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Newsletter 25

Notiziario on line – news letter n.25

SE IL PROPRIETARIO PAGA LA CONTRAVVENZIONE STRADALE, AL CONDUCENTE (SE INTERESSATO) NON E' PRECLUSA L'OPPOSIZIONE

Annullando la sentenza del Giudice di pace che, preso atto dell'avvenuto pagamento della sanzione amministrativa, aveva dichiarato inammissibile l'opposizione del conducente al verbale di contestazione con il quale veniva contestata la violazione ed applicata la sospensione della patente con decurtazione di punti, la S.C. di Cassazione, Sezione seconda civile, sentenza 4 ottobre 2007 – 18 febbraio 2008, n. 3948, Presidente Pontorieri, Relatore Parziale ha ribadito che "nessuna norma preclude al conducente del veicolo, autore materiale dell’infrazione, di adire le vie giudiziali per escludere l’applicazione a suo carico della sanzione personale, che assume, nei suoi confronti, valore di sanzione principale e, per tale motivo, l’unica suscettibile di contestazione in sede giudiziaria; contestazione invece preclusa per la sanzione pecuniaria". Ha aggiunto la Corte che "l’iniziativa intrapresa dal conducente non può essere considerata “propriamente diretta all’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione stradale ex articolo 204 bis del codice della strada, bensì al mero accertamento della sua illegittimità, al solo e specifico scopo di escludere che lo stesso possa fungere da titolo per irrogare la sanzione della decurtazione del punteggio della patente di guida”. Sicchè, una volta eccepito dal Comune l’avvenuto pagamento della sanzione nella misura ridotta, il Giudice di Pace avrebbe dovuto accogliere l’istanza dell’opponente di riammissione in termini per provare che tale pagamento era stato effettuato dal coobbligato in solido, senza informarlo, al fine (una volta fornita tale prova) di poter precisare la propria domanda con riferimento al suo specifico interesse di far venir meno le sanzioni accessorie, previo accertamento dell’illegittimità della contestazione (cfr. C. Cost. sentenza n. 471/2005).

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DANNI DA ILLEGITTIMA RISOLUZIONE DELL'APPALTO: CRITERI DI CALCOLO Meritevole di segnalazione la sentenza 12 febbraio 2008 n. 491, Pres. Marchitiello, Est. Russo, con la quale il CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V , nel confermare la illegittimità della risoluzione di un rapporto di appalto, fondata su ingiuste accuse, offre utili indicazioni per la individuazione delle voci di danno e dei criteri di liquidazione: Secondo i giudici, l'importo della commessa da assumere a base del calcolo dell'entità del risarcimento va identificato nell'(intero) importo del contratto per un anno, più il solo 80% dell'importo degli ulteriori anni previsti sia in sede di gara che dal contratto. Su tale importo va liquidato:
il 2% , a titolo di danno emergente, rappresentato da spese e costi sostenuti per la preparazione dell'offerta e per la partecipazione alla procedura;
il 10%, a titolo di danno per lucro cessante:
il 3%, a titolo di perdita di chance, legata alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell'appalto non eseguito (Sez. V, 23 ottobre 2007, n. 5592);
il 3%, per il mancato ammortamento di attrezzature e macchinari.
Nel caso di specie il Collegio, ha riconoscito anche il cd. danno esistenziale, condividendo l'orientamento della Cassazione (sentenza 4 giugno 2007, n. 12929), secondo cui il diritto all'immagine, concretizzantesi nella considerazione che un soggetto ha di sé e nella reputazione di cui gode, va riconosciuto anche alle persone giuridiche. Per la sua quantificazione, "il Collegio ritiene di dover far uso dell'istituto di cui all'art. 35, secondo comma, del d.lgs. 80/98, demandando alle Amministrazioni appellate di formulare nel termine di 180 giorni una proposta di risarcimento che tenga conto delle conseguenze pregiudizievoli che un'informativa prefettizia negativa nonché la revoca di un appalto regolarmente aggiudicato sono suscettibili di arrecare alla sfera giuridica di un'impresa, dal punto di vista della sua esistenza e della sua capacità di operare sul mercato"