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Vescica neurologica

Disfunzione vescicale dovuta ad anomalie congenite, lesioni o patologie cerebrali, del midollo spinale o dell'innervazione locale della vescica e del suo sbocco.
Nella vescica neurogena, l'attività può essere ipotonica (flaccida) o spastica (contratta).


Eziologia

La vescica neurogena ipotonica (flaccida) è generalmente causata da una lesione dell'innervazione locale (midollo spinale sacrale); le cause congenite più frequenti comprendono mielomeningocele, sindrome del filum terminale o altre lesioni del midollo spinale, inclusa la cauda equina.

La vescica neurogena spastica (contratta) è di solito dovuta a una lesione cerebrale o del midollo spinale soprasacrale; la causa acquisita più frequente è la lesione del midollo spinale da mielite trasversa o la sezione traumatica del midollo che provoca paraplegia o quadriplegia.

Sia la vescica neurogena ipotonica che spastica possono essere causate da processi patologici, comprendenti sifilide, diabete mellito, neoplasie cerebrali o del midollo spinale, accidenti cerebrovascolari, rottura di disco intervertebrale e malattie demielinizzanti o degenerative (p. es., sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica).

Contrazioni non coordinate tra la vescica e il suo sbocco (collo vescicale o lo sfintere urinario esterno) sono comuni sia nella vescica ipotonica che in quella spastica, ma soprattutto in quest'ultima. Il reflusso vescico-ureterale con danno renale può seguire ad ogni tipo vescica neurogena.

Sintomi e segni

Le vesciche ipotoniche sono di solito indolori, flaccide, distese e perdono costantemente una piccola quantità di urina (sgocciolamento da sovrariempimento). La disfunzione ipotonica dovuta a una lesione acuta della colonna vertebrale può inizialmente persistere per giorni, settimane o mesi (fase di shock) prima che si stabilisca ipotonia permanente, spasticità o intervenga un miglioramento nella funzione vescicale. In contrasto, segni d'ipotonia o di spasticità dovuti ad altri processi patologici (p. es., neoplasie) possono progredire lentamente.

In una vescica neurogena ipotonica cronica, le IVU sono frequenti. Le IVU possono essere secondarie a calcoli urinari; nei pazienti con lesione del midollo spinale, questi sono un risultato dell'immobilizzazione, con la sua conseguente aumentata escrezione urinaria di Ca e della stasi urinaria. I calcoli urinari e la stasi urinaria predispongono a IVU.

Vesciche spastiche da lesioni alte del midollo spinale (toracico e cervicale) possono svuotarsi spontaneamente e dar luogo a incontinenza urinaria (incontinenza da urgenza minzionale); l'efficacia dello svuotamento volontario della vescica dipende dalla sua tonicità, dalla resistenza uretrale e dal coordinamento tra la contrazione vescicale e il rilasciamento del collo.




Diagnosi

Studi di diagnostica per immagini con l'urografia, l'ecografia, la cistografia e l'uretrografia possono aiutare anche a valutare la lesione e le evoluzioni secondarie alla vescica neurogena e a dimostrare la presenza di calcoli urinari. La cistouretroscopia determina il grado di ostruzione del collo della vescica. La cistometrografia seriata eseguita durante la fase di risoluzione della vescica ipotonica fornisce un indice della capacità funzionale del detrusore e quindi un'indicazione delle prospettive di riabilitazione. Si sono rivelati utili la valutazione urodinamica del flusso minzionale, l'elettromiografia dello sfintere e gli studi del profilo della pressione uretrale.

Terapia


Sebbene un recupero totale sia poco frequente, una terapia vigorosa e appropriata può dare risultati eccellenti. Distinguere tra vescica neurogena ipotonica e spastica è importante poiché queste alterazioni vengono trattate in maniera differente.

