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La terapia di gruppo

(OSTIA LIDO, 12 Aprile 2010)

La terapia di gruppo ha origini lontane. Nasce agli inizi del secolo scorso, all’ interno di un ospedale americano. L’obiettivo era di creare un’alternativa alla terapia individuale nella cura delle psicosi. In quel primo gruppo il conduttore cercò di unire i vari partecipanti per poter contenere meglio l’angoscia di tutti loro e per permettere agli stessi di condividere i propri stati d’ animo con gli altri.

Grazie allo psichiatra Moreno, ai più noto come fondatore dello psicodramma, negli anni trenta la terapia di gruppo inizia ad essere maggiormente conosciuta. Viene vista non più solo come terapia della parola ma anche come “terapia dell’azione”. Proprio durante questi primi approcci ci si è resi conto della forte valenza psicologica e di sostegno che può dare questo differente modo di fare terapia. Il soggetto, difatti, all’ interno della terapia di gruppo, in un confronto orizzontale con gli altri membri, sente di poter condividere i propri stati d’animo e di essere capito; d’altro canto anche gli altri condividono gli stessi suoi malesseri ma anche le stesse emozioni. All’ interno del gruppo ciascuno può esprimersi liberamente, senza la paura di essere giudicato e questo ha una forte funzione catartica. La persona che spesso si sente solo bisognosa d’aiuto inizia a modificare la visione che ha di sè e inizia a pensare che può anche dare aiuto agli altri, che può avere la forza di trasmettere emozioni e sensazioni positive, che la propria esperienza può essere di supporto anche ad altre persone.

La terapia di gruppo può avere differenti orientamenti: quello psicoanalito , il cognitivo-comportamentale , il sistemico-relazionale, quello che fa capo all’approccio della Gestalt. Si può, inoltre, sviluppare in modo estremamente differente anche all’ interno dello stesso modello. In essa può essere utilizzato prevalentemente il canale verbale o anche altre forme di comunicazione, per esempio come nell’arteterapia o nello psicodramma.

Ci sono, inoltre, diverse tipologie di gruppi:

Gruppi aperti gruppi chiusi. I primi sono quei gruppi nei quali vi si può entrare ed uscire liberamente anche se è lo stesso gruppo è stato già avviato. I secondi, invece, sono molto più rigidi. Si mantiene la modalità e i partecipanti con cui si parte; nessuno può più entrare una volta avviato il lavoro.

Gruppi direttivigruppi non direttivi. Nei primi le regole e la conversazione sono molto definite e gestite dal conduttore; nei secondi invece la conversazione è più libera
Gruppi agitie gruppi verbali: nei gruppi agiti si comunica tramite il linguaggio corporale invece in quelli verbali tramite la parola.

Gruppi omogeneigruppi eterogenei: nei primi si organizza il gruppo a seconda di una caratteristica uguale per tutti i membri (per esempio, l’eta’, la tipologia di problema) ; nel secondo, invece, non ci sono caratteristiche specifiche già definite all’inizio ed il gruppo è eterogeneo rispetto all’ età, al tipo di problema e alla classe sociale.

Durante la terapia di gruppo l’attenzione o può essere spostata su uno dei partecipanti mentre gli altri ascoltano e partecipano attivamente al districarsi delle emozioni e delle evoluzioni interne, oppure può essere fluttuante e andare da un problema di un membro ad un altro. L’ importante è la condivisione attiva e l’ empatia che emerge dal contesto grippale.

Per rendere più esplicito quanto detto, si vuole ora raccontare un episodio indicativo rispetto alle dinamiche di gruppo che possono intervenire in questo tipo di lavoro terapeutico. Nel caso che si sta per raccontare, l’ attenzione è stata focalizzata su un partecipante che ha portato un suo blocco interno molto profondo, una difficoltà forte a procedere nel suo percorso di vita e nei suoi affetti.

Questo di cui si va a parlare è un gruppo nel quale si comunica con il corpo.

Ormai sono stai fatti parecchi incontri, c’è una certa confidenza ed empatia all’ interno del gruppo per cui Matteo, questo è il suo nome fittizio, si sente libero e pronto ad affrontare insieme agli altri componenti il problema che porta loro. L’ emotività presente in questo gruppo è forte e intensa. Matteo inizia a raccontare: dopo la morte del padre a causa di un tumore devastante, malattia che ha fatto soffrire il padre e tutti i suoi familiari per lungo tempo, lui si dispera perché insieme alla sua famiglia aveva deciso di non dire al padre della malattia di cui soffriva e che la morte era vicina. Adesso pensa che hanno sbagliato poiché, secondo lui, il padre lo avrebbe voluto sapere. Da quando questi è morto Matteo non riesce a pensare ad altro. E’ bloccato sulla paura che la sensazione di non poter fare più nulla gli devasti la vita.
La conduttrice, a questo punto, chiede di rappresentare, insieme agli altri membri del gruppo presi come attori, le ultime fasi della malattia del padre. Chiede di rappresentare un incontro tipico tra il padre e i vari membri della famiglia per far rivivere quei momenti emotivamente forti a Matteo.

Il protagonista del racconto deve interpretare il padre malato e deve scegliere e dare i ruoli agli altri membri. La conduttrice è molto attenta al fatto che gli altri interpretino emotivamente ciò che effettivamente ha vissuto il padre e tutti i familiari rappresentati.

La rappresentazione si mette in scena più di una volta finchè il protagonista sente di essere soddisfatto di come tutti i personaggi interpretano la situazione. Questo è fondamentale perché è importante riprodurre l’ambiente emotivo ed affettivo precedentemente vissuto.

Il clima è molto teso ed emotivamente carico ma, proprio rivivendo se stesso nel ruolo del padre, Matteo ad un certo punto riesce a capire che nessuno di loro ha detto la verità al padre perché era il padre stesso che non voleva saperla. Questi, con i suoi atteggiamenti di blocco e di chiusura rispetto alla verità, aveva mandato messaggi chiari su come gli altri membri della famiglia dovevano comportarsi rispetto alla sua malattia, probabilmente un po’ per proteggere i suoi stessi familiari e un po’ per proteggere se stesso.

Ciò ha tolto un forte peso a Matteo. Il gruppo è riuscito a supportarlo e a far uscire fuori la sua forte angoscia. Il conduttore è riuscito a contenerla e a farla rielaborare.
Questo è il ruolo fondamentale della terapia di gruppo.

a cura dello STUDIO ASSOCIATO DI PSICOLOGIA