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Accertamento da studi? prima è necessario il contradditorio


Con la circolare n. 19/E/2010 del 14 aprile scorso , l’Agenzia delle Entrate illustra gli effetti dei principi affermati dalle Sezioni Unite in materia di accertamento basato sugli studi di settore; in particolare precisa che devono ritenersi viziati gli avvisi di accertamento basati sugli studi di settore applicati senza che sia stata attivata la fase del contraddittorio con il contribuente: gli uffici ometteranno, pertanto, di continuare le relative controversie, alla luce delle linee guida fornite dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le sentenze nn. 26635-26638 del 18 dicembre scorso.

Viene precisato che :

il contraddittorio consente all’Ufficio di commisurare alla concreta realtà economica del contribuente la presunzione indotta dallo scostamento rilevato;

l’Ufficio ha l’obbligo di invitare il contribuente, «nel rispetto delle regole del giusto procedimento e del principio di cooperazione tra amministrazione finanziaria e contribuente, a fornire, in contraddittorio, i propri chiarimenti»;

la mancata attivazione del contraddittorio comporta l’assenza di un elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa.

In caso di inerzia del contribuente che, ricevuto l’invito al contraddittorio, non si sia presentato tale comportamento potrà essere segnalato al giudice, affinché possa liberamente apprezzarlo come argomento di prova. In caso di mancata partecipazione del contribuente al contraddittorio, infatti, secondo la Suprema Corte:

il giudice può valutare nel quadro probatorio la mancata risposta;

l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione dei parametri, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio nonostante il rituale invito: la S.C. ha quindi ritenuto sussistenti i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dagli articoli 38, comma 1, lettera d), D.P.R. n. 600/1973, e 54, D.P.R. n. 633/1972.

Sul fronte dell’onere della prova, infine, sull’ente impositore ricade la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento; il contribuente, che può utilizzare a suo vantaggio anche presunzioni semplici, deve invece provare la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possano essere applicati gli studi o della specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo cui l’accertamento si riferisce.

Agenzia delle Entrate, circolare 14/04/2010, n. 19