Per la vescica ipotonica, specialmente quando è dovuta a una lesione acuta del midollo spinale, si dovrebbe stabilire immediatamente un drenaggio continuo con catetere o una cateterizzazione intermittente per prevenire una sovradistensione con conseguente infezione e lesione della muscolo detrusore. La cateterizzazione intermittente, se possibile eseguita dal paziente stesso, è preferibile al drenaggio con catetere a permanenza. Il drenaggio con catetere continuo è tollerato meglio dalle donne; predispone gli uomini a uretriti, periuretriti, alla formazione di ascessi prostatici e fistole uretrali.

Il trattamento della vescica spastica spesso comprende il drenaggio con uroprofilattico. Un residuo urinario persistente e la contrazione del collo vescicale o dell'uretra possono rendere necessaria, per lo meno una volta, la resezione transuretrale o l'incisione dello sfintere esterno (sfinterotomia) negli uomini, per rendere minima la resistenza dello sbocco vescicale e per aumentare al massimo lo svuotamento. La stimolazione elettrica della vescica, dei nervi sacrali o del midollo spinale può essere di aiuto, ma è ancora allo stadio sperimentale.

Sia per la vescica ipotonica che per quella spastica, l'obiettivo del trattamento farmacologico è di migliorare il riempimento, lo svuotamento e il controllo della vescica. La spasticità del detrusore e le contrazioni involontarie possono essere di solito ridotte o eliminate con antispastici o anticolinergici (p. es., negli adulti ossibutinina cloruro 5 mg, imipramina 50 mg, propantelina bromuro 15 mg da bid a qid). Effetti collaterali sono secchezza delle fauci e stipsi. La dissinergia sfinteriale (attività non coordinate tra il muscolo detrusore della vescica e i muscoli dello sbocco vescicale) può rispondere ai bloccanti a-simpatici (p. es., doxazosina mesilato, fenossibenzammina cloridrato, prazosina cloridrato, terazosina cloridrato); è possibile l'ipotensione posturale. Betanecolo cloruro 50 mg da bid a qid è un farmaco raramente impiegato PO negli adulti per la vescica ipotonica; provoca stimolazione parasimpatica, con tutti i suoi effetti collaterali sfavorevoli. La fenilpropanolammina e l'imipramina possono migliorare la funzione dello sfintere.

La derivazione urinaria permanente è raramente indicata, ma dovrebbe venir presa in considerazione se vi è un deterioramento della funzione renale o se le circostanze sociali, la spasticità o la quadriplegia rendono impossibile l'uso di un drenaggio vescicale, continuo o intermittente, soddisfacente. La derivazione permanente del tratto superiore viene eseguita mediante un'ansa iliaca o colica. Talvolta la cistostomia sovrapubica permanente fornisce un drenaggio adeguato ma è indesiderabile, poiché altera l'istologia vescicale e predispone i pazienti a infezioni, a formazione di calcoli e, raramente, al carcinoma a cellule di transizione o squamose. La cistostomia cutanea (apertura vescicale nella parete anteriore addominale) con un dispositivo esterno e senza catetere permanente può essere un metodo conveniente di controllo urinario in bambini senza lesioni del tratto superiore.

Altre cure essenziali sono: monitoraggio continuo della funzione renale, controllo dell'infezione urinaria, abbondante assunzione di liquidi, deambulazione precoce, cambiamenti frequenti di posizione e limitazione dietetica di calcio per inibire la formazione di calcoli. In pazienti selezionati possono essere inseriti chirurgicamente dispositivi sfinterici artificiali per controllare la continenza urinaria.


NEUROMODULAZIONE SACRALE

La neuromodulazione sacrale (NMS) è una metodica introdotta negli anni ‘80 volta alla risoluzione di alcune patologie disfunzionali del basso apparato urinario, di complesso inquadramento eziopatogenetico e spesso caratterizzate da scarse o deludenti possibilità di cura mediante le convenzionali terapie.
Tale metodica consiste in una elettrostimolazione continua, secondo parametri elettrici ben definiti, variabili nel tempo, del ramo ventrale di un nervo sacrale all’ingresso del cavo pelvico, mediante l’impianto chirurgico di un sistema programmabile dall’esterno per via telemetrica (“Pace-Maker vescicale”).

