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La direttiva1999/31/CE: riduzione del conferimento di rifiuti biodegradabili in discarica

Con l’emanazione del D.L.vo 36/2003 il Governo Italiano avrebbe inteso recepire, sia pur tardivamente, la Direttiva 1999/31/CE (c.d. direttiva discariche).Il termine per il recepimento, infatti, era previsto per il 16.07.2001 dall’art. 18 paragrafo 1 della Direttiva, mentre il Decreto, porta la data del 13.01.2003 ed è entrato in vigore il 27.03.2003.
Obiettivi della direttiva era una riduzione del conferimento di rifiuti biodegradabili in discarica. La Direttiva pone una scaletta temporale che gli Stati membri avrebbero dovuto rispettare al fine di raggiungere una adeguata riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica (inutile dire che diverso concetto è quello di riduzione della biodegradabilità dei rifiuti).Tale obiettivo, che è uno dei principali e generali della Direttiva, atteso che il processo di biodegradazione provoca le indesiderate emissioni di percolato e gas.

il Governo Italiano, ha “trasferito” alle Regioni il compito di elaborare ed approvare un apposito programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica integrativo dei Piani Regionali di Gestione dei Rifiuti.sotto il profilo temporale, le Regioni dovranno prevedere di raggiungere il primo obiettivo entro il 27.03.2008 (5 anni dalla data del 27.03.2003 di entrata in vigore del Decreto).
La Direttiva, invece, ritiene di porre come prima scadenza il 16.07.2006 (5 anni dopo la data prevista nell’art. 18 paragrafo 1 come sopra intesa).Il fatto è che la Direttiva impone agli stati membri un dato di partenza (rifiuti “municipali” biodegradabili prodotti nel 1995) e un obiettivo da raggiungere (rifiuti “municipali” biodegradabili da collocare a discarica ridotti al 75% del totale in peso del dato di partenza) che presuppongono la conoscenza dei dati relativi non solo alla quantità dei rifiuti prodotti, ma alla loro caratteristica di essere “biodegradabili” come definiti dalla direttiva stessa.
dati italiani, relativi alla produzione di rifiuti “municipali” del 1995, dovrebbero essere analizzati e interpolati con quelli della composizione merceologica dei rifiuti indifferenziati dello stesso periodo, per arrivare ad un riferimento certo e valutabile di quantità di rifiuti “municipali biodegradabili da avviare (avviati) in discarica.
Il Governo Italiano, però, si è tolto dalle difficoltà di questi calcoli e impone alle Regioni di adottare i programmi necessari per raggiungere a livello di ATO o di Provincia un dato preciso da raggiungere: meno di 173 kg/anno per abitante di rifiuti urbani biodegradabili (si dovrebbe intuire “da collocare in discarica”, ma non è espressamente indicato).
Probabilmente sarà già difficile capire con razionale certezza se, a livello di ATO o Provincia si sarà raggiunto l’obiettivo nazionale, figuriamoci controllare i risultati italiani rispetto agli obiettivi comunitari.
Per concludere, è bene evidenziare che, se possono esserci dubbi sull’esistenza attuale di una strategia italiana di riduzione delle quantità di rifiuti “municipali” biodegradabili da collocare in discarica, sulla adeguatezza dei tempi e dei risultati imposti alle Regioni (le quali dovranno a loro volta imporli alle Province e agli ATO), gli strumenti da utilizzare per raggiungere gli obiettivi sembrerebbero coincidere; infatti, se la Direttiva 1999/31/CE suggerisce ( la strategia “dovrebbe” prevedere…”) che la strategia nazionale porti al raggiungimento degli obiettivi mediante misure idonee, in particolare, il riciclaggio, il compostaggio, la produzione di biogas (è cosa diversa dalla captazione e uso di quello prodotto dalle discariche!) o il recupero di materiali/energia, il Decreto 36/2003, afferma che il programma (che ciascuna Regione “elabora ed approva”) “prevede” il trattamento dei rifiuti e, in particolare, il riciclaggio, il trattamento aerobico o anaerobico, il recupero di materiali o energia.In entrambe le disposizioni, comunitaria e italiana, si fa riferimento, quindi a “operazioni di recupero” alternative e prioritarie alle quali dovranno essere avviati i rifiuti “municipali” (urbani) biodegradabili, così da ridurre gradualmente le quantità di tali rifiuti collocate in discarica.

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