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"L'adolescente: un fiume verso il mare"

Presentazione della tesi di specializzazione

"L'adolescente: un fiume verso il mare"

I primi anni di specializzazione ho svolto il tirocinio in una scuola superiore a Prato, dove attualmente lavoro, presso il CIC, il Centro Informazione e Consulenza.

Dai colloqui che svolgo con gli adolescenti emergono quelle che Cancrini definisce “nuove costellazioni genitoriali”: è cambiata la formalità della famiglia, si parla di nuclei familiari con un solo genitore e di famiglie ricostituite. Sono cambiati anche i ruoli genitoriali, in particolar modo il ruolo del padre, all’interno della famiglia. Nella tesi ho inserito due casi clinici che ho seguito al CIC, una ragazza e un ragazzo adolescenti, che mostrano come il cambiamento nel ruolo paterno incida sull’identità psico-affettiva degli adolescenti.

A partire da queste esperienze avute nel contesto scolastico, mi sono posta delle domande che mi hanno portata, in questa tesi, a considerare la rielaborazione del complesso edipico, che si attua nell’adolescenza, alla luce della teoria della Faimberg che dà una lettura del complesso di Edipo dal punto di vista di Laio, della figura paterna.

Freud, trattando il tema del complesso edipico, si è concentrato sulla centralità del legame libidico del figlio con la madre, mentre il padre, per Freud, era colui che interveniva a mettere un limite al desiderio incestuoso del figlio, rappresentando così la legge.

I cambiamenti in atto oggi nei ruoli genitoriali portano ad ampliare questo schema edipico. La Faimberg parla di “configurazione edipica” all’interno della quale il complesso di Edipo costituisce solo un aspetto parziale. Il concetto di configurazione edipica include la relazione tra le generazioni, non solo quindi la relazione del figlio con i genitori ma anche quella dei genitori con il figlio.

Questo approccio più ampio ai conflitti edipici permette di collegare i problemi edipici ai problemi legati al narcisismo, aiuta a comprendere l’identificazione di Edipo con una certa soluzione narcisistica del conflitto dei genitori.

Manzano descrive gli scenari narcisistici della genitorialità, come relazione narcisistica dei genitori che agiscono sui figli attraverso proiezioni e contro-identificazioni, attraverso le loro rappresentazioni interne riguardanti il figlio ideale o l’essere genitori ideali.

Nella tesi mi sono concentrata sul complesso di Edipo dal punto di vista di Laio, del padre, e ho riportato la teoria della Faimberg che vede in Laio un padre narcisistico piuttosto che un padre edipico. Il mito, per la Faimberg, mette in scena uno spazio narcisistico, lo stretto valico dove Edipo incontra Laio, che simboleggia un padre che non lascia spazio psichico al figlio, un padre che occupa l’unico spazio psichico possibile, un padre che non favorisce la separazione-individuazione del figlio dalla madre.

È venendo a contatto con il gruppo dei pari, dei coetanei, che l’adolescente allenta i vincoli familiari, è il gruppo che consolida l’identità del giovane permettendogli di elaborare i conflitti edipici al riparo da una relazione regressiva con i genitori che fa sentire l’adolescente dipendente da questi, in un momento in cui lotta per la sua autonomia.

Sullivan parla di schema evolutivo in termini interpersonali: il bambino si allontana dall’attaccamento verso i genitori e si muove verso legami più intimi con i propri compagni. Sullivan parla, in particolare, dell’amico del cuore con il quale il giovane sperimenta una “validazione consensuale”, una reciproca comprensione delle esperienze, che restituisce all’adolescente una conferma rispetto alla propria identità.

Per Anna Freud gli adolescenti erano i “figliastri” della psicoanalisi, non erano candidati alla psicoanalisi classica per il loro essere in continua metamorfosi.

L’adolescente, dice Kantor, non è adatto ad un analista neutrale, che si aspetta che il giovane parli apertamente e spontaneamente, che interpreta i conflitti intrapsichici infantili.

La Psicoanalisi Interpersonale, dice Kantor, è invece particolarmente adatta al lavoro con gli adolescenti dal momento che si affida più ai benefici della relazione terapeutica che all’interpretazione dei conflitti. L’analista interpersonale si pone come osservatore-partecipante del processo terapeutico, sperimentando se stesso dentro il campo relazionale.

L’adolescente è poco propenso a focalizzarsi sulle proprie esperienze infantili mentre preferisce parlare di ciò che avviene nella propria vita reale attuale. Compito dell’analista interpersonale è quello di comprendere l’influenza della storia passata dell’adolescente focalizzandosi sul suo mondo interpersonale, esterno ed interno al setting, in modo da espandere l’esperienza del Sé dell’adolescente.

Il setting ha in sé una funzione materna, quella di holding, di contenitore, e una funzione paterna esercitata nel divieto ad agire gli impulsi, importante soprattutto con l’adolescente che tende all’azione più che alla riflessione. Setting come spazio esterno ma anche interno, come spazio psichico, come valico aperto dove poter rincontrare Laio, padre narcisistico.

Anna Freud affermava, inoltre, che in adolescenza non fosse possibile formare una nevrosi di transfert.

Anna Maria Nicolò, invece, mostra che il transfert in adolescenza si presenta sotto molteplici forme. Il funzionamento psichico dell’adolescente oscilla tra un’infanzia non ancora abbandonata e un’età adulta non ancora raggiunta. Questo fa sì che nella stessa seduta si possano presentare differenti transfert che oscillano tra il bisogno di protezione e di autonomia.

L’adolescente tende all’azione più che alla riflessione per cui, spesso, il transfert viene spostato su figure laterali e si parla di lateralizzazione del transfert.

Anna Maria Nicolò distingue 4 tipi di transfert in adolescenza: edipico, narcisistico che riprende i transfert speculare e idealizzante di Kohut, erotizzato che facilita la separazione dell’adolescente dai genitori e definisce la sua identità di genere e il transfert con l’analista visto come oggetto nuovo, come Altro da sé e come ciò che è sconosciuto.

L’analista interpersonale si sperimenta nel campo relazionale con l’adolescente che suscita in lui una risposta controtransferale.

Nella tesi descrivo le difficoltà controtransferali che l’analista interpersonale può incontrare con l’adolescente: il timore di essere frustrante può, ad esempio, portare l’analista ad essere troppo speculare accrescendo la posizione onnipotente dell’adolescente oppure il timore legato alla violazione del tabù dell’incesto può portare l’analista a considerare l’adolescente come essere asessuato, a non riconoscere i suoi impulsi sessuali.

Questo l’excursus che seguo nella mia tesi di specializzazione a partire dalla mia esperienza nel conteso scolastico con gli adolescenti.

Per ulteriori informazioni riguardo a questa tesi, si consulti la pagina web: //www.sarabreschi.it/articoli.htm