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Niente professione di avvocato per i ricercatori che optano per il tempo pieno

Le Sezioni unite civili della Cassazione, con la sentenza n. 389 depositata lo scorso 11 gennaio 2011, hanno respinto il ricorso presentato da un ricercatore universitario avverso la decisione con cui il Consiglio nazionale forense aveva confermato la delibera del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Roma di inserimento del ricorrente nell'elenco speciale dei professori universitari a tempo piene cancellandolo da quello ordinario di avvocato in quanto lo stesso, una volta confermato presso l'Università la Sapienza, aveva optato per il tempo pieno. Secondo il Cnf l'opzione scelta dal ricercatore era incompatibile con la professione forense.

Della stessa opinione i giudici di legittimità, i quali hanno sottolineato come, anche se l'articolo 1 del Decreto Legge 57/1987 non esclude esplicitamente lo svolgimento di attività libero-professionali da parte dei ricercatori universitari confermati, la verifica sulla compatibilità o meno dell'esercizio va compiuta con un'interpretazione sistematica del quadro normativo.

In particolare, – continua la Corte – l'incompatibilità per i ricercatori universitari confermati a tempo pieno con l'esercizio di attività libero-professionali e quindi con l'iscrizione negli albi che le legittimano emergerebbe “in modo inequivoco” dal disposto del comma 5 bis del riferito articolo che fa esplicito riferimento all'esercizio, entro il termine prescritto, dell'opzione fra “tempo pieno” e “tempo definito” per ottenere la sanatoria delle pregresse situazioni di incompatibilità con l'ufficio di ricercatore. Detta ultima statuizione – per la Cassazione – manifesterebbe, infatti, in modo univoco “la “voluntas legis” di considerare solo in caso di opzione per il “tempo definito” l'esercizio professionale compatibile con la qualifica di “ricercatore confermato” e l'eventuale situazione di incompatibilità sanabile”.



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