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Opposizione comproprietario coniuge ex art. 619 c.p.c.

Trib. Bari, Sent. n. 1482 dep. 11/06/08. Rel. Agostinacchio.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 4.5.2005 C. M. proponeva opposizione di terzo ex art.619 c.p.c. all'esecuzione immobiliare intrapresa dalla R. s.r.l. in danno di B. P. e C. A. M. con atto di pignoramento del 30.7.1991, previa notifica di precetto in data 28.6.1991, sulla base di decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Bari (n.2347/1989); procedura nella quale era intervenuta la Cassa di Risparmio di Puglia.

Esponeva l'opponente di essere coniuge di B. P. dal 3.9.1966, in regime patrimoniale di comunione dei beni, e di essere comproprietaria quindi degli immobili acquistati da quest'ultimo in epoca successiva, oggetto di pignoramento per l'intero (appartamenti in Bari alla via Dieta da Bari n.68; terreni in Polignano a Mare). Chiedeva quindi che, sospesa l'esecuzione, fosse accertato il suo diritto di proprietà sulla quota indivisa da separarsi da quella del coniuge esecutato.

A seguito della notifica del ricorso e del decreto di comparizione delle parti al creditore - e, su ordine del G.E. - al debitore esecutato, si costituivano la R. s.r.l. e la Intesa Gestione Crediti (subentrata alla Cassa di

Risparmio di Puglia) nonché C. A. M.; restava invece contumace B. P. La società opposta pignorante, con comparsa di risposta depositata il 27.9.2005, chiedeva il rigetto dell'opposizione, ritenendo legittimo il pignoramento dell'intero bene in comunione, ancorché finalizzato all'acquisizione alla procedura esecutiva del 50% del ricavato dalla vendita, nei limiti cioè della quota del debitore. Anche la Intesa Gestione Crediti, con comparsa di risposta depositata il 27.9.2005, domandava il rigetto dell'opposizione. La debitrice C. A. M., infine, costituendosi, dichiarava la propria estraneità all'opposizione.

Instaurato il contraddittorio, il G. E. con ordinanza dell'11.1.2006 rigettava la richiesta di sospensione dell'esecuzione e disponeva la prosecuzione nel merito del giudizio di opposizione.

In esito alla trattazione, la causa, istruita con acquisizioni documentali, era riservata per la decisione alla suddetta udienza di precisazione delle conclusioni, con termine di legge per il deposito di comparse e di repliche.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'opposizione è infondata e non merita accoglimento.

E' pacifico - perché non oggetto di contestazione fra le parti - che i beni pignorati in danno di B. P. erano in comproprietà, alla data di trascrizione del pignoramento, con il coniuge opponente, che, spiegando opposizione di terzo, ha lamentato l'ingiustificata estensione della procedura espropriativi anche alla quota di sua proprietà. I coniugi, all'epoca dell'acquisto e alla data di trascrizione del pignoramento, erano in regime di comunione dei beni. E' stato già evidenziato dal G.E. - in sede di diniego della sospensione dell'esecuzione - che il regime di comunione tra coniugi ha in linea dì principio una struttura normativa non riconducibile alla comunione ordinaria. Come affermato dalla Corte costituzionale (sentenza 17 marzo 1988 n. 311, in Foro it. 1990, I, 2146), mentre la comunione ordinaria è una comunione per quote, quella legale è una comunione senza quote: nell'una le quote sono oggetto di diritto individuale dei singoli partecipanti (arg. art. 2825 c.c.) e delimitano il potere di disposizione di ciascuno sulla cosa comune (art. 1103 c.c.); nell'altra i coniugi non sono individualmente titolari di un diritto alla quota, bensì solidalmente titolari, in quanto tali, di un diritto avente ad oggetto i beni della comunione (arg. ex art.189, secondo comma, c. c.). Nella comunione legale la quota non è un elemento strutturale, ma ha soltanto la funzione di stabilire la misura entro cui i beni della comunione possono essere aggrediti dai creditori particolari (art.189 c.c.), la misura della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i creditori della unione (art.190), e infine la proporzione in cui sciolta la comunione, l'attivo e il passivo saranno ripartiti tra i coniugi e i loro eredi (art. 194). La quota nella comunione legale fornisce quindi solo l'astratta misura del riparto, suscettibile di applicazione (e quindi di concreta realizzazione del proprio contenuto patrimoniale) nella sola fase di scioglimento della comunione.

