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La sentenza dirompente sull’indeducibilita` dei compensi agli amministratori delle societa` di capitali

La sentenza 18702 depositata il 13 agosto 2010 della Sezione tributaria della Cassazione non poteva che suscitare polemiche.
Si ricorda che nella stessa la Cassazione ha deciso per la non deducibilita`, ex articolo 62 del Dpr 917/1986, dei compensi agli amministratori delle societa` di capitali essendo la loro prestazione assimilabile a quella dell'imprenditore piuttosto che a quella degli amministratori di societa` di persone.
Il citato articolo 62, in vigore fino al 1° gennaio 2004, disponeva per la non deducibilita` di somme a titolo di compenso del lavoro prestato o dell'opera svolta dall'imprenditore individuale, mentre permetteva la deducibilita` dei compensi spettanti agli amministratori delle societa` di persone aventi natura commerciale.
Per la Corte sotto il profilo giuridico la posizione dell'amministratore delle societa` di capitali e` equiparabile a quella dell'imprenditore, poiche` non e` possibile individuare, in relazione alla sua attivita` gestoria, la formazione di una volonta` imprenditoriale distinta da quella della societa`, non ricorrendo “l'assoggettamento all'altrui potere direttivo, di controllo e disciplinare, che costituisce il requisito tipico della subordinazione”.
All’indomani della pronuncia viene evidenziata come la mancata considerazione dei giudici dell’articolo 95 del Tuir, che estende la disciplina delle societa` di persone alle societa` di capitali, contrasti sia con le regole in vigore prima del 1° gennaio 2004, espressa negli articoli 62 e 95 del Tuir, che con quelle successive tale data che prevedono, con le modifiche all'articolo 95, il principio della generale deducibilita` per cassa dei compensi in oggetto (e` identificato il momento in cui tale deduzione avviene con quello del pagamento, per evitare lo sfasamento temporale tra deduzione operata dalla societa` e tassazione in capo al percettore).
Interessante e` il commento del presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti e degli esperti contabili, Siciliotti, che definisce la sentenza “indigesta ai dottori commercialisti”: “In poche righe di motivazione pretende infatti di capovolgere una prassi generalizzata che nemmeno l'Agenzia delle entrate si e` mai sognata di contestare (ndr: risoluzione n. 158/E/2002)”. Il presidente sottolinea, inoltre, che l'impugnazione per Cassazione della sentenza di secondo grado si riferiva ad argomenti completamente diversi (la questione era se i compensi siano deducibili nell'anno, pur successivo a quello di erogazione, in cui sia intervenuta la delibera ex articolo 2389, Codice civile o meno), pertanto la Suprema Corte avrebbe dovuto per lo meno applicare uno “sforzo argomentativo” maggiore per una pronuncia “dirompente rispetto ad applicazioni del diritto che si ritenevano e si ritengono pacifiche”. Si legge nell’ordinanza: “La sentenza impugnata, nella parte in cui ha riconosciuto la deducibilita` del relativo costo, e` dunque ispirata ad un erroneo principio di diritto, non perche` i compensi degli amministratori di societa` di capitali siano deducibili nel solo anno in cui sono corrisposti, ma perche` non sono affatto deducibili”.
Duro e` anche il monito del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro che, per voce di Pietro Panzetta, avverte: “Di eccezione in eccezione, attraverso le sentenze della Cassazione si sta creando una sorta di diritto di eccezionalita` rendendo quello tributario una vera giungla”.

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