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Notiziario online – newsletter n.12

Corte di cassazione - Sezione IV penale - 21 dicembre 2010-27 gennaio 2011 n. 2814

Lavoro - Infortuni sul lavoro - Normativa antinfortunistica - Destinatari - Responsabile del servizio di prevenzione e protezione - Responsabilità - Sussistenza - Condizioni. (Dlgs 9 aprile 2008 n. 81, articoli 31 e seguenti)

Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione.

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L’interessante decisione della Cassazione che, affrontando il tema dell’individuazione dei protagonisti della sicurezza

in materia antinfortunistica, chiarisce il ruolo e le funzioni del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp), soprattutto per coglierne gli effetti della nomina ai fini della responsabilità sia propria che dei titolari principali della posizione di garanzia (in primo luogo, il datore di lavoro).

La nomina e il ruolo del Rspp

- È quello del Rspp un ruolo fondamentale, come è dimostrato dal fatto che uno dei compiti del datore di lavoro, coessenziali alla posizione di garanzia che esso assume ex lege nella materia della prevenzione e della sicurezza, è (insieme all’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il relativo documento: si vedano articoli 28 e 29 del decreto legislativo n. 81 del 2008) proprio quello di nominarlo (si veda l’articolo 31 e seguenti dello stesso decreto).

La dimostrazione dell’importanza della nomina del Rspp da parte del datore è attestata dal fatto che trattasi di incombente non delegabile (si veda l’articolo 17 del decreto legislativo n. 81 del 2008).

Vanno allora apprezzati gli effetti della nomina del Rspp nell’ottica e ai fini del rispetto della normativa prevenzionale.

Gli effetti della nomina – In proposito, non è revocabile in dubbio che la responsabilità penale diretta del datore di lavoro (e soggetti assimilati: dirigente, preposti) per l’inosservanza delle norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro non è esclusa ex se per il solo fatto che sia stato designato il Rspp, trattandosi di soggetto che non è titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all’osservanza della normativa antinfortunistica e che opera, piuttosto, quale consulente in tale materia del datore di lavoro, il quale è (e rimane) direttamente tenuto ad assumere le necessarie iniziative idonee a neutralizzare le situazioni di rischio. In effetti, la designazione del Rspp, che il datore di lavoro è tenuto a fare a norma dell’articolo 31 del decreto legislativo n. 81 del 2008 (individuandolo, ai sensi del successivo articolo 32, tra persone i cui requisiti siano «adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative»), non equivale a “delega di funzioni” utile ai fini dell’esenzione del datore di lavoro da responsabilità

per la violazione della normativa antinfortunistica, perché gli consentirebbe di trasferire ad altri - il delegato - la posizione di garanzia che questi ordinariamente assume nei confronti dei lavoratori. Posizione di garanzia che, come è noto, compete al datore di lavoro in quanto ex lege onerato dell’obbligo di prevenire la verificazione di eventi dannosi connessi all’espletamento dell’attività lavorativa.

Nomina del Rspp e «delega di funzioni» - Quindi, la designazione del Rspp non ha nulla a che vedere con l’istituto della «delega di funzioni» (si veda l’articolo 16 del decreto legislativo n. 81 del 2008) e non può quindi assumere la stessa rilevanza ai fini dell’esonero della responsabilità del datore di lavoro. Ciò, in vero, si spiega tenuto conto dei compiti e dei relativi poteri attribuiti al Rspp. I compiti di questo soggetto sono dettagliati nell’articolo 33 del decreto citato e, tra questi, rientra l’obbligo dell’individuazione dei fattori di rischio e delle misure da adottare per la sicurezza e la salubrità dell’ambiente di lavoro. Nello svolgimento di tali compiti, peraltro, il Rspp opera per conto del datore di lavoro, svolgendo (solo) un’attività di consulenza nella materia della prevenzione dei rischi in ambiente lavorativo, di guisa che i risultati della sua attività sono destinati al datore di lavoro, cui compete, poi, di ottemperare alle indicazioni offertegli rimuovendo le situazioni pericolose (si veda sezione IV, 6 dicembre 2007, Oberrauch e altro).

Dalla ricostruzione dei compiti del Rspp discende, coerentemente, che il medesimo è privo di capacità immediatamente

operative sulla struttura aziendale, spettandogli solo di prestare ausilio al datore di lavoro nell’individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e nell’elaborazione delle procedure di sicurezza nonché di informazione e formazione dei lavoratori (si veda l’articolo 33 del decreto). Significativa, in proposito, a conferma di quanto detto, è ancora l’attività di collaborazione del Rspp in occasione della predisposizione del documento di valutazione dei rischi (si veda articolo 29 del decreto). Il datore di lavoro, quindi, è e rimane il titolare della posizione di garanzia nella subiecta materia , poiché l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento contenente le misure di prevenzione e protezione, appunto in collaborazione con il Rspp, fa pur sempre capo a lui, in base all’articolo 17 del decreto, tanto che il medesimo decreto, mentre non prevede alcuna sanzione penale a carico del Rspp, all’articolo 55 punisce il datore di lavoro già per il solo fatto di avere omessa la valutazione dei rischi e non adottato il relativo documento.