Le principali indicazioni urologiche alla neuromodulazione sacrale, a tutt’oggi codificate ed inserite in protocolli terapeutici ben definiti, sono:

1) sintomi minzionali della fase di riempimento secondari ad una condizione di “iperattività detrusoriale idiopatica” e/o di “instabilità uretrale”.
2) sintomi minzionali della fase di svuotamento, di natura non organica, che configurano il quadro di “svuotamento disfunzionale” secondario ad una condizione di “ipoattività detrusoriale”, di “acontrattilità detrusoriale” ovvero di “iperattività uretrale”.

3) le sindromi dolorose pelvi-perineali con una sintomatologia minzionale associata.
Il denominatore comune di tali disturbi può essere riconosciuto in un’alterazione della coordinazione riflessa tra attività detrusoriale, sfinterica e del pavimento pelvico. La stimolazione elettrica cronica dei nervi sacrali esercita una “influenza modulatoria” sui circuiti ed archi nervosi riflessi a partenza dal pavimento pelvico e che regolano l’attività ed il funzionamento del basso apparato urinario e di tutta la muscolatura pelvi-perineale.
Questa metodica è dunque paradossalmente in grado di avere un effetto terapeutico su sintomi e condizioni disfunzionali opposte, quali l’incontinenza e la ritenzione urinaria ed i risultati sono riportati negli articoli di Aboseif S e coll e del GINS (Gruppo Italiano di Neuromodulazione Sacrale).
Le terapie convenzionali, comunemente riservate alle diverse disfunzioni del basso apparato sono rappresentate dalla rieducazione perineale, dall’elettrostimolazione del piano perineale eseguita con dispositivi non impiantabili, da altre forme di elettrostimolazione periferica non invasiva e dalla modulazione farmacologica. L’effetto di tali terapie usualmente cessa con la sospensione delle stesse, o si protrae per periodi di tempo relativamente brevi.
La NMS presenta il vantaggio di utilizzare un dispositivo impiantabile per svolgere un’elettrostimolazione continua dei vari circuiti riflessi (influenza modulatoria), e questo rappresenterebbe un grosso vantaggio nei confronti delle disfunzioni da trattare. Al termine dell’iter diagnostico, esclusa la presenza di lesioni organiche presenti ed alla base del disturbo minzionale, qualora il paziente risulti un possibile candidato alla NMS, la selezione viene effettuata attraverso un test di elettrostimolazione percutanea di un nervo sacrale (PNE ). Il PNE viene utilizzato per definire l’integrità funzionale dei nervi sacrali, bilateralmente, (test acuto) attraverso la valutazione della risposta sensitiva e motoria conseguente all’elettrostimolazione acuta periferica dei nervi. Al test acuto fa seguito un test cronico della durata di alcuni giorni, per definire gli effetti clinici e funzionali della terapia. In corso di test acuto, in seguito alla stimolazione di S3 viene valutata la risposta sensitiva a livello dell’ano e della vagina o dei testicoli e del pene; la risposta motoria viene valutata obiettivamente come contrazione “a soffietto” dell’ano e flessione plantare dell’alluce, spesso associata alla stessa risposta delle altre dita del piede. Nella fase cronica del PNE, della durata di alcuni giorni, il paziente è invitato ad agire sul generatore di impulsi portatile solo variando l’intensità della stimolazione, sulla base della risposta sensitiva. Il paziente è controllato a scadenze regolari, verificando sempre il corretto posizionamento dell’elettrodo ed i dati segnalati sul diario minzionale, eventualmente associato al diario del dolore (scala analogica).
Alla selezione dei pazienti con il PNE, in caso di risposta positiva al test, segue l’impianto definitivo.
