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Autoerotismo. dall'intimità con sè all'intimità con l'altro.

Se negli ultimi decenni parlare di sessualità, di fantasie, perversioni, giochi erotici, è diventato decisamente meno proibitivo rispetto al passato, l’autoerotismo ed in particolare la masturbazione, restano ancora argomenti tabù. Darsi piacere sembra ancora qualcosa di cui vergognarsi. Tali sentimenti hanno origini lontane. Le prime tracce documentate partono dal XVIII sec. con un trattato di Samuel Tissot (1758) dal titolo “Dell’onanismo o delle malattie prodotte dalla masturbazione”, da cui seguiranno tecniche e invenzioni atte a prevenirla. Ma già il termine onanismo dà informazioni interessanti. Derivante dalla storia biblica di Onan che, per non generare prole con la cognata, disperdeva il seme attraverso il coito interrotto, tale atto, di per sé condannato dalla Bibbia, è stato associato poi anche alla pratica masturbatoria. Se la censura della masturbazione è perciò associabile alla legge morale, che intende la sessualità come unicamente finalizzata alla procreazione, limitandone l’aspetto edonistico, lo sfondo rimanda ad una paura più ancestrale dell’autonomia nel darsi piacere. E’ con la rivoluzione sessuale degli anni ’60 che si iniziano ad abbattere molti di questi tabù. E’ in quegli anni che Spitz (1965/1973 prima ed It.) approfondisce, nello studio dello svluppo affettivo dei bambini, l’importanza dell’autoesplorazione come strettamente connessa alla presenza di una buona relazione madre-bambino. L’autore sottolinea così come, al contrario dall’essere una pratica di ritiro relazionale, l’autoerotismo infantile permetta ed indichi un adeguato sviluppo psicoaffettivo. In quegli anni, il femminismo ha svincolato la masturbazione come pratica prettamente maschile, sottolineandone la valenza autoconoscitiva, ai fini di una buona sessualità anche per la donna.

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