Corollario del principio di indisponibilità della quota nella comunione legale è l'inespropriabilità da parte del creditore personale del coniuge della "quota" di pertinenza di quest'ultimo. Ove peraltro si ammettesse l'espropriazione della quota si giungerebbe alla conclusione, incompatibile con la natura ed il fondamento giuridico iella comunione legale dei beni, della sostituzione del coniuge, all'interno con un terzo estraneo al rapporto coniugale, l'aggiudicatario della quota escussa. Per giungere a tale risultato si dovrebbe per prima passare attraverso lo scioglimento della comunione, e dunque si dovrebbe concepire l'espropriazione forzata da parte del creditore particolare come causa di scioglimento della comunione legale, in modo che il creditore possa soddisfarsi sulla quota di liquidazione. Tale soluzione contrasta però con il principio di tassatività delle cause di scioglimento della comunione legale (elencate dall'art. 191 c.c.).

Si consideri inoltre l'effetto elusivo del precetto di cui al secondo comma dell'art.189 c.c. che deriverebbe dall'espropriazione nei limiti della "quota". A mente della disposizione appena citata, i creditori particolari di uno dei coniugi, anche se il credito è sorto anteriormente al matrimonio, possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato; ad essi, se chirografari, sono preferiti i creditori della comunione. Ove si procedesse all'espropriazione della singola "quota", l'art.189 c.c. non troverebbe applicazione, e le ragioni di privilegio dei creditori della comunione verrebbero neutralizzate.

Si deve pertanto concludere nel senso che oggetto dell'azione esecutiva può essere solo il singolo bene comune, e non la quota indivisa. Nel senso della legittimità di tale procedura espropriativa si è anche pronunciata di recente la Corte di Cassazione in sede di obiter dictum (Cass. 4 agosto 1998 n. 7640, Foro it., Rep. 1998, voce Famiglia - regime patrimoniale n. 47). La procedura di esecuzione conduce inoltre ad una separazione del bene esecutato dalla massa dei beni comuni, ove la comunione fosse composta da una pluralità di beni. In sede di riparto finale, poi, assegnato ai creditori il valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato, il residuo dovrà essere restituito alla comunione legale, e non all'altro coniuge. La comunione legale infatti, per effetto dell'espropriazione forzata, non si è sciolta, ma materialmente ristretta. In caso di scioglimento della comunione il coniuge esecutato dovrà invece, ai sensi dell'art. 192 c.c, provvedere ai relativi rimborsi in favore dell'altro coniuge.

Nella fattispecie in esame dunque il creditore - pignorante ha correttamente proceduto al pignoramento dei singoli beni, per l'intero, e non pro quota indivisa.

Nel corso del giudizio di opposizione, alla prima udienza di trattazione (udienza del 6.4.2006), la C. ha altresì eccepito lo scioglimento della comunione, a seguito di separazione, dichiarandosi proprietaria della quota indivisa in base non già alla comunione tra coniugi ma alla comunione ordinaria, conseguente alla separazione. E' evidente che la questione implica un'inammissibile domanda nuova. Costituisce infatti mutatio libelli la deduzione di una nuova causa petendi che comporti, attraverso la prospettazione di nuove circostanze o situazioni giuridiche, il mutamento dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio e l'introduzione nel processo di un nuovo tema d'indagine e di decisione, alterando l'oggetto sostanziale dell'azione ed i termini della controversia (Cass. 19.8.2003 n.12133).

Il terzo ha incentrato l'opposizione dapprima sul pignoramento di bene soggetto al regime patrimoniale di comunione tra coniugi - sì che l'ordinanza del G.E. ha esaminato il fumus del diritto prospettato - e in corso di causa ha inteso far valere la propria posizione derivante dal regime ordinario di comunione conseguente alla separazione personale dal coniuge (sul presupposto che la vicenda sia opponibile al pignoramento). La causa petendi è senza dubbio diversa, sebbene riferita al medesimo petitum; il rilievo è quindi inammissibile.

Nonostante il rigetto dell'opposizione, si ritiene che sussistono giusti motivi di compensazione: indubbiamente la C. è estranea all'esecuzione e, nonostante ciò, ha subito l'espropriazione del bene per la quota di sua proprietà. La questione della pignorabilità del bene in comunione legale tra coniugi, sebbene risolta in senso sfavorevole alla opponente, pone indubbi problemi interpretativi.

P.T.M.

Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla opposizione ex art.691 c.p.c. proposta con ricorso depositato il 4.5.2005 da C. M. nei confronti della R. srl, della Intesa Gestione Crediti spa e di C. A. M., così provvede, nella contumacia di B. P.:

rigetta l'opposizione;

compensa fra le parti costituite le spese del giudizio.

Bari, 22.5.2008

Il Giudice

Luigi Agostinacchio