in occasione della proposta di legge sulla psicoterapia convenzionata, mi sembra pertanto che nel procedimento di autorizzazione alla psicoterapia la diagnosi medica differenziale e psicopatologica sia atto a cui devono seguire una diagnosi psicologica e una valutazione di idoneità al trattamento da parte dello psicologo–psicoterapeuta. Alla diagnosi del medico di base (che mi sembra sufficiente per i casi non di pertinenza psichiatrica) o dello psichiatra dovrebbe seguire la diagnosi psicologica e la valutazione di idoneità al trattamento psicoterapeutico da parte dello psicologo. Il riscontro di patologie organiche o funzionali da parte del medico non costituisce una controindicazione per un trattamento psicoterapeutico ritenuto opportuno dallo psicologo.

La psicoterapia non è una specializzazione della facoltà di Medicina mentre lo è per la facoltà di Psicologia. I medici psicoterapeuti, dietro semplice domanda, sono annotati presso ogni Ordine regionale dei Medici in un apposito elenco di psicoterapeuti e già questa particolare procedura denota la diversa natura di questo ramo rispetto all’area medica e alle sue specializzazioni.

Per quanto sopra esposto, e in particolare per le considerazioni sulla diagnosi psicologica, ritengo che i medici non dovrebbero esercitare la psicoterapia , a meno che non dimostrino con uno specifico Esame di Stato , che attualmente e disinvoltamente evitano, di saperla effettuare, congiuntamente alla correlata e necessaria diagnosi psicologica. In effetti, l’Esame di Stato dei medici non tratta di psicoterapia, essendo essa argomento appena accennato nei programmi di psichiatria, ben diversamente dalla seconda prova clinica dell’Esame di Stato per psicologi che è nel merito specifica e circostanziata.

Non occorre credo essere specialisti nel ramo per capire che il benessere e la salute psicologici si traducono in scelte di vita più congrue e quindi, a cascata, in scelte lavorative idonee, in una maggiore efficienza e motivazione sul lavoro, in una maggiore salute fisica, in comportamenti sociali adeguati e non a rischio ecc., con la conseguenza di un migliore utilizzo economico delle risorse umane e di un risparmio di costi sull’assistenza sociale e sanitaria.

I rapporti tra salute psichica e fisica sono molto più stretti di quanto l’odierna informazione medico-scientifica ci lascia conoscere. E’ sperimentalmente provato ad es. (“Tra mente e corpo”. L.Solano. Ed Cortina 2001) che è sufficiente scrivere per 4 giorni consecutivi, per 15 minuti al giorno, sulle proprie esperienze traumatiche per stare meglio in salute fisica nell’anno successivo rispetto a un gruppo di controllo. Basta questo semplice dato per rendersi conto di quanto è importante la psiche per la salute fisica e di quanti benefici potrebbero perciò apportare psicologi esperti in questo campo.

E’ più che legittimo pertanto affermare che non utilizzare psicologi esperti nel campo della salute nella assistenza sanitaria significa sprecare SOLDI e salute .

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BIBLIOGRAFIA

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Roma, 20.3.2008 Valentina Sciubba