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Corte d'Appello Firenze, sentenza 27.02.2013 n° 496

Leasing: utilizzatore può chiedere la risoluzione del contratto di fornitura

Con predetta sentenza la Corte di Appello di Firenze, in riforma della sentenza impugnata, afferma la legittimazione attiva dell’utilizzatore del contratto di leasing, di contro negata dal Tribunale di Livorno-Sezione distaccata di Cecina, ad esperire nei confronti del fornitore l’azione di risoluzione del contratto di vendita.

A fondamento della decisione, la Corte rileva la presenza nel contratto di leasing della clausola di trasferimento all’utilizzatore di tutte le azioni spettanti al concedente nei confronti del fornitore, ivi compresa l’azione di risoluzione, con ciò riconoscendo il suo potere di azione diretta in giudizio.

La legittimazione attiva dell’utilizzatore rispetto alle azioni a tutela dell’inadempimento del fornitore, limitatamente a quelle tese all’adempimento del contratto di vendita ed al risarcimento del danno da inesatto inadempimento, è ormai pacificamente riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità che in più occasioni ha rilevato come “nel contratto di leasing finanziario il collegamento negoziale tra contratto di fornitura e contratto di leasing costituisce un sufficiente presupposto per legittimare l’utilizzatore ad esercitare in nome proprio le azioni scaturenti dal contratto di fornitura, ciò anche riguardo all’art. 1705, comma II, cod. civ., che attribuisce al mandante (cui è assimilabile la figura dell’utilizzatore) la legittimazione ad agire contro il terzo” (cfr. Cass. civ., sez. III, n. 5125/2004).

Dubbi sussistevano per legittimazione autonoma dell’utilizzatore rispetto all’azione di risoluzione del contratto di fornitura stipulato fra concedente e fornitore.

La Suprema Corte ha ritenuto che, in analogia alla previsione espressa in tema di leasing internazionale dall’art. 10 della legge n. 259/1993, secondo cui l’utilizzatore può agire direttamente nei confronti del fornitore per l’adempimento del contratto di fornitura (1° comma), ma non può chiederne la risoluzione senza il consenso del concedente (2° comma), l’esperimento in via autonoma dell’azione di risoluzione sarebbe precluso all’utilizzatore (cfr. Cass. civ., n. 854/2000).

La ratio del divieto risiede in esigenze di tutela del concedente poiché, come posto in rilievo, “la risoluzione del rapporto, ottenuta autonomamente dall’utilizzatore il quale realizza la restituzione del prezzo ed il risarcimento del danno, pregiudicherebbe la condizione del concedente il quale, oltre ad essere privato della garanzia rappresentata dalla proprietà del bene, rischierebbe anche di non ricevere i canoni essendo venuta meno, con la cessazione del godimento del bene, la causa della contrapposta obbligazione dell’utilizzatore di pagare i canoni” (cfr. Cass. civ., 5125/2004).

Pertanto, la Suprema Corte ha espressamente escluso che l’utilizzatore possa agire nei confronti del fornitore senza coinvolgere il concedente quando venga richiesta la risoluzione del contratto poiché, in tali ipotesi, il concedente è da ritenersi litisconsorte necessario. La giurisprudenza successiva ha ritenuto indispensabile l’indagine caso per caso sul contenuto del contratto di leasing al fine di verificare l’eventuale inserimento della clausola di trasferimento dell’azione di risoluzione, con cui il concedente abbia abilitato l’utilizzatore all’esperimento in via diretta della domanda giudiziale (cfr. Cass. civ., n. 17145/2006).

In presenza di siffatta clausola sussiste certamente la legittimazione attiva dell’utilizzatore rispetto all’azione di risoluzione del contratto di fornitura, ma non è ben chiaro se permane la situazione di litisconsorzio necessario del concedente.

Nella sentenza in commento la Corte fornisce una risposta positiva al quesito in quanto, pur ravvisando la presenza della clausola di trasferimento, ritiene che, rispetto all’azione di risoluzione, non possa considerarsi indifferente la posizione del concedente “attesi i riflessi sul pagamento del canone di locazione finanziaria e, quindi, lo stesso sembra rivestire la qualità di litisconsorte necessario in quanto parte del contratto che si intende travolgere.