Sei in: Articoli: Articoli dello studio associato di psicologia dal sito www.ostialido.it/faro:

neo coppia e famiglie di origine. quale relazione

(OSTIA LIDO, 24 Maggio 2010)

Giulio, 39 anni dopo un periodo di grossa difficoltà con le poche donne della sua vita, incontra Paola, 34 anni. Lei da qualche anno abita nell’appartamento che i suoi genitori hanno costruito nella stessa palazzina dove abitano, uno per lei e uno per la sorella. Lui abita nel villino costruito da lui e dai suoi genitori, accanto al fratello e agli stessi genitori. Dopo pochi mesi la neo coppia decide di andare a vivere nella casa di Giulio. Ben presto Paola entra in contatto con le regole familiari di Giulio: ogni giorno bisogna passare a trovare i genitori nel villino accanto, si deve passare le feste tutti insieme, ogni decisione deve essere presa dal padre di Giulio o, tutt’al più, dai tre maschi di casa, i mobili devono essere scelti dai genitori di lui, e così via. Anche Paola ha un forte legame con la sua famiglia d’origine ma, nel tempo, ha voluto sviluppare una sorta di autonomia relazionale arrivando ad avere un rapporto con i suoi genitori non quotidiano ma comunque costante ed affettuoso.

La coppia ben presto inizia a soffrire. Paola sente che Giulio la ama ma nel tempo sviluppa un atteggiamento paranoico, ansioso e una insofferenza forte nei confronti di queste modalità relazionali in cui il compagno è incastrato e lei risucchiata. Spesso si ritrova da sola in casa perché Giulio, pur con insofferenza, deve rispondere ai tanti richiami all’ordine da parte soprattutto del padre.

Giulio sta molto male, non sa come fare ad accontentare tutti.A causa della sua famiglia non vuole perdere anche questa donna, così come è accaduto con quelle precedenti. Paola da cinque anni sta con lui, le altre dopo nemmeno un anno puntualmente lo hanno lasciato. Come fare?......

La coppia che prende vita con il progetto di diventare famiglia si trova a dover definire due aspetti necessari al buon equilibrio di sé e del proprio futuro, che si amplia poi con l’introduzione della genitorialità. Da un lato deve costruire o rivedere la propria identità (da “fidanzati” a “sposati”), dall’altro deve ridefinire i rapporti con le famiglie d’origine cercando le giuste distanze emotive da quelli che non sono più solo genitori ma anche suoceri - e domani forse anche nonni.

Quello di Giulio e Paola è un esempio di legame “invischiato” in cui le relazioni familiari intergenerazionali diventano vincoli piuttosto che risorsa. La neo coppia in questo modo stenta a costruire una propria specifica identità e progettualità. Si tratta di una famiglia con posizione“sbilanciata” in cui c’è una forte dipendenza emotiva di Vittorio dai propri genitori e una posizione opposta di Elena in cui prevale il distacco. Solitamente in queste situazioni la famiglia emotivamente invischiata “risucchia”, “assorbe” creando uno sbilanciamento della coppia.

Baldaro Verde in "Luci e ombre nella coppia di oggi” scrive "Quando i coniugi sono ancora troppi invischiati con le rispettive famiglie di origine, parte dei loro interessi, dei loro affetti e delle loro energie psichiche resteranno vincolati in tali ambiti, e ciò indebolirà la coppia privandola della capacità di investire su se stessa e di creare, veramente, un nucleo separato: il "noi" troppo allargato della coppia sarà investito di dinamiche complesse e spesso estremamente difficili da gestire”.

Anna da sempre ha difficoltà con i suoi genitori. Quando incontra Carlo si distacca velocemente dalla sua famiglia. Con la convivenza, forte nel sapere di non essere più sola, chiude quasi del tutto i legami con i genitori, non risponde alle richieste di avvicinamento e di coinvolgimento di questi ultimi, soprattutto quando nasce Gianni. Carlo nel tempo inizia a dare voce al suo malessere per questa situazione; i suoceri gli chiedono di mediare, Anna lo investe della grossa responsabilità di essere lui e Gianni l’unica sua famiglia chiedendogli di prendere le distanze anche dai suoi genitori ….

Dunque neanche l’interrompere del tutto i rapporti con le rispettive famiglie d’origine è portatore di maggiore benessere in quanto non si avvia alcun processo di elaborazione di nuovi modi con cui manifestare i legami intergenerazionali.

La vera identità di coppia richiede ai due partner la capacità di creare uno spazio ampio in cui vivere i sentimenti ed esperire l’intimità necessaria; la capacità di stabilire insieme cosa condividere con la realtà esterna senza farsi soffocare o condizionare da essa; la capacità di avere ruoli intercambiabili senza irrigidire e soffocare l’individualità. Apertura e chiusura devono essere processi flessibili e interdipendenti.

Maurizio Andolfi in diversi suoi scritti afferma che nella coppia “bilanciata” i partner sono riusciti ad elaborare una buona separazione e svincolo dalla propria famiglia d’origine, mantenendosi entrambi fortemente radicati nei propri sistemi di appartenenza. In questo modo i ruoli e le funzioni tra genitori e figli sono differenziati in maniera flessibile.

Il percorso di “svincolo” non riguarda solo i figli dai genitori ma anche viceversa. I primi sono presi dalla ricerca di un modo differente di guardare a sé, anche attraverso l’altro e la relazione con l’altro. I secondi sono investiti dal difficile compito di “separarsi” dai figli aiutandoli nelle nuove responsabilità e trasformazioni. Lasciar andare un figlio alla propria storia, in più condivisa con un'altra persona, un estraneo, disorienta i genitori, li pone di fronte ad un cambiamento di ruolo e spesso anche alla perdita del privilegio di essere coloro che sanno cosa è giusto e cosa no per il figlio, che danno la direzione. Spesso il matrimonio o la convivenza del figlio porta anche la necessità di rivedere il modo di stare insieme al proprio marito o moglie, dopo che per anni ci si è dedicati ai figli e al loro benessere. D’un tratto si deve tornare ad essere prevalentemente coniugi piuttosto che genitori. L'incapacità di questi di riorganizzare i rapporti all'interno della coppia e di accettare l'uscita dei figli può portarli a sperimentare quella che E. Scabini chiama la "sindrome del nido vuoto”.

Non dobbiamo dimenticare che ogni famiglia è caratterizzata da un insieme di valori, di credenze, di modalità relazionali, che si tramandano di generazione in generazione. Negare o lasciarsi intrappolare da questa eredità ci può impedire di usare le nostre radici come trampolino di lancio per creare a nostra volta una famiglia, con modalità relazionali che prendono spunto dal già vissuto ma che trovano uno spazio nuovo e co-costruito con chi ci vuole stare accanto.

a cura dello STUDIO ASSOCIATO DI PSICOLOGIA