In una tale prospettiva, rispetto all’anzidetta posizione di garanzia, nessun rilievo può avere la designazione del Rspp, che pur essendo figura obbligatoriamente prescritta dall’articolo 31 del decreto, per l’osservanza di quanto previsto dal successivo articolo 33, non è confondibile con quella, del tutto facoltativa ed eventuale, del soggetto delegato dal datore di lavoro all’osservanza delle norme antinfortunistiche e alla sicurezza dei lavoratori.

Questa conclusione trova, per vero, un decisivo conforto nella disciplina normativa, segnatamente nell’articolo 31, comma 5, del decreto, laddove emerge a chiare lettere che i componenti del Spp (sia designati all’interno dell’azienda, che individuati in soggetti esterni) non possono venire chiamati a rispondere direttamente del loro operato, perché difettano di un effettivo potere decisionale: essi, come si è detto, sono soltanto dei consulenti (che operano come ausiliari del datore di lavoro) e i risultati dei loro studi e delle loro elaborazioni, come in qualsiasi altro settore dell’amministrazione dell’azienda (ad esempio, in campo fiscale, tributario, giuslavoristico), vengono fatti propri dal vertice che li ha scelti e che della loro opera si avvale (si veda l’articolo 33, comma 3: il Spp «è utilizzato dal datore di lavoro») per meglio ottemperare agli obblighi di cui è esclusivo destinatario.

La responsabilità del Rspp - Quanto detto, però, non esclude che, indiscussa la responsabilità del datore di lavoro che rimane persistentemente titolare della «posizione di garanzia», possa profilarsi lo spazio per una (concorrente) responsabilità del Rspp. È questo il tema specificamente affrontato dalla Cassazione, nella sentenza pubblicata. Anche il Rspp, infatti, che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto (cor) responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile a una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione (si veda sezione IV, 2 febbraio 2010, Pm in proc. Visintin e altro; sezione IV, 13 marzo 2008, Reduzzi e altro; sezione IV, 15 febbraio 2007, Fusilli; nonché, sezione IV, 20 aprile 2005, Stasi e altro). Il Rspp, quindi, non può essere chiamato a rispondere per il solo fatto di non avere svolto adeguatamente le proprie funzioni di verifica delle condizioni di sicurezza, proprio perché come si è visto, difetta una espressa sanzione nel sistema normativo. Invece, secondo le regole generali, il Rspp può essere tenuto a rispondere - proprio perché la sua inosservanza si pone come concausa dell’evento - dell’infortunio in ipotesi verificatosi proprio in ragione dell’inosservanza colposa dei compiti di prevenzione attribuitigli dall’articolo 33 del decreto.

Perché la responsabilità – In altri termini: è vero che, in linea di principio, il Rspp non può essere chiamato a rispondere per il solo fatto di non avere svolto adeguatamente le proprie funzioni di verifica delle condizioni di sicurezza, proprio perché come si è visto, difetta una espressa sanzione nel sistema normativo.

Peraltro, il fatto che la normativa di settore escluda la sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti

inosservanti dei componenti del servizio di prevenzione e protezione, non significa che questi comportamenti possano e debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell’ambito dell’incarico ricevuto. Infatti, occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione di «norme di puro pericolo» (di cui il Rspp non è chiamato a rispondere), da quello delle responsabilità per «reati colposi di evento», quando cioè, si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie (dove vi può essere una responsabilità concorrente del Rspp che abbia omesso di segnalare il rischio aziendale).

Ne consegue che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro a omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo (si veda sezione IV, 15 luglio 2010, Scagliarini).

Ciò perché, in tale evenienza, l’omissione colposa al potere dovere di segnalazione in capo al Rspp, impedendo l’attivazione da parte dei soggetti muniti delle necessarie possibilità di intervento, finirebbe con il costituire (con)causa dell’evento dannoso verificatosi in ragione della mancata rimozione della condizione di rischio: con la conseguenza, quindi, che, qualora il Rspp, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro a omettere l’adozione di una doverosamisura prevenzionale, ben potrebbe ( rectius , dovrebbe) essere chiamato a rispondere insieme a questi (in virtù del combinato disposto degli articoli 41, comma 1, e 113 del Cp) dell’evento dannoso derivatone.

Il momento dell’intervento precauzionale - A tal proposito, va ricordato che la sede propria nella quale il Rspp deve rappresentare le situazioni di rischio apprezzate nell’organizzazione dell’attività lavorativa (in difetto, potendosi profilarsi una responsabilità colposa, nei termini e nei limiti di cui si è detto) è rappresentata dalla riunione periodica di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che il datore di lavoro deve indire, almeno una volta l’anno, con il Rspp, con il medico competente e con il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. È in questa sede che va, tra l’altro, sottoposto al periodico esame dei partecipanti il documento di valutazione dei rischi, che il datore di lavoro ha elaborato in precedenza in collaborazione con il Rspp e con il medico competente e previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (si veda l’articolo 29 del decreto).