Il sistema impiantabile consiste in un elettrodo quadripolare che viene introdotto all’interno del forame sacrale prescelto, collegato tramite un cavo di estensione, tunnellizzato nel sottocute, ad un generatore di impulsi (IPG) programmabile dall’esterno per via telemetrica ed alloggiato in una tasca sottocutanea ricavata in un quadrante inferiore dell’addome o superiore del gluteo. Il lavoro più esaustivo pubblicato in merito agli eventi avversi relativi al test di prova ed all’impianto chirurgico definitivo fu prodotto come studio prospettico randomizzato per ottenere l’approvazione della metodica da parte della Food and Drug Administration (FDA). Per quanto riguarda gli eventi avversi relativi al PNE, nel 59.7% dei casi si trattava di sposizionamento dell’elettrodo. Tale evento ricorreva molto frequentemente nell’esecuzione del PNE con l’utilizzo dell’elettrodo lineare; non utilizzando, durante il test cronico, alcun metodo di fissaggio dell’elettrodo ai tessuti circostanti, era frequente la sua migrazione anche in seguito a trascurabili movimenti incongrui. Con il successivo utilizzo dell’elettrodo “a spirale”, che assicura una qualche adesività ad i tessuti circostanti, la percentuale di sposizionamento dell’elettrodo temporaneo si è notevolmente ridotta.
Negli anni, diversi gruppi di lavoro hanno ideato ed utilizzato tecniche modificate di impianto. Una prima modifica alla tecnica classica, per quanto riguarda il tempo chirurgico, fu introdotta nel 1997 da Janknegt, il quale propose l’impianto in due tempi che prevedeva l’impianto dell’elettrodo definitivo collegato ad uno stimolatore esterno, come durante un comune test (non si procedeva subito all’utilizzo di cavo di estensione e di generatore di impulsi impiantabile). In caso di risposta clinica positiva, si procedeva all’impianto di cavo di estensione e di generatore di impulsi. I risultati dell’utilizzo della tecnica furono incoraggianti: l’80% dei pazienti in precedenza ritenuti non eligibili, al PNE, per l’impianto definitivo riportò un netto miglioramento con l’utilizzo dell’elettrodo definitivo.
Recentemente è stata proposta una ulteriore modifica all’impianto dell’elettrodo definitivo, come esposto nei lavori di Spinelli e coll. che prevede l’introduzione dello stesso per via percutanea ed il suo fissaggio alla fascia toracolombare. Lo stesso Spinelli ha proposto inoltre l’utilizzo di un elettrodo autofissante con alette ai tessuti che ridurrebbe ulteriormente l’invasività della procedura. Tale tecnica presenterebbe il vantaggio di ridurre notevolmente i tempi chirurgici, oltre a quello di sfruttare le risposte sensitive all’elettrostimolazione nervosa (è proposto l’utilizzo dell’anestesia locale). Non sono ancora disponibili dati relativi all’affidabilità della metodica, in particolare per quanto riguarda le caratteristiche del fissaggio dell’elettrodo definitivo nel tempo.

Concludendo, allo stato attuale delle conoscenze in merito alla NMS, possiamo affermare come le indicazioni codificate rimangano limitate all’incontinenza da urgenza sostenuta da una iperattività detrusoriale in fase di riempimento, di origine idiopatica, alla ritenzione urinaria sostenuta da un disturbo di svuotamento di origine non ostruttiva ed all’associazione di dolore pelvico con disturbi minzionali. Sicuramente, nel campo delle indicazioni emergenti, esiste la possibilità di estendere la metodica anche ad altre LUTD che rivestano, in comune con quelle codificate, le caratteristiche di non risposta alle comuni terapie conservative. Un secondo possibile campo di ricerca nell’ambito della NMS riguarda l’identificazione di possibili fattori predittivi di successo della terapia, che potrebbero risparmiare al paziente ed al medico inutili passaggi attraverso trattamenti preliminari.