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Newsletter 22

Notiziario online – newsletter n.22

Cassazione Sezione II, sentenza 30 aprile 2012 n. 6634

Condizioni - Condizione risolutiva – Inadempimento di una delle obbligazioni principali del contratto - Ammissibilità. (Cc, articoli 1218, 1223, 1322 e 1353)

In virtù del principio generale di autonomia contrattuale di cui all’articolo 1322 del Cc i contraenti possono validamente prevedere come evento condizionante, tanto in senso sospensione che risolutivo sulla efficacia del contratto, l’inadempimento di una delle obbligazioni principali del contratto stesso. Non configura, pertanto, una illegittima condizione meramente potestativa la pattuizione che fa dipendere dal comportamento. Adempiente o meno - della parte l’effetto risolutivo del negozio.

Cassazione Sezione II, sentenza 30 aprile 2012 n. 6610

Interpretazione - Accertato di fatto - Denuncia in cassazione - Onere del ricorrente - Contenuto. (Cc, articolo 1362; Cpc, articoli 360 e 366)

In tema contrattuale l’opera dell’interprete, mirando a determinare una realtà storica e obiettiva, quale è la volontà delle parti espressa nel contratto, è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale posti dagli articoli 1362 e seguenti del Cc, oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi. Onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, pertanto, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alla regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate e ai principi in esse contenuti, ma è tenuto - altresì - a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntamente violati o questi abbia applicato sulla base di argomentazioni illogiche o insufficienti. Deriva da quanto precede, pertanto, che ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso per cassazione prospettato sotto tale profilo non può essere considerata idonea (anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente) la mera critica del convincimento cui quel giudice sia pervenuto, operata mediante la mera e apodittica contrapposizione di una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui esame non è consentito in sede di legittimità.

Cassazione Sezione III, sentenza 2 marzo 2012 n. 3242

Risoluzione - Clausola risolutiva espressa – Imputabilità dell’inadempimento - Necessità – Conseguenze - Fattispecie. (Cc, articoli 1455 e 1456)

La risoluzione di diritto del contratto conseguente all’applicazione di una clausola risolutiva espressa postula non soltanto la sussistenza, ma anche l’imputabilità dell’inadempimento, in quanto la pattuizione di tale modalità di scioglimento dal contratto, pur eliminando ogni necessità di indagine in ordine all’importanza dell’inadempimento, non incide, per converso, sugli altri principi regolatori dell’istituto della risoluzione, né, in particolare, configura un’ipotesi di responsabilità senza colpa, onde, difettando il requisito della colpevolezza dell’inadempimento, la risoluzione non si verifica né, di conseguenza, può in alcun modo essere legittimamente pronunciata. (In applicazione del principio di cui sopra la Suprema corte ha cassato la sentenza del merito che - pur in presenza, nella clausola, della previsione della risoluzione di diritto del contratto in caso di mancato pagamento per qualsiasi motivo di almeno due mensilità consecutive della rendita - non aveva tenuto presente che una simile disposizione pattizia, nel collegare l’effetto risolutivo al fatto obiettivo del mancato pagamento, a prescindere da qualsiasi indagine circa le ragioni che avessero potuto determinarlo, non si conciliava con la volontà di dare vita a una clausola risolutiva, armonizzandosi invece con la previsione dell’inadempimento come condizione risolutiva).