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Il ruolo delle donne nelle aziende e nelle istituzioni

Recenti ricerche, rese note dalla Ernst & Young, da Goldman Sachs, dalla Columbia University e dalla McKinsey&Co. indicano una relazione diretta tra il numero delle donne in posizioni dirigenziali e i profitti delle aziende: quelle che ne hanno di più registrano profitti nettamente più alti della media del loro settore industriale.

Sarà per questo che aziende come Hermes, Wal Mart, Sun Microsystems, Yahoo, Xerox, PepisCo hanno deciso di affidare i destini della loro aziende a dirigenti donne.

Lo stesso dato era stato in qualche maniera già anticipato da osservazioni realizzate da alcuni economisti all'ultimo World Forum di Davos: i ricercatori hanno sostenuto la tesi che proprio grazie alla presenza di un numero maggiore di donne a Wall Street rispetto a quante ce ne fossero durante la Grande Depressione, la Grande Recessione di questi anni non si è aggravata al punto da diventare una nuova Grande Depressione.

E così tutte quelle qualità ritenute tipicamente femminili, adesso vengono rivalutate e messe a confronto, in positivo, con l'eccesso di testosterone ostentato dai trader di Wall Street, dai maghi degli hedge fund e delle private equity.

Secondo il National Council for Research on Women, durante il periodo della bolla speculativa le investitrici e le manager dei fondi di investimento, adottando una strategia più misurata di quella dei loro colleghi maschi, hanno prodotto ricavi annui del 9, 6 per cento contro il 5, 8 dell'indice del settore.

Anche una ricerca della French Fund Association concorda con questa conclusione. Secondo l'istituto francese i fondi di investimento gestiti dalle donne nel corso degli anni hanno prodotto risultati più stabili e costanti rispetto ai fondi gestiti da dirigenti uomini e il dato è costante misurando i risultati anno su anno, ogni tre e ogni 5 anni.

Sempre secondo Ernst & Young, una diminuzione del gap occupazionale fra uomini e donne porterebbe addirittura ad un incremento del PIL in Europa e negli Stati Uniti del 10-13%.

Una recente ricerca della rivista Britannica Economist asserisce che negli ultimi decenni le donne hanno contributo in misura maggiore al PIL mondiale rispetto alle nuove tecnologie e all'avvento delle economie emergenti di Cina e India.

E se i dati economici non bastano a convincere gli scettici, gli studiosi si avventurano anche in una spiegazione scientifica del fenomeno: il professor Scott Page dell'Università del Michigan ha concepito il teorema di "previsione della diversità", il Diversity Prediction Theorem, secondo il quale un gruppo diversificato di persone produce sempre decisioni migliori rispetto ad un gruppo omogeneo. In pratica, incoraggiando nuovi punti di vista, idee ed opinioni diverse, si possono trovare soluzioni migliori ai problemi economici e politici globali.

Qual è la situazione dell'Italia rispetto agli altri paesi sviluppati?

Le donne italiane sono fra le più sottorappresentate d'Europa nelle stanze dei bottoni: il numero delle parlamentari, 11 per cento, è lo stesso di trent'anni fa; nelle maggiori aziende italiane le donne rappresentano solo il 2 per cento dei consigli d'amministrazione (rispetto al 23 per cento nei paesi scandinavi e al 15 negli Stati Uniti); e un sondaggio internazionale rivela che la presenza di donne in politica, nella pubblica amministrazione e ai vertici del business è più bassa che in Italia soltanto a Cipro, in Egitto e in Corea del Sud.

Altri fattori aumentano le difficoltà delle donne ad avere una diversa posizione sociale: gli orari dei negozi non facilitano l'equilibrio famiglia-lavoro, e il lavoro part-time è raro in Italia (15 per cento della forza lavoro rispetto al 21 in Germania e al 36 in Olanda), cosicché le donne che cercano di giostrarsi tra famiglia e carriera sono spesso costrette a scegliere l'una o l'altra.

Secondo la classifica stilata dal Global Gender Gap, l'Italia è solo al 67° posto (su 128 paesi) per uguaglianza fra i generi.

I 4 fattori in base ai quali si ottiene la classifica, sono: partecipazione, retribuzione e opportunità economica, accesso ed ottenimento di lauree e master, partecipazione e opportunità politica, salute .

L'Italia si classifica ottimamente nella classifica relativa all'accesso ed ottenimento di lauree e master da parte delle donne e alla salute.

Per quanto riguarda gli altri fattori, l'Italia ottiene invece punteggi molto scadenti, conseguendo l'85° posizione per la partecipazione, retribuzione e opportunità economica e un punteggio solo leggermente superiore a Suriname e Pakistan per quanto riguarda la partecipazione e opportunità politica.

Investire quindi su una riduzione del gap fra uomini e donne, proponendo opportunità e responsabilità uguali non è un fattore di giustizia ed etica, ma una necessità improrogabile e un'opportunità imprescindibile.