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Il mutuo a tasso variabile con CAP conviene?

Negli ultimi anni le Banche si sono sbizzarrite a creare nuovi tipi di mutuo, ma uno in particolare ha incontrato il favore dei clienti, il cosiddetto Mutuo Variabile con “ CAP” o “ tetto massimo” .

Si tratta di un mutuo a tasso variabile che a differenza di quelli classici, prevede che il tasso d’interesse non possa oltrepassare un limite massimo prefissato alla sottoscrizione del mutuo. Nella forma più diffusa il tasso massimo applicabile è pari al 5, 50%, ma esistono altri prodotti che hanno “tetti” che variano in funzione della durata del mutuo, ovvero maggiore è la durata del mutuo più alto è il “tetto” previsto per il tasso d’ interesse.

Per semplicità prenderemo in esame un mutuo con “tetto” massimo del 5, 50% e lo confronteremo con un mutuo a tasso variabile classico.

Per meglio comprendere gli effetti che il tasso di interesse produce nel tempo sulla rata, eseguiremo quello che in gergo finanziario viene definito back test. Questo tipo di test viene eseguito sui nuovi prodotti finanziari per verificare il rendimento che avrebbero ottenuto se fossero stati immessi sul mercato negli anni precedenti.

Scopo del confronto è verificare su un periodo che va da Gennaio 1999 ad Ottobre 2010 se il Mutuo Variabile con CAP avrebbe effettivamente protetto l’ipotetico sottoscrittore e soprattutto questa protezione quanto sarebbe costata in termini di maggiori interessi, dato che i prodotti con CAP hanno “ spread” maggiori dei mutui a tasso variabile puro.

La differenza di spread è giustificata dal fatto che il rischio di aumento dei tassi oltre il “ tetto” è a carico della banca, a differenza dei prodotti a tasso variabile puro in cui il rischio “tasso” è totalmente a carico del cliente.

Nella tabella che segue vengono riportati i dati dei mutui oggetto del confronto:

Tabella 1

Per la nostra analisi abbiamo scelto i 2 migliori prodotti nelle rispettive categorie in base ai dati in nostro possesso. Entrambi i mutui non prevedono spese , di istruttoria, perizia, incasso rata, di gestione, invio certificazione. Solamente il mutuo a tasso variabile prevede l’obbligo di sottoscrizione polizza incendio, mentre per il prodotto con CAP l’assicurazione incendio e scoppio è gratuita.

Nella tabella che segue vengono sintetizzati i dati più importanti emersi dal confronto:

Tabella 2

In sintesi il mutuo con CAP risulta più costoso a causa dello spread maggiore. I circa 3.270 euro in più si traducono in un maggior costo medio di 163 euro all’anno. Questa differenza può essere considerata come il costo per “assicurarsi” contro l’aumento dei tassi.

Guardando il grafico emerge chiaramente come il tasso del mutuo con CAP sarebbe stato superiore al tasso variabile tranne che nei periodi che vanno da Maggio 2000 ad Agosto 2001, da Luglio 2007 a Novembre 2008 e da Febbraio 2012 a Dicembre 2013 1 .

Possiamo perciò affermare che il “tetto” sarebbe stato raggiunto o superato in 34 mesi su 142 nel periodo che va da Gennaio 1999 ad Ottobre 2010.

1 Per i tassi da Novembre 2010 a Dicembre 2018 si tratta di un’ipotesi basata sui dati storici.

Ora non ci resta che verificare come si sarebbero modificate le rate nel corso del tempo e se il mutuo con CAP avrebbe assolto alla sua funzione di proteggere il cliente dall’aumento dei tassi tenendo conto dei maggiori costi che il cliente avrebbe sopportato sotto forma di maggiori interessi.

Confrontando il grafico 2 con il grafico 1 emerge chiaramente come l’andamento delle rate non rispecchi l’andamento dei tassi. In particolare si può notare come solamente nel primo periodo che va da Maggio 2000 ad Agosto 2001 le rate a tasso variabile superano quelle con CAP, nel secondo periodo avviene solo per alcune rate, mentre nell’ultimo periodo avviene solamente per una rata. La spiegazione sta nel fatto che l’effetto dell’aumento dei tassi è attenuato dalla riduzione del debito, in altre parole i tassi aumentano ma il capitale su si calcolano gli interessi si riduce, questo fa sì che le rate non aumentano nello stesso modo in cui aumentano i tassi. Altro dato che salta all’occhio è che la rata con CAP tranne nei casi descritti in precedenza è sempre superiore alla rata a tasso variabile puro.


Quali conclusioni possiamo trarre?

Il mutuo con il CAP avrebbe protetto l’ipotetico sottoscrittore solamente nella prima fase di rialzo dei tassi tra Maggio 2000 ed Agosto 2001, mentre avrebbe portato benefici trascurabili nel successivo rialzo dei tassi iniziato a Settembre 2005 e conclusosi ad Ottobre 2008. La differenza di spread avrebbe comportato un maggior costo che non sembra giustificato, tanto più se si considera che attualmente i prodotti con CAP hanno spread che possono arrivare anche al 3%. Se per esempio lo spread passasse dall’ 1, 60% del prodotto preso in esame al 2% la differenza in termini di maggiori interessi in 20 anni passerebbe da circa 3.270 euro ad oltre 6.800.

Concludendo, chi sceglie un mutuo con il CAP deve essere consapevole che pagherà più interessi rispetto a chi sceglie un mutuo a tasso variabile classico soprattutto se l’Euribor 3 mesi manterrà una media come quella attuale di poco sopra il 3%. Di contro il mutuo con CAP diventerà conveniente se L’Euribor a 1 o 3 mesi dovesse mantenersi sopra la media del 4/4, 5% per lunghi periodi.