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Prevenzione incendi: il cpi e’ ancora obbligatorio per le attivita’ pericolose

La Corte di Cassazione è intervenuta di recente sulla disciplina sanzionatoria applicabile alle attività lavorative per le quali manchi il prescritto Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I).

Il Certificato di Prevenzione Incendi, come indicato all’articolo 16 del D.Lgs. n. 139 del 2006 , “attesta il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio nei locali, attività, depositi, impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione alla detenzione ed all’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza”.

Il caso sottoposto alla Corte riguardava la disciplina sanzionatoria applicabile, nei casi di inosservanza, in ragione dell’avvenuta abrogazione del D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, che in precedenza disciplinava la materia, a seguito dell’entrata in vigore della normativa generale in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro contenuta nel D.Lgs. n. 81 del 9 aprile 2008 .

Secondo la Corte, il fatto integra tuttora reato e pertanto, le attività presso cui si svolgono lavorazioni pericolose, nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano o si detengono prodotti infiammabili, incendiari o esplodenti sono sempre soggette, ai fini della prevenzione incendi, al controllo del Comando dei Vigili del fuoco competente per territorio, che deve rilasciare il prescritto Certificato di Prevenzioni Incendi.

La mancanza del Certificato, infatti, nonostante l’abrogazione dell’articolo 36 del D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, rappresenta tuttora un reato, ai sensi degli articoli 16 del D.Lgs. n. 139 del 2006 e 46 del D.Lgs. n. 81 del 2008 , poiché vi è continuità normativa tra le nuove disposizioni e quelle abrogate.